Persone al centroLa lotta alla crisi climatica passa principalmente per le città

Occupano solo il 3 per cento della superficie terrestre, ma producono il 70 per cento delle emissioni globali di gas serra. Nuovi dati mostrano (e confermano) che il nostro futuro sarà in gran parte determinato dalle azioni che intraprenderemo nei centri urbani

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Per affrontare il cambiamento climatico dobbiamo riprendere a considerare le città come pezzi fondamentali dell’intero puzzle. Nonostante occupino solo il 3 per cento della superficie terrestre, sono proprio i centri urbani gli attori responsabili del 70 per cento delle emissioni globali di gas serra, a causa del fatto che il 55 per cento della popolazione mondiale, cioè più di una persona su due, vive al loro interno. E questo è un numero che, da qui ai prossimi trent’anni, si prevede salirà al 68 per cento.

A dirlo sono i nuovi dati di Cdp, l’organizzazione no-profit che gestisce il sistema mondiale di divulgazione ambientale per aziende, città, stati e regioni, che ci mostrano come in un anno in cui non è passato mese senza assistere a scene di gravi disastri climatici, quattro città su cinque, l’80 per cento, riferiscono di aver dovuto affrontare rischi climatici significativi nel 2022. Emergenze quali il caldo estremo (46 per cento), forti piogge (36), siccità (35) e inondazioni urbane (33).

Il 28 per cento delle città evidenzia come questi rischi minacciano la stragrande maggioranza della loro popolazione, si parla del 70 per cento. Quasi due terzi prevedono che questi rischi saranno più intensi in futuro, mentre oltre la metà prevede che saranno più frequenti. Inoltre, il 25 per cento sta affrontando un pericolo ad alto rischio, come il caldo estremo, che prevede sarà più intenso e frequente da qui ai prossimi tre anni.

Oltre a individuare le città più esposte a rischi climatici, è importante anche identificare in queste quali siano le fasce di popolazione più deboli. Di certo sono da ritenersi più vulnerabili gli anziani e le famiglie a basso reddito (entrambi per il 64 per cento delle città), i bambini (52 per cento), le comunità emarginate e minoritarie (47) e le categorie cosiddette fragili dal punto di vista sanitario (38). Le persone con disabilità, per fare un esempio, hanno maggiori probabilità di essere impattate dai disastri: spesso i piani di salvataggio o i sistemi di allerta precoce risultano inaccessibili, perché magari non sono stati realizzati anche nella lingua dei segni per i non vedenti o con messaggi audio per i non udenti.

Altro tema centrale è individuare quali siano le risorse da cui gli abitanti delle città dipendono ogni giorno più esposte alle minacce del cambiamento climatico. In queste troviamo l’approvvigionamento idrico (46 per cento delle città), l’agricoltura (43 per cento) e la gestione dei rifiuti (41). Tutti fattori considerati a maggior rischio.

Il dato che emerge in modo lampante dalla ricerca è che il nostro futuro sarà determinato dalle azioni che intraprendiamo oggi nelle città e nelle regioni. Quando le politiche locali e regionali interagiscono in modo significativo con la loro popolazione coinvolgendola in azioni concrete di contrasto e adattamento, i risultati vengono amplificati, con un impatto positivo su più settori ma soprattutto sulle persone stesse. I dati mostrano che una salute migliore, più posti di lavoro, una maggiore inclusione sociale e una maggiore biodiversità sono vantaggi chiave dell’azione per il clima nelle città incentrata sulle persone. E il risultato consiste nel fatto che il 63 per cento delle città intraprendono questo tipo di percorso.

Cosicché emerge che l’85 per cento delle città che intraprendono azioni per il clima incentrate sulle persone ha rilevato benefici per la salute pubblica: una migliore qualità dell’aria, una migliore salute fisica e mentale. E ancora, che l’85 per cento di queste città ha identificato vantaggi sociali, tra cui una maggiore sicurezza alimentare e idrica e una migliore protezione per le fasce vulnerabili. L’84 per cento ha ottenuto anche vantaggi economici che vanno dalla riduzione dei costi a una maggiore innovazione nelle aziende a una maggiore produttività. Inoltre, le città che intraprendono un’azione per il clima incentrata sulle persone hanno probabilità cinque volte maggiori di creare posti di lavoro, un gran bel co-beneficio dell’azione per il clima. E si riscontra infine che tre quarti di queste città hanno riportato benefici ambientali, come maggiori spazi verdi urbani o una migliore qualità dell’acqua e del suolo.

In sintesi, dunque possiamo dire che è statisticamente provato che mettere le persone al centro dell’azione per il clima, dalla pianificazione all’attuazione, migliora la vita, sblocca vantaggi sociali, economici e ambientali, migliora l’equità e l’inclusione e garantisce una transizione giusta verso un’economia a basse emissioni di carbonio. E anche che le città capaci di identificare i propri gruppi vulnerabili, di interagire con loro comprendendo le loro esigenze e di fornire loro le giuste strategie di adattamento, vedono i chiari vantaggi e creano un futuro sostenibile per tutte le persone e per l’intero pianeta.

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