Alcune realtà, per capirle fino in fondo, meritano di essere conosciute a più riprese. Il livello esperienziale di un pasto può essere più o meno profondo, ma non è il solo elemento che spinge un giornalista o un critico a scriverne. Ci deve essere qualcosa in più. E andando avanti nella ricerca di quei cuochi che lavorano con serietà e passione, quelli che “sentono” il territorio che li ospita, chi mantiene un profilo basso, abbiamo capito che la recensione tradizionale di un ristorante è diventato un prodotto alquanto sterile, fine a sé stesso. Il valore aggiunto che possiamo dare noi fruitori privilegiati di certi indirizzi, cucine, contesti, è proprio il commento, a supporto dell’esperienza che ci portiamo a casa. La possibilità di conoscere chi sta dietro a quel piatto, a quella scelta, a quel colore delle pareti e al materiale con cui è realizzato ogni singolo menu. Se tutte le volte che ci sediamo in una struttura ricettiva ci fermassimo a pensare quali e quante scelte sottendono a ciò che ci apprestiamo a consumare forse alcune volte saremmo meno severi e più cauti.
Prendiamo ad esempio quei ristoranti che nascono sulle isole, in aree di vacanza con alta stagionalità, i ristoranti di montagna, al mare. Sono tutti contesti nei quali le dinamiche di lavoro, di tempo, di flussi non rispecchiano ciò a cui siamo abituati in città. Ma ci si fa l’occhio e l’abitudine. Quello che cambia davvero è l’atmosfera, il sapore, l’arredo, la vista più o meno bella.
Frades, in sardo, significa fratelli. E i Paddeu infatti sono tre fratelli, Roberto, Fabio e Valerio che dal golfo di Porto Cervo hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo per arrivare finalmente a Milano, con il loro marchio e la loro filosofia. Un locale che sull’isola affaccia sul golfo più noto di tutto il jet set italiano e internazionale, con una terrazza a picco sul mare e il vento dei tramonti di agosto che avvolge gli ospiti, mentre a Milano si ritrova catapultato in pieno centro, all’ombra della Madonnina.
Se non sei ma stato nella casa madre, è inevitabile che alcune sfumature non si riescano a cogliere appieno. Il milanese forse cerca con più facilità una cucina sarda tradizionale, che per quanto ben fatta, proponga piatti tradizionali, iconici, a tratti anche ruspanti. In realtà, il lato gourmet della Sardegna sta iniziando solo negli ultimi anni a farsi sentire e ad avere dei degni rappresentanti in cucina, tutti molto giovani e volenterosi. Lavorare con l’eredità storica della cultura dell’isola, capire dove sta andando il gusto, interpretarlo e agire sulla ricetta così da metterne il proprio sigillo ma lasciando viva la celebrazione dell’ingrediente. Questo è un po’ il segreto dei culurgiones di Frades, che chef Roberto cuoce sulla griglia anziché sbollentati come siamo abituati a mangiare. La dimensione è leggermente più piccola – sembrano tanti bocconi golosi – e la pasta resta leggermente più croccante, in cui ad ogni morso ritroviamo la scioglievolezza di un boccone ricco e particolarmente saporito. La creatività applicata alla tradizione: ripieni di patate e menta, erborinato di pecora e noci, melanzana, provola e timo, con funghi porcini, fonduta di formaggio e tartufo. Da non perdere il sandwich di triglia, con maionese di lentisco o i tacos di pane lentu crudo di gamberi rossi e porcini.
Tra i primi, oltre ai culurgiones questa volta cotti secondo tradizione, i Malloreddus fatti in casa e serviti con un ragù di capretto – ghisau – sono imperdibili. Un tempo questa preparazione veniva realizzata con gli scarti della gallina, si trattava infatti di un piatto povero che oggi Roberto Paddeu ripropone con maggiore intensità di gusto e servendosi di carni più pregiate, del caprino Mannalita e le mandorle di Oliena.
La fregula con brodetto, filetto di triglia e stracciatella è un buon twist di un piatto classico a cui viene aggiunta una nota acida inaspettata e un finale più lungo dato dall’aggiunta di liquirizia. Tra i cavalli di battaglia non può mancare il maialetto sardo da latte cotto arrosto, servito con patata dolce, mandorle e mayo all’acciuga. Quando la cotenna è così croccante e la carne dolce, delicata è davvero un piacere mangiarlo. E nella sede milanese i ragazzi hanno pensato di dotare il ristorante anche di uno spazio bottega. Da qui infatti escono taglieri di salumi, formaggi e sott’oli selezionati dalla famiglia nonchè confezioni e box regalo per chi vuole portare un po’ di cuore sardo all’interno delle proprie case.
Per invogliarvi un po’, vi lasciamo anche una ricetta dello chef, Roberto Paddeu.
CULURGIONES AL TARTUFO NERO DI LACONI
Ricetta per 6 persone
Ingredienti:
500 gr di semola di grano duro
300 gr di farina integrale
200 gr di semola rimacinata
100 gr di farina 00
20 gr di sale
40 gr d’olio EVO
350 gr d’acqua
Amalgamare tutti gli ingredienti nella planetaria, oppure procedere con l’impasto a mano. Una volta pronta, lasciar riposare la pasta in frigo per almeno 12 ore, avvolgendola in un canovaccio. In alternativa si possono acquistare già pronti nella bottega di Frades Porto Cervo, su richiesta.
FARCIA AL TARTUFO
Ingredienti:
750 gr di patate
50 gr di formaggio vaccino Poema (tipologia Grana Sardo) – disponibile in bottega
7,5 gr di sale, timo q.b.
tartufo nero di Laconi grattugiato q.b. – disponibile in bottega
Ingredienti per la cottura delle patate: timo q.b. / rosmarino q.b/ vino bianco
Tutte le immagini sono di Frades