Catenaccio turcoErdoğan frena sull’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia per non inimicarsi la Russia

L’Ungheria ha ritirato il veto, manca solo Ankara che gioca al rialzo (anche in chiave elettorale) sulle condizioni chieste ai Paesi scandinavi. Il nuovo governo di Stoccolma sembra disposto ad accontentarla

L’incontro tra Putin ed Erdogan ad Astana
LaPresse/Vyacheslav Prokofyev

L’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato dipende ormai solo dall’assenso della Turchia, dopo che il governo ungherese ha ritirato il veto contro l’adesione dei due Paesi scandinavi all’Alleanza atlantica. La decisione è stata presa dal primo ministro Viktor Orbán alcuni giorni fa, mettendo così a tacere le voci he accusavano il governo ungherese di ostruzionismo per non compromettere i rapporti con la Russia.

Orbán d’altronde non ha mai totalmente appoggiato la linea europea contro la Russia, arrivando anche ad accusare Bruxelles di «sparare» sull’Ungheria con le sanzioni economiche adottate a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Il governo ungherese è anche uno dei pochi che non ha fornito armi a Kyjiv, sempre nel tentativo di non rompere del tutto le relazioni con la Russia, da cui dipende pesantemente per l’importazione di idrocarburi.

Adesso però anche l’Ungheria è pronta ad esprimersi a favore dell’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato entro metà dicembre, come riferito alla stampa dal portavoce del primo ministro, Gergely Gulyás. Un cambio di passo importante ma che difficilmente convincerà la Turchia a fare altrettanto.

Dietro il veto turco
Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha ribadito che continuerà a opporsi all’adesione dei due Paesi scandinavi fintanto che i governi di Svezia e Finlandia non prenderanno provvedimenti concreti contro la minoranza curda e in particolare contro il Partito dei lavoratori, noto come Pkk e inserito nella lista europea delle organizzazioni terroristiche. Ma le richieste turche non sono dirette solo contro il Pkk.

Ankara vuole che Stoccolma ed Helsinki interrompano anche ogni relazione con le Ypg/Ypj, le milizie curdo-arabe, con il Pyd, il partito politico curdo attivo nel nord della Siria e più in generale con l’Amministrazione del Rojava, sostenuta negli ultimi anni a livello umanitario dal governo di Stoccolma.

Più nello specifico, ciò che Erdoğan si aspetta è una revisione delle leggi sulla sicurezza nazionale dei Paesi scandinavi e un inasprimento dei controlli sulla diaspora curda, oltre all’estradizione di quasi cento persone su cui il governo turco cerca da tempo di mettere le mani. Tutte richieste che, a detta del presidente turco, non sono ancora state soddisfatte e che pertanto continuano a ritardare il processo di allargamento della Nato.

Eppure dal governo di Stoccolma sono arrivate di recente nuove rassicurazioni. In una lettera del 6 ottobre esaminata solo negli ultimi giorni dalla Reuters ed indirizzata ad Erdoğan, il governo svedese ha dichiarato di essersi già adoperato concretamente per soddisfare le richieste turche, come dimostra l’estradizione autorizzata ad agosto di un ragazzo curdo.

Inoltre, si legge ancora nel documento, l’antiterrorismo ha condotto una nuova indagine sul Pkk e sulla minaccia che il gruppo rappresenterebbe per la sicurezza del Paese con il fine ultimo di inasprire le misure contro il partito curdo. Nonostante ciò, Erdoğan continua a non essere soddisfatto, danneggiando gli interessi della Nato e favorendo invece quelli della Russia, ostile all’adesione di Svezia e Finlandia all’Alleanza.

Il risultato delle elezioni svedesi potrebbe portare però a una svolta. Il nuovo governo di destra sembra più favorevole ad accontentare la Turchia e ha anche maggiori margini di manovra rispetto a quello precedente, in carica anche grazie al sostegno di una parlamentare curda. Come ribadito pochi giorni fa dal nuovo primo ministro Ulf Kristersson, l’esecutivo appena insediatosi «sta approvando le leggi necessarie per attuare il memorandum con la Turchia» e ha tutto l’interesse nel combattere il terrorismo nel Paese.

La carta curda alle elezioni
Erdoğan però non ha alcuna fretta di far entrare Svezia e Finlandia nella Nato. Acconsentire immediatamente alla loro adesione avrebbe messo a repentaglio i rapporti con la Russia, minacciando così la tenuta di quel delicato equilibrio che il presidente turco è riuscito a raggiungere nelle relazioni con Mosca e Kyjiv fin dall’inizio dell’invasione.

Aver posto delle condizioni all’allargamento dell’Alleanza ha invece permesso ad Erdoğan di preservare i rapporti con la Russia e di tornare a parlare della minaccia che a suo dire i curdi rappresentano per la sicurezza della Turchia e della Nato. Una situazione dunque doppiamente vincente per il presidente turco, che può presentarsi agli occhi della propria opinione pubblica come un leader forte, capace di dettare le regole sull’allargamento della Nato, continuando allo stesso tempo a giocare il ruolo di mediatore nella guerra in Ucraina.

Va poi considerato che se Svezia e Finlandia dovessero davvero soddisfare le richieste della Turchia in tema di sicurezza ciò andrebbe ancora una volta a vantaggio del presidente, soprattutto in vista delle elezioni di giugno. Erdoğan potrebbe usare nuovamente la carta curda per guadagnare consensi, dimostrando di essere riuscito a portare avanti la lotta contro il Pkk anche a livello internazionale.

Di certo è difficile immaginare che Ankara sollevi il suo veto in tempi brevi. Le richieste avanzate ai due paesi scandinavi non sono facili da implementare e se già l’Ungheria prevede di ufficializzare la sua apertura da qui a due mesi i tempi sarebbero ancora più lunghi per la Turchia. Senza considerare che Erdoğan potrebbe rimandare la decisione al post elezioni per non rischiare di perdere consensi.

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