Libertà al contrarioDopo le proteste in Iran, la politica turca strumentalizza il diritto a indossare il velo

La proposta del leader del principale partito di opposizione punta a sottrarre i voti dei conservatori e dei religiosi a Erdogan, che vuole inserire una norma nella Costituzione per rendere per sempre libero l’uso dell’hijab in pubblico

Turchia, protesta ad Istanbul
AP/LaPresse

Mentre in Iran le donne scendono in piazza per manifestare contro la polizia morale e contro il regime religioso degli Ayatollah, in Turchia il velo è tornato al centro del dibattito politico in vista delle elezioni presidenziali del prossimo giugno.

A dare il via alla discussione sull’hijab è stato il leader del principale partito di opposizione, Kemal Kılıçdaroğlu, annunciando che il Chp avrebbe a breve presentato al Parlamento una legge per tutelare il diritto delle donne turche ad indossare il velo. Con l’intento ultimo, secondo le sue stesse parole, di eliminare una volta per tutte questo delicato argomento dal dibattito pubblico ed evitare che il modo di vestire delle donne continui ad essere monopolizzato dalla politica.

La proposta del leader del Chp doveva servire in realtà a rassicurare le anime più conservatrici dell’elettorato turco, preoccupate da un eventuale vittoria dei partiti dell’opposizione e dalla reintroduzione del divieto di indossare il velo islamico in determinati luoghi pubblici.

Il messaggio di Kılıçdaroğlu ha ricevuto accoglienze sia positive che negative. I leader di altri partiti che alla prossima tornata elettorale si oppongono al presidente Recep Tayyip Erdogan hanno espresso il loro sostegno alla proposta di legge e sottolineato la necessità di una norma che garantisca in maniera più rigorosa il diritto ad indossa l’hijab. Commenti di tono diverso rispetto a quelli del capo di Stato, che ha ricordato come il tema sia stato già affrontato e risolto dal suo partito più di dieci anni fa. Per Erdogan, dunque, il vero intento di Kılıçdaroğlu non è tutelare i diritti delle donne turche, quanto guadagnare voti tra le fasce più conservatrici della popolazione e che rappresentano generalmente la base elettorale dell’Akp.

Ma Erdogan non si è limitato a criticare le affermazioni del leader del Chp. Rispondendo alla proposta di Kılıçdaroğlu, il presidente ha invitato lui e gli altri partiti dell’opposizione a sostenere una modifica della Costituzione che garantisca definitivamente alle donne il diritto di indossare il velo in pubblico. Una modifica che, nei progetti di Erdogan, non potrebbe più essere emendata dai prossimi governi per evitare che il diritto ad indossare il velo possa essere messo un giorno in discussione. Così facendo, il presidente è riuscito a ribaltare la narrazione della questione offerta dal leader del Chp e a ricordare al pubblico turco che il suo partito è stato l’unico ad aver concretamente agito per consentire alle donne di portare l’hijab, eliminando quelle limitazioni di impostazione kemalista introdotte dagli anni Venti in poi.

La proposta di Erdogan però è stata subito respinta dal presidente del gruppo parlamentare del Chp, Özgür Özel, che ha sottolineato come qualsiasi modifica della Carta costituzionale dovrà essere compito del prossimo Parlamento e non più di quello attuale, a cui restano pochi mesi di lavoro.

Il velo in Turchia
Difficilmente la proposta avanzata da Kılıçdaroğlu troverà spazio nell’agenda politica delle prossime settimane, ma le sue parole e la reazione del presidente Erdogan dimostrano quanto sentito e divisivo sia ancora oggi il tema del velo in Turchia.

Il divieto per le donne di indossare l’hijab affonda le sue origini nelle riforme attuate negli anni Venti da Kemal Atatürk, che nel tentativo di occidentalizzare i cittadini turchi impose alcune restrizioni sul vestiario maschile, vietando prima di tutto l’uso di alcuni particolari copricapo come il fez. Atatürk a suo tempo scelse però di non proibire alle donne di indossare il velo, lasciando che fossero loro a decidere cosa fare e auspicando un abbandono volontario dell’hijab e un avvicinamento ai valori laici e occidentali che lui stesso propugnava. Regole più stringenti sull’uso del velo furono invece introdotte a partire dagli anni Settanta ed in particolare a seguito del colpo di Stato del 1980 e del 1997, anno in cui i militari misero fine al governo filo-islamico di Necmettin Erbakan, mentore di Erdogan e considerato un pericolo per la laicità della Turchia. Le forze armate turche sono da sempre le maggiori protettrici dell’impianto kemalista – quindi laico – dello Stato e diversi militari si sono opposti fino all’ultimo all’abolizione del divieto di indossare il velo.

Ad eliminare questa limitazione è stato proprio il governo guidato da Erdogan che, con il sostegno del partito nazionalista Mhp, ha potuto emendare nel 2008 il divieto costituzionale che proibiva alle donne di indossare l’hijab in determinati contesti pubblici. Si è trattato però di un percorso graduale, che ha visto prima la caduta del divieto nelle scuole e nelle università e solo nel 2017 anche all’interno dei corpi di polizia e dell’esercito.

Società e politica
In Turchia il velo rappresenta da sempre un elemento di distinzione della componente religiosa da quella laica e il divieto di indossarlo all’interno dell’università così come nello svolgimento di determinati incarichi pubblici ha accentuato la frattura tra le diverse anime della società. Oltre ad aver escluso per lungo tempo le donne maggiormente religiose dalla vita accademica e dai lavori statali.

Il tema è però servito ad Erdogan per guadagnare consensi tra l’elettorato conservatore e religioso, stanco di questa situazione di emarginazione sociale a cui è stato a lungo condannato e desideroso di tornare a contare anche nella vita pubblica del paese. Non è quindi un caso che la base elettorale dell’Akp sia formata in maggioranza da quella neo borghesia musulmana fatta da imprenditori conservatoria nei costumi, ma liberali in economia e a cui Erdogan ha saputo garantire un posto nella costruzione della sua Turchia.

Ma la questione del velo ha anche permesso al presidente di presentarsi come difensore della comunità musulmana all’estero. Erdogan ha più volte criticato i paesi dell’Ue per le leggi restrittive sull’uso del velo in pubblico, accusandoli di discriminazione contro le donne musulmane e di islamofobia.