L’Unione europea aprirà un ufficio di rappresentanza a Nuuk, capitale della Groenlandia, per rafforzare i progetti di cooperazione già in essere con le autorità locali e studiare la possibilità di avviarne altri. L’annuncio, diffuso dal funzionario della Commissione Europea Per Hargard, evidenzia l’interesse di Bruxelles a stringere rapporti più stretti con il Paese, ricco di giacimenti minerari ed esportatore di energia.
L’Ue guarda all’Artico nel tentativo di arginare i tentativi di penetrazione da parte della Cina e nella speranza di guadagnare spazio strategico lungo i suoi confini settentrionali. Il tentativo, però, rischia di essere tardivo e la portata dell’iniziativa modesta. L’ufficio di rappresentanza ospiterà appena tre o quattro funzionari e non aprirà prima dell’inizio del 2023.
La Groenlandia fa parte del Regno di Danimarca ma, a causa del suo status speciale a livello nazionale, storico e geografico, ha un’ampia forma di autogoverno. La gestione degli affari interni è stata ottenuta nel 1979 e poi espansa significativamente nel 2009.
Le autorità politiche groenlandesi, che consistono nel Parlamento monocamerale (Inatsisartut) di trentuno membri e nel governo (Naalakkersuisut), hanno responsabilità economiche e politiche, ma possono beneficiare di un generoso sussidio annuale da parte di Copenaghen che ammonta al cinquantasei per cento del Prodotto interno lordo locale.
A partire dal 2013 la Groenlandia è stata governata dal partito socialdemocratico Siumut, favorevole all’indipendenza, mentre le consultazioni del 2021 hanno visto la vittoria dei radicali di sinistra e secessionisti di Inuit Ataqatigiit, giunti al primo posto.
Nel 1982 gli elettori dell’isola più grande del mondo votarono, seppur con un margine ristretto, in favore dell’uscita dall’Unione Europea a causa di preoccupazioni sulla possibile perdita dei diritti di pesca, la principale fonte di reddito locale. I rapporti con l’Unione europea erano già stati compromessi nel 1972, quando si era svolto un referendum conclusosi con lo stesso risultato, ma poi non rispettato.
La Groenlandia ha una superficie territoriale di oltre due milioni di chilometri quadrati ed è abitata da quasi sessanta mila persone, concentrate nella più mite fascia costiera sud-occidentale. La restante parte dell’isola è ricoperta da ghiacciai che celano una serie di inestimabili beni strategici: petrolio, ferro, zinco, gas e terre rare.
Il cambiamento climatico è destinato a facilitare lo sfruttamento di queste risorse intrappolate nei ghiacciai e alcune grandi potenze, come la Cina, si sono già mosse. Pechino sta sviluppando impianti estrattivi di petrolio e minerali e nel recente passato ha anche provato a costruire un aeroporto, progetto poi naufragato in seguito alla pressione della Danimarca e degli Stati Uniti.
L’importanza geopolitica della Groenlandia è cresciuta anche per la possibilità di nuove rotte commerciali grazie allo scioglimento dei ghiacci. L’isola verde è un crocevia strategico tra Eurasia e Nord America e potrebbe consentire alle rotte commerciali di aggirare il Canale di Suez, poco agevole ed ingolfato da una serie di problematiche logistiche.
La Cina, nel tentativo di legittimare l’incremento della propria influenza nella regione, si è identificata come «Nazione del Vicino Artico» per la significativa prossimità geografica al Circolo Polare. Questa tentata legittimazione, come riportato da Strife, è mirata al supporto degli interessi cinesi e della governance dell’Artico.
La Belt and Road Initiative (Bri) potrebbe dunque estendersi grazie ad una «Via della Seta Polare» di cui beneficerebbe la Russia, dove la maggior parte degli investimenti cinesi nell’infrastruttura per il trasporto marittimo avrebbe luogo. La Via della Seta Polare potrebbe consentire a Mosca di acquisire l’agognata denominazione di grande potenza marittima, ma potrebbe avere anche un risvolto negativo. Una maggiore influenza cinese interferirebbe con il desiderio russo di avere un monopolio sull’esportazione dell’energia artica.
Nel corso degli ultimi tre anni, gli Stati Uniti hanno intensificato le proprie attività nell’Artico, ora incluso nella politica di contenimento globale di Cina e Russia. Gli aeroporti ed i porti sull’isola sono considerati importanti e lo stesso vale per le comunicazioni satellitari. La stazione radar di allerta rapida per missili balistici più settentrionale degli Stati Uniti si trova in Groenlandia, presso la base aerea di Thule.
Washington teme un possibile ulteriore espansione della presenza militare russa e dell’influenza cinese nella regione e per evitarle, come chiarito dal Centre For Eastern Studies, ha rafforzato le attività militari, la cooperazione economica e quella politica. Nell’aprile 2020 il Dipartimento di Stato ha allocato di dodici miliardi di dollari per la realizzazione di progetti, poi espansi nell’ottobre dello stesso anno, nel settore turistico, minerario, educativo e ambientale.