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Percorsi di cambiamentoDonne e lavoro, il lato positivo esiste 

The Adecco Group Italia ha organizzato un talk per raccontare i casi virtuosi e le realtà imprenditoriali pioniere di una cultura professionale inclusiva. «Sicuramente il percorso per una effettiva parità di genere è ancora lungo», ha commentato Monica Magri, HR & Organization Director del Gruppo, «ma sono stati fatti anche tanti passi avanti, che è altrettanto fondamentale mettere in evidenza, per valorizzare una evoluzione positiva e una maggiore consapevolezza su questi temi»

(Unsplash)

Differenze salariali, discriminazioni, precarietà, policy aziendali poco inclusive. Quando si parla di donne e lavoro, soprattutto in Italia, sono questi i temi che occupano le pagine dei giornali e i dibattiti pubblici. Un quadro fosco, che contribuisce ad alimentare un clima privo di speranze per chi si approccia a un mondo professionale che tuttavia, seppur a rilento, sta cambiando. Nonostante i dati dicano che in Italia lavori ancora solo una donna su due, o che meno di una su quattro ricopra il ruolo di dirigente nelle aziende, negli ultimi anni imprese e manager hanno avviato percorsi che favoriscono la parità di genere.

Proprio per identificare i casi virtuosi e le realtà pioniere di una cultura professionale inclusiva da emulare e replicare, The Adecco Group Italia ha organizzato – in collaborazione con Phyd e Fondazione Adecco – il talk “Donne &lavoro – Il lato positivo”.

«Il percorso per la parità di genere è ancora lungo, non vogliamo minimizzare le problematiche legate al tema, però è importante parlare anche dei numerosi passi avanti che sono stati fatti negli ultimi decenni, che hanno contribuito a un approccio più positivo e consapevole», ha spiegato introducendo l’incontro Monica Magri, Hr & Organization Director del Gruppo Adecco.

Al talk, moderato dalla giornalista Monica D’Ascenzo, hanno preso parte Valeria Cerri, Regional Cabin Service Manager Italy di easyJet, Mauro Zanetti, Operations Director di Olimpia Splendid, Antonino Messina, HR Director, European HRBP and Privacy Manager OCV Italia – Gruppo Owens Corning, e Shata Diallo, DE&I Consultant di Mida Spa.

Il dibattito ha preso le mosse da un’indagine realizzata da The Adecco Group Italia che ha coinvolto 500 aziende e più di 20mila dipendenti, il 72% dei quali di sesso femminile. Tra i principali risultati è emerso che per le donne, anzitutto, l’aspetto più importante nella scelta di un’attività lavorativa è l’equilibrio tra vita personale e lavoro (per gli uomini, invece, al primo posto ci sono stipendio e crescita professionale). Ma proprio l’assenza di questo equilibrio costituisce ancora la principale criticità nel corso della carriera.

L’aspetto interessante, però, è che la maternità è ritenuta dal 48% delle grandi aziende un elemento della vita che arricchisce le donne e permette loro di lavorare con maggiore consapevolezza. E l’equilibrio di genere è considerato sempre più importante da parte dei datori di lavoro.

In maniera crescente, in effetti, le aziende si fanno carico della responsabilità di colmare il gender gap presente nel mercato del lavoro. Come dimostrano gli esempi virtuosi illustrati durante il talk. Mauro Zanetti ha raccontato, ad esempio, come Olimpia Splendid abbia puntato su due leve: «Da una parte creare le condizioni di lavoro per cui una donna possa essere inserita più facilmente in un’azienda manifatturiera grazie all’uso della tecnologia e all’innovazione, dall’altro fornire quella flessibilità nell’organizzazione che permetta di conciliare gli impegni familiari con il lavoro». In easyJet, invece, ha raccontato Valeria Cerri, è stata creata «una piattaforma per madri e padri che consente di pianificare rotazioni nei turni più favorevoli al bilanciamento vita-lavoro, affinché si possa organizzare la vita familiare in modo più semplice».

E c’è anche chi si è posto degli obiettivi ambiziosi, come OCV. «Il nostro target è arrivare a una presenza femminile pari al 35% entro il 2030. È un obiettivo sfidante per un gruppo come il nostro che lavora a ciclo continuo», ha spiegato Antonino Messina. «Dal 2015 abbiamo creato dei comitati, chiamati Women Inclusion Network, dei quali fanno parte le donne dell’azienda. E da allora stiamo lavorando su più livelli, da una parte ci assicuriamo che ci sia una maggiore inclusione delle colleghe, dall’altra operiamo per inserire un numero sempre maggiore di donne tramite attività di ricerca e selezione di nuove candidate».

L’aspetto che unisce le varie policy illustrate è il coinvolgimento non solo delle donne, ma anche degli uomini, nel percorso verso la parità di genere. È un cambiamento che deve essere prima di tutto culturale. Come ha spiegato Shata Diallo, «bisogna liberare l’immaginario di genere dalle aspettative di ruolo. Il fatto che alcune competenze vengano attribuite alle donne è una questione culturale, non innata. C’è la possibilità di un riequilibrio, a partire dalla vita privata fino al mondo del lavoro. Ed è interessante che le aziende sentano di essere responsabili in questo percorso».

Monica Magri ha posto l’accento anche su quanto «fondamentale è la presenza di politiche a supporto delle lavoratrici da parte dell’azienda, ma è anche fondamentale un’evoluzione culturale e sociale sul tema che è alla base di una più equa ripartizione della gestione dei carichi di famiglia». Lo ha ribadito anche Valeria Cerri: «Bisogna crederci, bisogna parlarne di più, cercare di non abbandonare la vita lavorativa in occasione della maternità. Ci sono varie tappe ed evoluzioni dell’essere madri, in questo percorso è centrale avere alleati uomini in famiglia e sul lavoro».

«Il coinvolgimento degli uomini deve essere la pietra angolare di tutto. Bisogna che anche gli uomini siano promotori di questo cambiamento», ha confermato Antonino Messina. E i primi risultati di questo processo di trasformazione iniziano a essere tangibili. «Abbiamo circa il 60% di donne nella produzione», ha spiegato Zanetti.

Il “lato positivo”, insomma, comincia a vedersi. Anche perché è questo che chiedono le nuove generazioni che entrano e che entreranno nel mondo del lavoro. «I giovani che con le loro scelte e le loro decisioni stanno rivoluzionando le imprese», ha spiegato Diallo. «Quello che lega le nuove generazioni a un’organizzazione ha sempre più a che fare con il commitment, il senso di appartenenza e le scelte di vita. L’equità di genere ha assunto un’importanza valoriale in grado di attirare e trattenere i talenti».

Certo, la strada da percorrere è lunga, ha concluso Monica Magri, «ma se nelle aziende sono ancora in minoranza le donne che ricoprono posizioni apicali, a livello di middle management le percentuali incrementano in maniera significativa anno dopo anno. Questo è importante perché è lì che si crea il bacino di successori per le posizioni apicali».

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