Ritorno alle radiciLa sceneggiata sullo scontro tra la Lega di lotta e quella di governo è appena cominciata

Sabato scorso 200 fra autonomisti, federalisti e amministratori locali si sono riuniti all’evento “Prima il Nord! Riparte la battaglia” per riposizionare il partito del Carroccio sulle vecchie sfide per l’autonomia

Lapresse

Più che padroni a casa nostra, lo slogan dell’iniziativa promossa dall’ex parlamentare mantovano Gianni Fava – oggi ancora membro del consiglio federale della Lega Nord – è stato «rientriamo a casa nostra». Cioè nella Lega Nord, partito che esiste giuridicamente, ma non politicamente da quando Matteo Salvini ha creato il suo movimento personale. O comunque trovare un nuovo contenitore che torni alle radici autonomiste ma guardi anche al tema dei diritti contro uno Stato confessionale.

Sabato scorso duecento persone fra ex leghisti, autonomisti, federalisti di ogni sorta e credo, sindaci e due consiglieri regionali lombardi (Federico Lena e Antonello Formenti) si sono riuniti nella pizzeria Da Sebastian a Biassono, fra Monza e Arcore, per rompere 5 anni di silenzio “sabbatico”. Sono arrivati dalla Lombardia, dall’Emilia Romagna, dal Piemonte e dalle Marche gli autonomisti che sono entrati in altri movimenti, come il Grande Nord, la Rete 22 ottobre e l’associazione guidata dall’ex ministro Roberto Castelli, Autonomia e libertà, o Italexit.

Duecento persone che si sono riunite in nome dell’ideale di Gianfranco Miglio all’evento “Prima il Nord! Riparte la battaglia” a cui hanno partecipato anche federalisti estranei alla Lega. Dopo una serie di interventi reducisti in memoria di quello che è stata la Lega – un flusso di coscienza per esorcizzare i tanti, troppi anni di malessere dopo che Salvini ha preso in ostaggio il partito – hanno dibattuto su come creare un contenitore che possa presentarsi alle elezioni regionali in Lombardia.

Uniti da una sola convinzione, e cioè che il salvinismo abbia sepolto per sempre gli ideali della Lega Nord, hanno parlato poco di quanto succede a Roma nei giorni cruciali della formazione del Governo.

Sotto lo stemma del Sole delle Alpi e il motto “Padania sempre”, sono intervenuti anche amministratori che non sono mai stati leghisti ma riconducibili all’area progressista. Tutti in cerca di un soggetto politico che rappresenti il Nord, sia post ideologico e alternativo ai partiti statalisti e ladroni di Roma.

Federalismo e danè per il Nord ma anche diritti. Come hanno spiegato sia Davide Boni sia Gianni Fava, che in cuor suo vorrebbe riprendersi il brand della Lega Nord, che il 21 ottobre farà il suo mini consiglio federale. Anche se non sarà facile dato che la vecchia Lega Nord presieduta da Umberto Bossi è composta solo da quelli che l’hanno commissariata in tutte le Regioni e a cui è difficile se non impossibile iscriversi.

Nessun folklore e pochi toni radicali ispirati al vecchio verbo secessionista, la pizzata di Biassono è stata l’occasione per molti ex dirigenti che in passato si sono commissariati o espulsi a vicenda per sanare vecchie fratture e provare a tirare una linea per ricominciare da capo. Convinti che la battaglia contro i migranti, lo spostamento sovranista e populista, il tentativo fallito del radicamento al Sud e lo sradicamento al Nord abbiano ucciso il sogno di Gianfranco Miglio.

«“Siamo stati, abbiamo fatto e voluto” è un discorso che non va da nessuna parte, dato che ci hanno rubato il nostro movimento», ha spiegato Davide Boni entrato nel Grande Nord di Roberto Bernardelli. «Non possiamo fare la gara a chi è più verde degli altri. Non me ne frega di nulla di cosa faccia Salvini. Una volta che ti hanno rubato il portafoglio, non si può stare a piangere e continuare a urlare al ladro, al ladro. Bisogna fare altro».

La battaglia #primaglitaliani? Appartiene al passato perché le nuove generazioni non guardano più alle origini dei loro compagni di scuola. Quella contro le unioni di fatto e la difesa della famiglia tradizionale? Passatismo e nostalgia di una società che è radicalmente cambiata.

«Nel 2022 lo Stato non deve entrare nelle scelte personali dei cittadini», ha dichiarato Boni. Gianni Fava, ex colonnello della Lega Nord targata Maroni di cui è stato assessore all’Agricoltura in Regione Lombardia, ha esordito con la seguente premessa: «Io non cerco una poltrona ma sogno un soggetto politico per chi come me ha smesso di votare. Non sono nostalgico, ma il motivo che mi ha spinto a entrare in Lega è più che mai attuale. Il mio primo voto a 19 anni è stato per la Lega antiproibizionisti di Marco Taradash. Sui temi etici non possiamo dividerci», ha detto Fava, che nel 2014 cinguettò su Twitter: «Il proibizionismo è fallito» e venne sconfessato da Maroni.

«Io sono entrato in un partito che voleva l’autonomia, non in un partito confessionale. Il fine vita? Riguarda la coscienza di ognuno di noi, non lo Stato che noi qui combattiamo. Io resto un liberale. E sono un’europeista convinto. Abbiamo bisogno di un partito post ideologico che difenda chi produce da chi vive di rendita, come disse Umberto Bossi nel 1994», ha aggiunto Fava. «Per gli autonomisti traditi dalla Lega, anche quella di Bossi, siamo ancora allo stesso punto».

Il “punto” è quello del conflitto fra il ceto produttivo del Nord e il partito del Sud del reddito di cittadinanza, assistenzialista, che secondo Fava non è più un divario geografico ma culturale. Con Prima il Nord! Riparte la battaglia torna la Lega di lotta contro la Lega di Governo focalizzata in queste ore a contendersi ministeri, grazie allo scontro fra Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi? O è stata solo l’assemblea reducista in salsa amarcord di tutti gli autonomisti trombati dai processi decisionali della Lega nord, la bad company rimasta in vita per pagare i debiti? Si cerca di creare un nuovo contenitore in vista delle elezioni regionali? O tutti quelli che sono andati a Biassono sono solo personaggi pirandelliani in cerca di autore?

L’iniziativa è stata voluta per tornare alle radici, se possibile cercare di riprendersi il brand della Lega Nord (ma a questa eventualità nessuno ci crede davvero) e provare a creare un movimento che si batta contro “Il Cavaliere Oscuro” alias Matteo Salvini. Anche se poi, al margine della pizzata di Biassono, gli ex dirigenti della Santissima Trinità Bossi/Giorgetti/Maroni hanno parlato dell’assemblea di una sezione lombarda della Lega Salvini premier, dove non c’erano telecamere né giornalisti e dove i militanti hanno mandato un videomessaggio a quello che tutti vedono come unica alternativa a Salvini, cioè il governatore del Friuli Venezia Giulia  Massimiliano Fedriga, che è nato a Verona come il neopresidente della terza carica dello Stato, Lorenzo Fontana.

Non si sa cosa abbia risposto Fedriga, ma una cosa è certa: gli autonomisti, che abbiano o no la tessera della bad company alias Lega Nord nel portafoglio si pongono lo stesso obiettivo del Comitato Nord voluto, pare, dal Senatur: tornare ad essere il sindacato del territorio settentrionale. Anche se i leghisti, fuoriusciti o meno, tendono sempre ad essere complottisti.

Un’eredità, anche questa, che viene dal loro Capo, il Senatur, che per anni sul palco di Pontida è ricorso all’accusa di fascismo per silurare i dissidenti.

E infatti sul comitato Nord ci hanno detto e ribadito che l’idea è stata di Salvini, il Cavaliere Oscuro in ostaggio del suo cerchio magico, per frenare il dissenso. E invece la fronda interna al partito di Salvini è nata come la Lega Nord in modo sgarrupato nel tinello del Senatur. Una fronda a cui ora si aggiunge quella esterna di Gianni Fava e di Roberto Castelli. Mettetevi comodi, la serie tv sulla Lega di lotta è appena iniziata.

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