«La coalizione semaforo ha perso in legittimità». Christian Lindner, leader dei liberali tedeschi della Fdp e ministro delle Finanze, ha commentato così in conferenza stampa le elezioni in Bassa Sassonia. In quel voto, tenutosi domenica scorsa, il suo partito ha perso quasi tre punti ed è finito sotto la soglia di sbarramento, non eleggendo nessun deputato al Landtag locale.
Il risultato è stato da subito rapportato da Lindner alla totalità dell’attuale coalizione di governo, formata da socialdemocratici, verdi e liberali. Secondo il ministro delle Finanze, infatti, bisogna notare che la Spd, pur rimanendo la prima forza politica, perde 3,5 punti, che sommati ai 2,8 ceduti dal suo partito, vanno oltre i 4,7 punti guadagnati dai verdi. Per Linder, insomma, il totale dei tre partiti di governo è diminuito e il dato è chiaro: «Non è la Fdp ad avere un problema, ma la coalizione nel suo complesso, che ora è chiamata a guadagnare maggior supporto alle sue politiche in Germania».
L’argomentazione è certo legittima, anche se abbastanza fragile nel suo leggere in chiave nazionale un voto locale, così come nel considerare accomunati dallo stesso destino partiti che stanno vivendo momenti molto diversi in termini di consenso e di capacità d’azione.
Tuttavia, il fatto che Lindner cerchi di presentare la crisi vissuta dal suo partito come un problema di tutta la maggioranza rivela una serie di dinamiche attualmente presenti dentro il governo. Fin dalla sua nascita, infatti, era chiaro che i liberali sarebbero stati gli azionisti di minoranza, non solo per minore peso parlamentare rispetto a verdi e socialdemocratici, ma anche perché gli alleati condividono tra di loro più temi e priorità di quanto facciano con la Fdp.
Il partito di Lindner, durante i negoziati per la formazione del governo, è riuscito a portare a casa alcune concessioni (come la rinuncia di verdi e Spd alla patrimoniale) ma nei mesi successivi, soprattutto con l’esplosione della crisi energetica e la necessità di supportare famiglie e imprese, è apparso meno incisivo delle altre forze. Se alle elezioni di settembre 2021 il partito si è attestato all’11,5%, oggi nella maggior parte dei sondaggi non supera il 7%.
In effetti, la crisi energetica e la situazione geopolitica hanno fatto lievitare la richiesta di interventi del governo da parte dell’opinione pubblica, mentre la crisi d’identità vissuta dalla Germania a causa dell’invasione dell’Ucraina e della fine dell’Ostpolitik hanno riportato al centro del dibattito la necessità di un’Unione Europea più integrata, per molti, anche attraverso nuove regole finanziarie e nuovi strumenti comunitari.
La reazione del cancelliere Scholz è stata quella di varare una serie di interventi sociali (come l’aumento dei fondi per le misure di sostegno al reddito, aiuti in bolletta per categorie deboli e tasse sugli extra-profitti) oltre che aprire a importanti riforme in ottica europea. Scholz è ad esempio tornato sulla necessità di superare il principio di unanimità nel Consiglio dell’Ue, oltre ad aprire a regole di bilancio più flessibili. Nelle scorse settimane, anche la contrarietà tedesca verso l’introduzione di un tetto al prezzo del gas stava venendo meno.
In questo scenario, Lindner ha provato a farsi interprete delle preoccupazioni delle aziende e a rimettere al centro la tutela dei conti pubblici (tanto tedeschi quanto europei) in linea con l’identità del suo partito. Le sue pressioni (e la necessità di non scontentare troppo un alleato di governo) sono state determinanti per l’introduzione del piano di aiuti a imprese e famiglie di 200 miliardi varato da Berlino, e letto da molti partner europei come l’affossamento indiretto di una misura comune sul prezzo del gas e come uno strumento di concorrenza sleale intra-Ue.
L’intento di Lindner, quindi, è tornare su temi e posizioni consolidate, in un momento complicato per il suo partito in termini di consenso, dopo aver sofferto molto le mosse dei socialdemocratici e dei verdi. I rischi, però, sono molteplici: per Lindner, ma anche per il governo e per l’Europa.
A livello europeo, infatti, è lecito aspettarsi l’opposizione dei liberali all’assunzione di ogni posizione tedesca che vada nella direzione di regole più morbide sul Patto di Stabilità o di nuovi strumenti europei anticrisi. Una linea che potrebbe rinforzare il consenso della Fdp da parte del suo elettorato tradizionale, ma che rischia di isolare la Germania sul piano politico, oltre che di non incontrare il favore di larghe fette della stessa opinione pubblica tedesca (è bene notare che il partito cresciuto di più nei sondaggi sono i verdi, storicamente europeisti e favorevoli a misure comunitarie come il debito comune).
Per il governo, invece, una Fdp più arroccata su alcune posizioni potrebbe costituire un limite non indifferente a un maggior interventismo economico e ad alcune misure emergenziali, in un momento in cui l’attenzione sull’esecutivo è altissima. In questo contesto, poi, la crisi della Fdp si somma a quella della Spd, dove Scholz paga l’accusa di essere stato troppo attendista in alcune misure di sostegno all’Ucraina. I due partiti hanno priorità molto diverse, e confliggenti tra di loro, e questa dinamica potrebbe avere effetti pesanti nella dialettica di governo.
In ultima analisi, non è detto che un eccessivo ostruzionismo convenga allo stesso Lindner. L’attuale strategia potrebbe anche far perdere alla Fdp ulteriore terreno. I liberali, come evidenziato ad esempio da uno studio della Friedrich Ebert Stiftung (la fondazione della Spd), sono stati la seconda forza più votata tra i giovani (18-29 anni), anche grazie all’attenzione a temi come la digitalizzazione.
Guardando i sondaggi attuali, è lecito ipotizzare che la scelta di concentrarsi sull’avversione al debito (tedesco o europeo) abbia spinto alcuni elettori Fdp a migrare verso altre forze. Un processo che, se confermato, consentirebbe a Lindner di fidelizzare lo zoccolo duro del proprio elettorato, ma allontanerebbe molto i consensi potenziali, riducendo i margini di crescita del partito.
È chiaro, però, che Lindner sta cercando di riguadagnare protagonismo nella maggioranza, e che da lui, oggi, dipende moltissimo l’azione di governo. Una dinamica di conflittualità interna che rientra nella normale dialettica tra forze politiche, ma che potrebbe normalizzarsi o acuirsi a seconda degli sviluppi, con conseguenze rilevanti non solo per la Germania ma anche per l’Europa, che per le misure dei prossimi mesi guarda a Berlino con particolare attenzione.