Non è più l’Europa di una volta: la Germania non riesce più a imporre la sua volontà egemonica e anche l’asse franco-tedesco non tiene più. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz nei giorni scorsi ha provato un trucco tipico della egoistica concezione tedesca della solidarietà europea: obbligare gli altri 26 paesi a tagliare i propri consumi di metano del 15% per fornire questo gas a una Berlino in condizioni disperate quanto a energia, per propria piena colpa. Il tutto con la complicità della tedesca Ursula von Der Leyen, presidente della Commissione che ha imposto questa direttiva.
La ratio era chiara e non nuova: l’Europa deve pagare per gli errori di Berlino, anche quelli plateali e inescusabili come quello di essersi resa totalmente dipendente dal metano russo come nessun altro Paese ha fatto. Il tutto a causa di una miope strategia che ha posto – come su tutti gli altri dossier trattati dalla Germania – l’economia al posto della politica.
Il gas russo infatti era il meno caro, al punto che la Germania ha quasi annullato la propria estrazione di metano che costava di più in termini di investimenti (e ora è troppo tardi per rimediare).
Immediata la rivolta di Grecia, Spagna, Portogallo, Francia che non sono minimamente dipendenti dal metano russo, e che si sarebbero trovate a pagare in termini di recessione economica l’amputazione delle proprie forniture di metano da girare a Berlino a causa di un errore geopolitico che era ed è tutto tedesco.
La notizia è che nel Consiglio Europeo dei ministri dell’energia di martedì la Germania si è trovata isolata, segno indicativo dei tempi, la Francia non è affatto venuta in suo soccorso (anzi) e la presidenza della Repubblica Ceca ha mediato una soluzione che accontenta tutti, tranne la Germania che ha dovuto subire uno smacco su più piani.
In concreto, i 27 si impegnano ora, ma solo eventualmente, come vedremo, a un risparmio di 30 miliardi di metri cubi di metano invece dei 45 ipotizzati dalla Commissione e da Berlino. I 15 miliardi di differenza sono proprio quelli che la Germania mirava ad accaparrarsi a danno degli altri Paesi.
Olaf Scholz ha però subito uno scacco anche su altri piani. A deliberare l’eventuale taglio emergenziale non sarà più la Commissione ma il Consiglio, e non più su richiesta di tre Stati, ma di cinque. Infine ben 10 Stati, tra i quali quelli baltici, le isole, Spagna e Portogallo saranno esentati dal taglio.
I rimanenti effettueranno, ma solo nel caso l’emergenza venga votata a maggioranza qualificata, un taglio non più del 15%, ma solo del 7% nel caso siano riusciti a riempire all’80% le proprie riserve. Percentuale che ha soddisfatto il ministro italiano Roberto Cingolani, che soddisfa questo criterio, perché appunto del 7% è il taglio già deciso dall’Italia autonomamente.
Una soluzione di mediazione al ribasso, al solito, che in apparenza salva l’unità dei Paesi europei, ma che in realtà lascia la Germania in balia dei propri errori energetici e con pessime prospettive per l’inverno prossimo. Ma soprattutto una soluzione che per la prima volta sul piano politico ha visto la Germania isolata e non in grado di imporre la sua linea all’Unione europea.