La Turchia rischia di non essere più il ponte fra occidente e oriente della Russia ora che Stati Uniti e Unione Europea hanno avviato le prime contromisure per evitare che le banche turche siano usate dai russi per aggirare le sanzioni, come sta presumibilmente avvenendo dall’inizio del conflitto in Ucraina.
Obiettivo di Washington e Bruxelles è assicurarsi che il regime sanzionatorio messo in piedi in questi mesi sia il più efficace possibile, riducendo le possibilità per Mosca di aggirarlo grazie all’aiuto di altri Paesi, ma la mossa di Stati Uniti e Ue non danneggia solo la Federazione russa. L’applicazione più rigida delle misure già esistenti e la possibile imposizione di nuove sanzioni secondarie minacciano i successi ottenuti dal presidente Recep Tayyip Erdogan nel contesto della guerra in Ucraina e mettono a rischio i successi raggiunti dal capo di Stato turco sul piano tanto internazionale quanto interno.
Le sanzioni secondarie
Le pressioni occidentali sulla Turchia per limitare i suoi rapporti economico-finanziari con Mosca hanno colpito prima di tutto il sistema di pagamento russo Mir, creato nel 2017 dalla Banca centrale proprio per aggirare le sanzioni occidentali. Le cinque principali banche del paese anatolico – Vakifbank, Ziraat Bank, Is Bank, DenizBank, di proprietà degli Emirati Arabi, e Halkbank – sono state costrette ad abbandonare il circuito russo per non incorrere nelle sanzioni di Usa e Ue, causando un danno di non poco conto alla Russia.
Ma le conseguenze delle pressioni occidentali non investono solo mondo della finanza, bensì anche le relazioni tra Erdogan e il presidente russo Vladimir Putin. I due capi di Stato erano da tempo in trattativa per aumentare il numero di banche turche aderenti al sistema Mir al fine di agevolare gli scambi tra Turchia e Russia, ma la mossa di Usa e Ue ha messo in stand by il progetto.
Inoltre, le sanzioni occidentali potrebbero colpire in futuro anche i singoli individui che fungono da prestanome per i cittadini russi e le aziende che hanno creato un sistema di pagamento alternativo per aggirare le sanzioni, nonché coloro che hanno aiutato la Russia ad importare prodotti industriali o militari. Secondo il Financial Times, le cancellerie occidentali stanno anche discutendo sull’adozione di misure contro individui che lavorano per le compagnie di cyber security, e-commerce e produzione di software.
Intanto la commissaria europea per i Servizi Finanziari, Mairead McGuinness, ha in programma di recarsi in Turchia a ottobre per convincere Erdogan ad adottare il regime sanzionatorio imposto alla Russia da Usa e Ue, dopo che già il vice segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Wally Adeyemo, ha avvertito Ankara del rischio che la Russia usi il paese anatolico per evadere le sanzioni. Timori definiti però infondati dal ministro delle Finanze turco, Nureddin Nebati, che ha invece affermato che la Turchia è intenzionata a migliorare le relazioni economiche con i suoi vicini all’interno di un quadro legislativo non limitato dalle sanzioni. A Nebati ha fatto poi eco il ministro degli Esteri, Mevlüt Çavuşoğlu, che ha ricordato come Ankara implementi da sempre solo le sanzioni dell’Onu, rimarcando la posizione turca sulla questione.
Le conseguenze
La postura più rigida adottata dall’Occidente rischia di compromettere anche il prestigio di cui Erdogan gode dall’inizio del conflitto. Il presidente turco ha sapientemente mantenuto una posizione equidistante tra Ucraina e Federazione russa, facendo leva sulle relazioni intessute negli anni tanto con Kyjiv quanto con Mosca e sulla possibilità di non imporre sanzioni, non essendo la Turchia paese membro dell’Ue. Ciò ha permesso al presidente di porsi come mediatore tra le parti, grazie anche alla rottura delle relazioni diplomatiche dell’Occidente con la Russia, e di convincere Putin a trovare un accordo per lo sblocco dell’export cerealicolo ucraino.
La mossa di Washington e Bruxelles però rischia di cambiare lo status quo, minando la capacità di Erdogan di mantenere in piedi questo delicato equilibrio tra Russia e Ucraina. Le limitazioni al mercato finanziario turco potrebbero infatti avvicinare Mosca ad altri paesi, il che ridurrebbe il potere negoziale della Turchia.
Ma l’implementazione di sanzioni più stringenti può essere un problema per il presidente Erdogan anche sul piano interno. Il regime sanzionatorio imposto contro Mosca ha portato a un incremento delle esportazioni turche verso la Russia, aumentate del 60 percento a seguito dell’invasione dell’Ucraina, e ha dirottato ingenti quantità di fondi russi verso gli istituti turchi.
Le entrate estere sono fondamentali per aumentare le scorte di valuta straniera della Banca centrale, in sofferenza a causa delle politiche monetarie imposte dal presidente Erdogan che hanno contribuito a determinare la forte svalutazione della lira. L’interruzione di questo flusso di capitali avrebbe dunque ripercussioni negative sull’economia turca, danneggiando ulteriormente il prestigio di Erdogan, preoccupato da una diminuzione del suo gradimento a meno di un anno dalle elezioni presidenziali.