Il dito e la lunaMentre Di Maio pensa a sé stesso, la Turchia punta all’egemonia nel Mediterraneo

Erdogan e il governo provvisorio di Tripoli hanno firmato un accordo illegittimo che permette ad Ankara di fare esplorazioni energetiche in Zone Economiche di altri Paesi, oltre che di controllare di fatto le fonti libiche. Pretese pesantemente dannose per gli interessi dell’Italia, snobbate però dal peggior ministro degli Esteri che abbiamo mai avuto

Credits: LaPresse

Recep Tayyp Erdogan ha inferto un duro schiaffo all’Italia (e alla Grecia) sul tema scabroso delle forniture energetiche. Il nostro Paese paga così il prezzo di avere affidato la Farnesina per tre anni all’inesistente e incapace Luigi Di Maio, che si è occupato esclusivamente della propria carriera personale – per nostra fortuna ora finita ingloriosamente – invece che dei dossier strategici, in primis quello libico.

Nei giorni scorsi dunque la Turchia e il governo provvisorio libico (Gnu) di Tripoli di Abdul Hamid Dbeibeh hanno firmato un mega accordo che prevede il diritto esclusivo della Turchia di effettuare esplorazioni petrolifere e metanifere in Libia e in mare nella immensa Zona Economica Esclusiva concordata nel 2019 tra i due Paesi, che parte dalle coste libiche e arriva a quelle turche e che comprende quindi le Zone Economiche Esclusive di Egitto, Grecia e Cipro. Una estensione in tutto il Mediterraneo Orientale, in violazione dei trattati internazionali.

Ma non solo. L’accordo prefigura il disegno della Turchia di fare della Libia un proprio, grande hub mediterraneo dell’energia: prevede anche lo sfruttamento comune dei nuovi giacimenti individuati, l’impianto da parte della Turchia in Libia di nuovi impianti di raffinazione e soprattutto – elemento cruciale – il trasporto in Turchia e verso altri Paesi, tramite metanodotti e oleodotti, di gas e petrolio già sfruttati in Libia e di quelli dei nuovi giacimenti.

Di fatto, la Turchia si è accaparrata il controllo delle fonti energetiche libiche. Ovviamente, questo accordo è stato ritenuto del tutto illegittimo sia dall’Onu che dalla Unione europea. Il governo di Abdul Hamid Dbeibeh, a suo tempo riconosciuto dalle Nazioni Unite, è decaduto nel dicembre del 2021 e non ha quindi il diritto di impegnarsi a fronte dei governi che verranno dopo nuove elezioni (se mai si terranno).

Sta di fatto che l’Italia, che ha enormi e strategici interessi energetici in Libia e che progetta un mega gasdotto – East Med – tra Egitto e Israele e la Grecia e che quindi attraverso la immensa Zona Economica Esclusiva ora rivendicata illegalmente da Turchia e Libia, così come la stessa Grecia, si trovano di fronte a una pesante situazione di concorrenzialità e alla negazione dei loro diritti di effettuare prospezioni energetiche da parte della Turchia.

Il tutto accompagnato – questo è fatto più preoccupante – da continue minacce di guerra alla Grecia da parte di Recep Tayyp Erdogan che minaccia di «darle una lezione» – come fece Mustafa Kemal Atatürk nel 1922: «Se la Grecia dovesse attaccare, la Turchia risponderà, arrivando di notte. La sua politica è interamente basata sulle bugie, è disonesta».

Il punto è che le mire egemoniche e illegittime della Turchia sullo sfruttamento energetico del Mediterraneo Orientale, pesantemente lesive degli interessi dell’Italia, sono palesi da almeno tre anni, così come le minacce di guerra di Erdogan. Ma la Farnesina di Luigi Di Maio se ne è interamente disinteressata.

Eppure, l’Italia avrebbe pesanti leve per condizionare il governo di Tripoli e lo stesso Abdul Hamid Debeibeh. Siamo il primo Paese di destinazione dell’export energetico libico e, con l’Unione Europea, possiamo giocare un grande ruolo nelle tensioni interne della Libia tra Tripolitania e Cirenaica.

Ma nulla è stato fatto, così come nulla è stato fatto dalla Farnesina di Di Maio per rafforzare e sviluppare una azione forte e congiunta a fianco della Grecia e di Cipro per contrastare i progetti egemonici della Turchia nel Mediterraneo Orientale. Di fatto, Di Maio, affaccendato in altre vicende – il suo destino politico personale – ha delegato il dossier libico all’Eni, che ha enormi e ottime capacità di manovra, ma che non può certo debordare sul terreno dei rapporti politici e di potere tra Stati.

Chiunque sia il prossimo ministro degli Esteri, dovrà così e da subito confrontarsi con questo dossier esplosivo, in raccordo con la Francia di Emmanuel Macron che ha invece chiarissima l’importanza di contrastare la Turchia nel Mediterraneo Orientale e che più volte ha inviato la flotta in quella area per contrastare le mire turche, oltre che in raccordo con la Grecia, Cipro e l’Egitto.

Purtroppo però, pesano i tre anni di inazione del peggiore ministro degli Esteri che l’Italia abbia mai avuto.

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