Sì lo sappiamo, la pandemia non è del tutto finita, ma forse ne siamo quasi usciti. E con la riapertura dei ristoranti da più di un anno possiamo dire con certezza che le regole del gioco sono cambiate definitivamente. I prezzi si sono alzati, il personale non si trova, gli orari si sono ridotti, e anche le formule si sono modificate. Ma oggi, quali sono le regole del gioco?
Intanto, sono cambiate le giornate di frequentazione. Il giovedì è il nuovo venerdì, ma forse anche il mercoledì non è così male per uscire. Abbiamo sdoganato le serate infrasettimanali come possibili momenti di relax fuori dalle mura domestiche: sarà stata la lunga reclusione forzata, oppure il lavoro da remoto che ci permette una sveglia più umana in differenti giorni, sta di fatto che nei grandi centri ma anche in provincia i bar e i ristoranti non sono mai stati così affollati anche in settimana. Ma non basta. Parliamo anche di format diversificati per far fronte a Covid e alla crisi, che sono diventati la nuova normalità: la ristorazione è più semplice, l’apertura dei locali si è “accorciata”, e si prova a fare un po’ di economia di scala.
Mal pagati e poco considerati, camerieri e cuochi alla fine stanno disertando: il problema del lavoro che abbiamo più volte analizzato su queste pagine non è mai stato più pressante. Ma invece di cercare ossessivamente personale che non c’è, i ristoratori hanno semplicemente superato il problema cambiando format, e anche le cucine si sono dovute adeguare: ricette meno stravaganti, menu ridotti della metà, prodotti meno costosi (anche per colpa dell’inflazione e del caro prezzi) e stagionali, sia per risparmiare ma anche per rispetto verso il pianeta… Il risultato? Menu che sono in linea con la recessione.
E se per qualcuno il mercoledì è il nuovo sabato, per qualcun altro il sabato e la domenica diventano giorni di chiusura: e se fino a prima del Covid nessun ristorante si sarebbe mai sognato questo orario ridotto nei giorni di punta, oggi c’è sempre di più questa tendenza, perché il personale che ha il week end libero ha meno problemi a lavorare. Dove andranno a svagarsi nei giorni di chiusura, è un altro problema che prima o poi ci toccherà affrontare.
E poi? È finita la pacchia (notturna). Da New York a Parigi, le prenotazioni al ristorante sono sempre più anticipate e nessuno si scandalizza più quando si propone il turno delle 19, o delle 19.30. Cenare all’ora dei bimbi è la nuova frontiera dei gourmand e questa pratica ha indubbi vantaggi. Si digerisce meglio, si ha una serata davanti per andare a bersi un drink, o semplicemente per godersi una nanna ristoratrice precoce. Finito il tempo delle veglie notturne, è arrivato il momento della cena che sostituisce l’aperitivo. È un riflesso di quando i ristoranti chiudevano prima per il coprifuoco e abbiamo imparato a cenare presto? È la voglia di tornare a casa prima che sia troppo tardi? Sta di fatto che questa nuova moda si sta diffondendo sempre di più e ha cambiato il modo di gestire il ristorante.
Fuori, perché no? Il tabù tutto italiano di stare all’aperto anche quando le temperature scendono si è definitivamente dissolto. Complici le temperature sempre più alte, l’abitudine di stare più fuori che dentro ci ha conquistato. Ne giovano le vie cittadine, che sono più vivaci e dinamiche, un po’ meno il riposo notturno di chi abita sopra a un locale.
È cambiata anche la nostra predisposizione alla pazienza? Sentiamo sempre più dire che non se ne può più dei lunghi menu degustazione, e che ci piacerebbe mangiare pochi piatti, di sostanza e di dimensione adeguate, e stare a tavola il tempo giusto.
Che questa pandemia, in fondo, abbia anche fatto qualcosa di buono almeno nella nostra predisposizione verso la ristorazione?