Gianni Cuperlo che ventiquattrore prima di Kherson rumina la strategia del disarmo degli aggrediti e qualche giorno dopo, erubescente davanti a Carlo Calenda che gli ricorda le manifestazioni anti-imperialiste (ma verso Ovest) della Fgci, si esercita nella sbianchettatura della piazza romana, la distesa democratica fiorita di bandiere pro Hamas e affollata di partigiani della pace due punto zero consorziati a reclamare l’adempimento del dovere morale della resa, ecco, quella è l’immagine perfetta dell’attualità comunista dietro il biondo incanutito di questa presunta evoluzione progressista.
I due, Cuperlo e Calenda, erano l’altra sera a LaZ (la sigla esatta è La7, ma non la conosce nessuno), in quel circo postribolare che fa piazza pulita di ogni residua decenza italiana, a dire ciascuno la propria sulle due manifestazioni, quella di Milano a favore dell’Ucraina, e per l’esigenza di sostenerla anche militarmente, e quella della capitale contro la Nato, contro gli Stati Uniti, contro la resistenza ucraina, e per il trionfo della pace pacifista ottenuta riaffermando il diritto dell’aggressore di incenerire scuole e ospedali senza correre il rischio di incontrare fastidiose resistenze organizzate dagli omosessuali drogati di Kyjiv.
E mi pare che sia sfuggito anche al diretto interlocutore, Carlo Calenda, la svirgolata serpentina uscita di bocca al parlamentare mitteleuropeo quando l’altro evocava le somiglianze di certi più antichi girotondi comunisti (dove si manifestava per l’Afghanistan non dicendo che i russi dovevano andarsene, ma dicendo che l’Italia doveva andarsene dalla Nato) rispetto alla cosa pacifista dei Santoro e dei Vauro e di Mister Graduidamende: «Secondo me», ha detto Cuperlo, «sbagliavi corteo anche allora».
Calenda, appunto, non se ne è accorto, o non ha voluto o potuto rispondere, ed è stato un peccato perché sarebbe stato efficace rimpallare all’arrotatore di erre questa semplice domanda: «Corteo sbagliato? Scusa, Gianni, lasciamo perdere quelli della Fgci, dove tu, unico in tutto il sistema solare, sentivi slogan “Russi go home”: ma quella di Milano, che ho fatto io con gli ucraini, non con l’Anpi e il sindacato Rai, che cosa aveva di sbagliato?».
Sarebbe stato impagabile assistere ai tentativi di replica di quel beneducato e inconsapevole fiancheggiatore del pacifismo che indugia sui difetti probatori della strage di Bucha, che si affretta a prendere e a spacciare la velina moscovita sui depositi di armi tra i cavolfiori e le zucchine dei centri commerciali bombardati, che si esercita nel giornalismo d’inchiesta sulle puerpere assoldate da Volodymyr Zelensky per mettere in scena l’ospedale raso al suolo (perché c’era questa roba nella piazza grillo-comunista che lui ha ritenuto di dover omaggiare).
Impagabile sarebbe stato vederlo costretto a esplicitare le ragioni di quel suo sibilo rivelatore, e cioè che la manifestazione di Milano a sostegno dell’Ucraina era «sbagliata» perché lì si reclamava il dovere di aiutare gli ucraini anche con le armi. E che quella «giusta» era l’altra, quella che solo con qualche penoso sforzo contraffattorio Gianni Cuperlo mondava dei suoi tratti maggioritari e caratteristici, la guerra per procura, né con le stuprate né con la Nato, l’apartheid in Israele e negli Stati Uniti c’è la diseguaglianza dei redditi.