Il cielo sopra KyjivA novant’anni dall’Holodomor stiamo assistendo a un nuovo genocidio degli ucraini

A Linkiesta Festival, la giornalista Olga Tokariuk, la scrittrice Yaryna Grusha, il portavoce della Commissione Europea Massimo Gaudina, la vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno e la violinista Nelly Kolodii

Gaia Menchicchi

In Ucraina, oggi, è la Giornata nazionale del ricordo: è il novantesimo anniversario dell’Holodomor, una delle più grandi tragedie mai capitate in Europa, durante la quale i russi, comandati da Stalin, nel 1932, pianificarono la morte per carestia di 3-5 milioni di persone ucraine.

Oggi, novant’anni dopo, i russi,con Putin al Cremlino, hanno scelto, oltre a bombardare i civili, di pianificare l’assideramento degli ucraini. Hanno capito di aver perso la guerra, e sperano così di fiaccare la resistenza ucraina.

Il direttore de Linkiesta, Christian Rocca, ha discusso della lotta degli ucraini contro il genocidio perpetrato dalla Russia durante l’evento “Il cielo sopra Kyjiv”, all’inizio della seconda giornata del Festival de Linkiesta. All’incontro hanno partecipato Yaryna Grusha, scrittrice e curatrice di Slava Evropi, Olga Tokariuk, giornalista e fellow al Reuters Institute, Massimo Gaudina, portavoce della Commissione Europea e Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo. L’evento è stato introdotto da Nelly Kolodii, violinista dell’Orchestra dell’Accademia della Scala, che ha interpretato una sonata di Bach.

«L’Holodomor ha definito l’Ucraina di oggi, la memoria è ancora viva in molte famiglie, e ogni anno gli ucraini mettono una candela accesa alle loro finestre per commemorare chi è stato ucciso» spiega Olga Tokariuk, che vive in Ucraina. «Ci sono molti paralleli con quello che succede adesso. La Russia usa la fame non solo in Ucraina, ma anche da altre parti del mondo, bloccando le navi di. E non solo con armi convenzionali, ma anche con l’arma del gelo. Per l’Ucraina è molto importante che in questi giorni l’Holodomor sia stato riconosciuto come genocidio da Irlanda, Romania, moldova, presto lo farà anche la Germania. L’Europa sta aprendo gli occhi alla sofferenza del popolo ucraino, allora come oggi»

Yaryna Grusha, docente di lingua e letteratura ucraina alla Statale di Milano, evidenzia come oggi sia importante capire il modo in cui la memoria dell’Holodomor sia sopravvissuta: «Sui giornali sovietici c’erano bellissime notizie ma le famiglie morivano per la fame: questa memoria è stata tramandata solo grazie alla memoria del popolo, che ne parlava solo a porte chiuse. Dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 ci sono stati studi approfonditi, sono state raccolte testimonianze: prima non si poteva dire che il partito aveva ucciso 3-5 milioni di persone».

Nessuno si aspettava una reazione occidentale ma soprattutto europea, invece i governi, il popolo e le istituzioni si sono da subito attivati in sostegno al Paese invaso. Su questo è intervenuto Massimo Gaudina, portavoce italiano della Commissione Europea: «Quello russo è stato un attacco a un modello di società contro un altro modello di società: una democrazia illiberale contro una democrazia liberale, modello a cui appartiene anche l’Ucraina. È perciò l’Occidente a essere stato colpito. Nel prime 24 ore c’è stato il primo pacchetto di sanzioni da parte della Commissione, che stanno colpendo tanti settori dell’economia russa. E poi c’è uno sforzo molto grosso sia dei Paesi che delle istituzioni, con nove miliardi di euro, rispetto ai corridoi di solidarietà per permettere al cibo, ai medicinali, ai beni di prima necessità, di arrivare. Da subito si è accordata la protezione temporanea per rifugiati, ne stanno usufruendo più di quattro milioni di ucraini. Secondo qualcuno, inviare armi e chiudere alcuni organi di informazione non sarebbero decisioni democratiche. Ma inviare armi a chi si difende è chiaramente uno strumento per garantire una pace, e l’aver chiuso licenze ad alcuni media emanazione diretta del Cremlino significa fermare uno strumento di guerra nei nostri Paesi. I valori europei continuano a essere veri in questi momenti drammatici, e tra essi possiamo inserire la categoria del coraggio».

«Il 21 novembre di nove anni fa il popolo ucraino protestò contro il mancato accordo di adesione all’Unione Europea, non firmato dall’allora presidente filorusso Yanukovich» ha ricordato Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo, intervenuta in video. «Da lì nacque Euromaidan, che per tre mesi chiese un futuro europeo per l’Ucraina, una voglia di libertà frenata nel 2014 con l’invasione della Crimea e del Donbass. Nel 2022 noi vediamo la loro voglia di libertà salda nonostante le bombe, i morti di questa immane tragedia. Gli esiti di questa guerra metteranno le basi per una difesa comune europea, una politica energetica comune europea, per progettare un’Europa diversa per domani. Dobbiamo avere il coraggio di essere davvero europei».

Quella di Euromaidan è stata una protesta iniziata dopo che centinaia di studenti vennero picchiati dalla polizia, ma, come racconta Olga Tokariuk, ha coinvolto tutti gli strati sociali: «Si manifestava contro il regime corrotto, era la protesta per la dignità, concetto cruciale per l’Ucraina moderna. La dignità è assente nel modello di società russo, che non offre un’alternativa al modello europeo».

«Il primo ricordo che ho di quella protesta» dice Grusha, «è il cartellone con scritto “Putin vai via” appeso il 21 novembre del 2013 in piazza. Il primo di dicembre in piazza era uscito un un terzo della popolazione della capitale, un milione di persone che non potevano permettere che qualcuno picchiasse così il loro figli, parenti, amici. Quando in piazza sono stati uccisi cento manifestanti io e Olga, che lavoravamo come fixer per i giornalisti italiani, eravamo in queso albergo trasformato in ospeale nella hall, lavoravamo con giornalisti italiani, prendemmo la fuga del presidente filorusso come una conquista, una vittoria».

Olga Tokariuk delinea come ci sia spesso chiesti se sia valso la pena iniziare quella protesta, sapendo cosa sarebbe successo dopo: «La risposta è sì, perché quell’evento ha dimostrato che per l’Ucraina ci sono dei valori che uniscono il Paese. È stato uno di quegli eventi storici che hanno segnato e segneranno la storia dell’Europa per molto tempo».

L’Ucraina fa parte della famiglia europea, spiega Gaudina, e nel lungo periodo la prospettiva è ovviamente quella dell’ingresso del Paese all’interno dell’Unione: «Lo status di candidato apre la strada a un’adesione futura, quando i progressi necessari saranno raggiunti. Questa guerra, e gli effetti che ha provocato, porteranno al rafforzamento di politica di difesa comune e una politica energetica comune europee».

Tokariuk ha evidenziato infine le storture di certe narrazioni che, soprattutto in Italia e soprattutto da parte di certe parti politiche e organi di stampa, vengono fatte rispetto alla guerra in Ucraina: «C’è questa narrazione dell’Ucraina che non vuole la pace, che la fine della guerra avverrà solo se l’Ucraina negozia. Contrasto questa idea: il portavoce del Cremlino Peskov e altri leader russi dicono che bombardamenti sulle infrastrutture finiranno solo se si negozierà, agendo di fatto come Stato sponsor di terrorismo per costringere Kyjiv a negoziare. Chi in Italia enfatizza la negoziazione, in che campo gioca? L’Ucraina sta vincendo sul campo di battaglia, è riuscita a liberare la maggior parte territori occupata dalla Russia. E la Russia reagisce contro i civili. In questo momento negoziare quando si sta vincendo vuol dire fare ciò che vuole il Cremlino. E poi non c’è nessuna fiducia in Ucraina che la Russia onori gli accordi, cosa che non ha mai fatto. Qualsiasi pausa o cessate il fuoco sarà a favore di Putin».