Renew ItaliaLa grande occasione del Terzo Polo arriverà con le europee del 2024, dice Renzi

Sul palco del Linkiesta Festival il leader di Italia Viva spiega che la federazione con Azione dovrà essere aperta a tante realtà e non dare una sensazione di chiusura. E tra due anni: «Guardiamo al prossimo biennio con la prospettiva di essere primi nel Paese»

Gaia Menchicchi

«Il nostro obiettivo è fare bene con il Terzo Polo da qui alle elezioni europee, dove possiamo puntare a un grande risultato: possiamo essere i primi in Italia e tra i primi in Europa. Se facciamo tutto per bene o il governo Meloni si dà una mossa o salta in aria». Sul palco del Linkiesta Festival al Teatro Franco Parenti di Milano, Matteo Renzi indica la direzione che il Terzo Polo deve seguire nel prossimo biennio: «Nel 2023 avremo le nostre occasioni, tornerà la Leopolda, faremo iniziative con i più giovani, giocheremo le nostre partite sul territorio, ma sempre in vista delle europee del 2024».

Il leader di Italia Viva arriva al Teatro Parenti, intervistato dal direttore de Linkiesta Christian Rocca, dopo giorni in cui si è fermato più volte a Milano: «Oggettivamente i risultati delle elezioni politiche sono negativi, ma dipingono un quadro nel quale Milano può giocare un ruolo strategico nei prossimi anni», dice Renzi. «Le città hanno un’anima e gli Stati nazione sono in crisi, la politica quindi passa dalle città, e prima o poi dovrà passare anche da Roma, e poi da Firenze e Venezia e da Napoli. Poi chiaramente Milano è la città in cui si giocherà la partita del 2024: se Milano fa Milano il governo Meloni va a casa».

Guardando in casa Terzo Polo, la prospettiva della costruzione di una formazione politica unica, solida, riformista e liberale, deve essere la Stella Polare. Ma non si può sperare di creare un progetto di ampio respiro ragionando solo in termini di Azione e Italia Viva.

Il 4 dicembre ci sarà l’assemblea che metterà in moto il progetto di federazione di Azione e Italia Viva, con l’idea di aprire anche a formazioni politiche diverse dai due partiti: «Io credo che se quest’area di cui stiamo parlando rimane la semplice somma di Azione e Italia Viva è un buon passo in avanti ma non basta. Per questo preferisco la federazione e non solo il partito. Perché questo è qualcosa di più, è un progetto europeo».

Una sorta di Renew Italia, modellata sull’esempio di Renew Europe, in cui «deve starci anche altra gente, non abbiamo le porte chiuse, teniamo aperte porte e finestre, perché le persone possono entrare e starci da protagonisti. Non chiederemo da dove vengono, che è una visione molta angusta della politica: il ragionamento è dare uno spazio di crescita a un’area riformista che può essere molto forte e crescere fino a diventare maggioritaria da qui al 2024».

Nel frattempo si può fare l’opposizione in modo intelligente, non con una contestazione a oltranza e senza logica. «Al governo Meloni diamo e daremo tutto il rispetto istituzionale – spiega il fondatore di Italia Viva – solo che sta mostrando una preoccupante debolezza: non c’è un argomento sul quale non torna indietro. Prima erano i rave party, poi l’immigrazione, dopo ancora sulla legge di Bilancio. La sintesi è che la Meloni arriva al 2024 col fiato corto».

Ma per sconfiggere il centrodestra politicamente e alle urne c’è bisogno soprattutto di un atteggiamento proattivo: «Dobbiamo proporre una nostra visione del mondo, di un nuovo mondo, di un Paese che punta sulla cultura, un Paese che sceglie chi innova, un Paese che guarda con preoccupazione agli emigranti e non con odio al barcone con trecento migranti mandato verso la Francia».

Lo zenit a cui far riferimento è sempre l’Europa, Bruxelles, quindi guardare a un mondo in costante mutamento, partendo da quel che succede tra Stati Uniti e Cina, al Giappone, al Regno Unito, all’Indonesia, al post guerra in Ucraina, a come cresce l’Africa e che tipo di difficoltà vive l’America Latina. «La politica è globale, ditelo ai sovranisti che le partite si giocano molto più a Bruxelles che alla Garbatella. La nostra sfida è con Renew Europe e Emmanuel Macron: noi dobbiamo stare in questo scenario globale e poi giocare la nostra partita in Italia, con i temi che sono quelli della politica internaizonale, a partire dal nucleare pulito, senza il quale non si fa la transizione energetica», dice Renzi.

In sala c’è anche Letizia Moratti, prossima ospite del Linkiesta Festival, che in Lombardia può diventare un connettore perfetto per quelle forze che vogliono liberarsi dalla politica populista e demagogica di una certa destra.

«La Moratti – spiega il leader di Italia Viva – si è staccata da chi mette in dubbio i vaccini e chi fa il populista, e questo era un enorme assist per tutti quelli che stanno all’opposizione, un assist degno di Garrincha, una palla che basta spingerla in porta ed è gol. Invece il Partito democratico ha scelto di non seguire questa strada. Ma se in Lombardia non vuoi prendere i voti del centrodestra significa che in Lombardia non vuoi vincere. Se tu vuoi impedire al centrodestra di vincere qui o impedisci agli elettori di votare, ma non dovrebbe essere costituzionalmente possibile, oppure devi andare a prendere dei voti dalla destra, ma non quelli di chi dice che la pacchia è finita con l’Europa, servono i voti dei riformisti che con i populisti si sentono a disagio».

Se in Lombardia il Pd ha scelto di allearsi con i Cinquestelle, che sul territorio sono insignificanti, nel Lazio, dove il M5S è forte, il Pd ha scelto di stare alla larga dai Cinquestelle: «Loro non prendono la palla al balzo della Moratti ma si fanno emendare da Conte. Un partito che è una certezza: di fronte a un bivio prende la strada sbagliata. Un Tom Tom guasto della politica», ironizza Renzi.

La battuta sul Partito democratico ne chiama subito un’altra, ovviamente su Giuseppe Conte, che ieri Calenda ha definito il vero leader del partito: «Nessuno ci crederebbe, ma uno come Conte ha fatto il presidente del Consiglio. Io faccio fatica a dirlo, ma apprezzo Giuseppe Conte nella sua straordinaria faccia di bronzo e di ipocrisia».

La chiusura dell’incontro Renzi la dedica al suo ultimo libro invece, di cui dice di non voler più parlare: «Il libro è servito per spiegare che quello strano non sono io. Quello che ho passato io e quello che hanno passato i miei genitori non è normale: la mia scommessa è stata aver dovuto fare quel libro lì, con dovuto aggiornamento, per non doverne più parlare».

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