Le mille luci di Bali hanno artificiosamente illuminato l’immagine di Giorgia Meloni trasformandola per i nostri telegiornali in una statista di livello planetario. L’operazione ci sta, è fatta anche bene, complimenti a lei e al suo staff – senza ironia – perché saper sfruttare un palcoscenico mondiale come il G20 (o come dice Volodymyr Zelensky, G19, data l’assenza di Vladimir Putin) non è cosa che capiti tutti i giorni.
Al summit indonesiano la premier italiana si è vista molto, unica donna premier presente – la cosa è stata sottolineata a più non posso –, nella sua immagine minuta al cospetto dei più anziani, famosi, importanti colleghi: abbiamo visto Giorgia e Joe, un quadretto di tipo familiare, la giovane e il vecchio, lui non poteva che apparire paterno, ma che differenza con Mario Draghi con cui discuteva dell’avvenire dell’economia mondiale.
Bravo lo staff a far titolare i grandi giornali, e dunque i telegiornali che gli vanno dietro, di un «patto» tra Italia e Stati Uniti, di un vero e proprio «asse»: ma dove? Capirai che intesa: la promessa di rivedersi – e ci mancherebbe – e forse uno sconticino sul prezzo del gas americano.
Semmai va osservato che in un summit dominato dal capo della Casa Bianca, fresco di un’inaspettata affermazione alle elezioni di midterm, è stato facile per Giorgia fare l’amerikana, facendo finta che nel suo governo non siedano amici o ex amici di Mosca, e che il suo stesso partito, insomma, non è esattamente ai valori della Costituzione americana che s’ispiri.
Ma tutto fa brodo, e l’occasione era troppo ghiotta. Naturalmente è bene che la premier abbia ribadito una posizione netta a sostegno dell’Ucraina, ma è anche vero che il clima generale lo consentiva: avrebbe fatto una battaglia politica in un contesto diverso? E anche a proposito dell’incidente dei missili caduti in territorio polacco ha sposato la linea occidentale («È comunque responsabilità russa»), su questo il governo mantiene una posizione giusta a differenza di un pezzo dell’opposizione, quello filo-moscovita di Giuseppe Conte e di larga parte dell’elettorato della sinistra e del mondo cattolico, i soggetti della manifestazione del 5 novembre.
Detto questo, è chiaro che laddove Draghi rappresentava un obbligato crocevia di pensiero e di linea, Meloni è tecnicamente l’ultima arrivata e a quel livello la differenza è fin troppo evidente.
La presidente del Consiglio riporta in Italia la sua operazione d’immagine, le fotografie con i grandi del pianeta, il ricordo degli incontri bilaterali con Xi, Biden, Modi. Mica male per le cornici d’argento nel salotto di casa. Con gli europei però poco o nulla, e lei fa politica in Europa, ha fatto giusto «due chiacchiere con Michel».
Emmanuel Macron non l’ha degnata di uno sguardo a riprova che la frattura con la Francia sarà difficilmente sanabile anche perché ogni giorno Matteo Salvini e il suo braccio destro Matteo Piantedosi rincarano la dose in termini di durezza e disumanità nei confronti dei migranti.
L’opinione pubblica sarà rimasta colpita da questa giovane donna per la prima volta in vita sua faccia a faccia con la Grande Politica, addirittura con la Storia, un ottimo spot con tanto di figlioletta al seguito che fa molto “umano” e segnala che la Famiglia con la F maiuscola non arretra dinanzi alla politica persino ai suoi massimi livelli planetari.
Da Garbatella al G20 il salto è spaventoso, e questo è un fatto. Spente le luci di Bali, Giorgia Meloni si gode il suo momento di popolarità, che lei però non deve confondere con il consenso, che questo è ben più faticoso da ottenere e consolidare, e a Roma trova un’economia imballata e un sottosegretario alla Sanità che non crede ai vaccini. Bentornata nella realtà.