Avvocata del popoloLa vittoria di Pirc Musar è un altro segnale che la Slovenia è sempre più lontana da Visegrád

La prima donna alla presidenza rivendica l’europeismo, l’allargamento dell’Ue ai Balcani e i diritti civili, specie dopo la storica equiparazione tra coppie etero e gay

Nataša Pirc Musar, prima presidente donna della Slovenia
AP/Lapresse

Vicino all’Europa, lontano da Visegrád. Nataša Pirc Musar è la prima presidente donna della Slovenia. Nel discorso della vittoria, ha citato il cambiamento climatico e la piena adesione agli ideali fondati dell’Ue. Al ballottaggio ha sconfitto Anže Logar, un pretoriano dell’ex premier Janez Janša, e insieme a lui il passato sovranista che guardava a Viktor Orbán come modello.

Lubiana ha da poco equiparato i matrimoni gay con quelli etero (l’Italia ancora non lo ha fatto): la rimonta dell’avvocata segna la continuità nel processo di riforme ed è una buona notizia per l’allargamento dell’Unione nei Balcani. Il primo ministro verde Robert Golob l’ha appoggiata dopo aver pasticciato con le candidature, ora il governo è atteso dalla prova delle elezioni locali e dei referendum convocati dall’opposizione.

Bipolarismo alla slovena
«Solo un idealista potrebbe dire che questo voto non è una battaglia tra i valori liberali e quelli conservatori» aveva chiarito Pirc Musar in campagna. Al primo turno è arrivata seconda, staccata sette punti percentuali da Logar. Le forze progressiste erano divise. Dopo il trionfo ad aprile, gli ambientalisti di Golob hanno bruciato Marta Kos, diplomatica di carriera che si è ritirata per il mancato appoggio della coalizione, prima di convergere sull’eurodeputato Milan Brglez dei Socialdemocratici. Il terzo azionista dell’esecutivo, la sinistra, ha riesumato l’anticapitalista Miha Kordiš, un nostalgico di Tito.

Insomma, il centrosinistra che si era unito contro Janša non ha resistito al frazionismo. La litigiosità ha favorito la corsa da indipendente dell’ex Garante della Privacy con la passione per il bowling, le motociclette e come riferimento Mary Robinson, la storica prima presidente donna dell’Irlanda negli Anni Novanta. Pirc Musar ha incassato l’appoggio di due figure autorevoli, e predecessori nella carica, come Milan Kučan e Danilo Türk.

Si è potuta presentare come possibile nome unitario di tutta l’area politica nel duello con la destra. Logar ha passato gli ultimi giorni a prendere le distanze da Janša, di cui è stato ministro degli Esteri, ma l’autonomia a tempo scaduto non ha funzionato. Ha perso, fermandosi al quarantasei per cento, contro il cinquantaquattro della rivale.

«Il leader del Movimento Libertà – spiega a Linkiesta Mojca Zorko, redattrice di Sta, la principale agenzia giornalistica slovena –, il primo ministro Golob, nel congratularsi con Pirc Musar si è detto convinto che loro due “coopereranno per risolvere le sfide comuni e rafforzare una società aperta e inclusiva che metta al primo posto la solidarietà e gli sforzi comuni per lo sviluppo della nazione a beneficio di tutti”. Pirc Musar è etichettata come una promotrice dei diritti umani, dello stato di diritto, dell’indipendenza dei media, della libertà e del dialogo rispettoso: dovrebbe essere un terreno comune per lavorare insieme al governo».

Il bivio tra passato e futuro
«I giovani mettono sulle nostre spalle la responsabilità del pianeta perché le prossime generazioni, i nostri figli, possano vivere in un ambiente sano e pulito» ha detto la neopresidente nella sera del trionfo. Ha promesso di connettere il Paese al «cuore dell’Europa» e di promuovere il dialogo. Lo richiede il ruolo istituzionale.

Anche se i suoi poteri saranno soprattutto cerimoniali, da capo di Stato comanderà le forze armate e potrà nominare i governatori della Banca centrale, i governi, i membri della Corte costituzionale (con il vaglio del Parlamento) e della commissione Anticorruzione. Sembra avere intenzione di interpretare il mandato in modo più interventista, però, e dal palco ha detto che il voto indica quale direzione vogliono i cittadini per il loro futuro. Quella dei diritti.

Pirc Musar si sente un’outsider, ma è un volto noto. Una «riserva della Repubblica», diremmo in Italia. Classe 1968, laurea in Legge a Lubiana e un dottorato a Vienna, ha un passato da giornalista televisiva prima di passare al “pierraggio”. È stata per un decennio Garante della Privacy, tra il 2004 e il 2014, anche sotto i governi dell’avversario Janša, e il suo studio legale ha assistito Melania Trump, moglie dell’ex presidente americano, in alcuni casi nel suo Paese d’origine.

L’hanno chiamata come direttrice generale della tv pubblica, quando il posto è saltato ha vinto il ricorso in tribunale. Ha collaborato con l’Europol, per la protezione dei dati in Montenegro, Serbia e Ucraina. È stata presidente della Croce Rossa slovena e, come attivista e avvocata, è considerata una paladina dei diritti Lgbtqi+. Per Golob potrebbe essere una preziosa alleata.

«Ha già dichiarato che non si muoverà da sola sulla Politica Estera – continua la giornalista –. Ha una certa esperienza a livello internazionale, ha partecipato al Consiglio d’Europa come esperta di diritti umani, quindi non mi aspetto grandi divergenze tra l’esecutivo e la nuova presidente, almeno non sùbito e non allo scoperto. Detto questo, ha le sue opinioni e ha messo in chiaro che parlerà ogni volta che lo riterrà necessario, ma ha anche promesso di non immischiarsi nell’attualità politica tutti i giorni. È della stessa area politica dei partiti di governo, quindi sono vicini in termini di valori, ma vedremo come coopereranno in futuro».

Il nuovo corso di Lubiana
L’invasione russa del 24 febbraio ha spaccato il Gruppo di Visegrád. Dopo essere stata per anni sulla porta, la Slovenia può declinare i goffi tentativi di calciomercato del V4. Tra i molti effetti della guerra in Ucraina, come ha scritto Foreign Policy, c’è stato quello di emancipare l’Europa centrale.

Al Consiglio europeo del suo debutto, quest’estate, Golob ha parlato anche per conto di altre nazioni, esprimendo la posizione di Belgio, Olanda e Lussemburgo. Con l’eccezione dell’Ungheria, la Mitteleuropa ha sciolto ogni ambiguità, è al fianco di Kyjiv. Archiviare le suggestioni sovraniste paga, senz’altro in termini di influenza politica.

Pirc Musar è una convinta sostenitrice dell’allargamento dell’Ue nei Balcani e, in quest’ottica, vorrebbe rilanciare il formato Brdo-Brijuni, cioè il summit annuale con i Paesi in lista d’attesa per entrare in Europa, la cui regia è condivisa con la Croazia. Non a caso, il primo viaggio ufficiale non la porterà a visitare il più ingombrante partner commerciale, cioè la Germania, come inizialmente ipotizzato, ma sarà un tour nei Balcani occidentali.

«Crede nei valori europei, nello stato di diritto e nella Slovenia al centro dell’Europa, che vede come un blocco costruttivo e un pilastro della pace – spiega Zorko –. Ha già parlato con la presidente del Kosovo e le ha comunicato la prosecuzione del Brdo-Brijuni, che è stato fondato dal presidente uscente Borut Pahor. Ma vorrebbe che questo processo portasse risultati, quindi è decisa a trovare punti di contatto con i leader dei Balcani, per ottenere passi in avanti reali nei rapporti tra le nazioni, non solo meeting. È interessante che prima di esprimersi sui Balcani, durante la campagna, abbia chiesto consigli agli ex presidenti Kučan e Türk. Ha anche annunciato che li consulterà regolarmente, come il presidente Pahor».

Per quanto riguarda l’Italia, è già inclusa nelle tappe successive. Non solo perché confinante. Pirc Musar ha fatto sapere che incontrerebbe «con il più grande piacere» il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per continuare nel solco dei buoni rapporti con il suo predecessore Pahor. La sua presidenza promuoverà i diritti civili, dopo che il Paese a ottobre ha recepito le indicazioni della Corte costituzionale e ha equiparato il matrimonio eterosessuale a quello omosessuale, aprendo anche alle adozioni. Lubiana figura insieme a Benelux, Francia, Germania, Spagna e Paesi nordici tra gli Stati più avanzati sul tema (a differenza dell’Italia).

Le prossime prove
La discussione in aula per la svolta legislativa è stata un «dibattito tra sordi». Da un lato, l’arco progressista che ha spinto convintamente per eliminare le disparità. Dall’altro, la destra e i pasdaran della «famiglia tradizionale» a brandire Bibbie e minacciare sommosse di piazza. Golob prima e Pirc Musar poi sono riusciti ad arginare i sovranisti dei Democratici (Sds) di Janša nei due appuntamenti elettorali cruciali del 2022, garantendo ai progressisti le due cariche più importanti del Paese.

Ma li aspettano già due nuovi test. Innanzitutto il voto locale, tra fine novembre e inizio dicembre, dove il Movimento Libertà del premier potrebbe scontare lo scarso radicamento sul territorio. Sempre a fine mese, si terranno i tre referendum che l’opposizione sogna di usare per abbattere l’esecutivo. Sono molto specifici e colpiscono alcune iniziative di Golob: una riforma per «depoliticizzare» il servizio pubblico RTV Slovenija con l’istituzione di un cda al posto del direttore unico; la creazione di tre nuovi ministeri e, infine, il rinvio di un provvedimento sull’assistenza sanitaria di lungo periodo.

Insomma, punti molto precisi. Ma Janša vorrebbe strumentalizzarli, come ha già fatto sulle firme raccolte (cinquantamila invece delle quarantamila richieste). L’abrogazione scatta solo se è raggiunto il quorum del venti per cento del corpo elettorale.

«Pirc Musar è un’incognita politica – conclude Zorko –, ma al tempo stesso è molto conosciuta per le sue posizioni del passato, grazie alle quali è riuscita a consolidare una vasta fiducia da parte dei cittadini che è forse la sua più grande risorsa».