«La libertà delle nazioni ha un costo». Nella sua prima conferenza stampa di fine anno, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni conferma «la volontà dell’Italia di mantenere gli impegni assunti in sede Nato», e cioè l’aumento delle spese militari al due per cento del Pil. «In quanto tempo dipenderà dalle condizioni che ci circondano, ma faremo la nostra parte, ne va della nostra credibilità. Ci rendiamo conto oggi, al di là della facile retorica sui soldi spesi in armi, che se appalti la tua difesa a qualcun altro, non lo fa gratis».
Alla domanda di una giornalista della Tass (l’agenzia di stampa russa) che auspicava una riconciliazione con Mosca, Meloni è tranciante: «Credo che le scelte che il governo di Mosca sta facendo non debbano ricadere sul popolo russo. Sono scelte di violazione del diritto internazionale: se la comunità internazionale dovesse accettarle, farebbero crollare l’intero castello della nostra costruzione giuridica globale. Il principio che la Russia vuole far passare, cioè che chi è militarmente più forte può invadere il suo vicino, è per noi inaccettabile».
«Alle nostre imprese e ai nostri cittadini può mancare il turismo russo o in Russia, ma ci sono cose che non si possono piegare ai nostri desideri – conclude la presidente –. Spero che prima o poi il governo russo si renda conto dell’enorme errore che sta facendo e decida di fermare questa inconcepibile guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina. Finché non avverrà, difenderemo la sovranità di una nazione che sta dimostrando quanto creda nella sua libertà e nell’amore per la sua patria, qualcosa di cui ho un enorme rispetto».
Meloni condanna anche il tentativo di silenziare il dissenso con la violenza del regime iraniano. «È inaccettabile quello che sta succedendo. Finora abbiamo tenuto un approccio dialogante, ma è inevitabile che se le repressioni nei confronti dei manifestanti non dovessero cessare, e se non si dovesse tornare indietro nel comminare la pena di morte agli innocenti, l’atteggiamento dell’Italia dovrà cambiare completamente».
Sulla pandemia, la premier parla di situazione «sotto controllo». Il sequenziamento dei primi casi positivi arrivati dalla Cina ha individuato, nei primi test, la variante Omicron, già diffusa sul territorio nazionale. «Monitoriamo minuto per minuto», assicura Meloni, che apre alla creazione di un osservatorio dedicato. «Ci siamo mossi immediatamente, in coerenza con quanto avevamo chiesto di fare in passato». La presidente chiede all’Ue di introdurre il tampone per chi arriva in Europa dal Paese asiatico, come previsto dall’Italia, perché la misura sia «completamente efficace» e non sia vanificata dagli scali.
I ministri Schillaci e Salvini hanno già scritto agli omologhi commissari europei. Sul futuro «ci muoviamo in base a quello che dovremo affrontare – risponde Meloni –. Credo che la soluzione siano sempre i controlli, continuano a essere utili i tamponi e le mascherine. Il modello di privazione delle libertà che abbiamo conosciuto in passato non mi è parso efficace, credo che lo dimostri il cinese. Bisogna lavorare preventivamente sulla responsabilità dei cittadini più che sulla coercizione». Il governo invita anziani e categorie fragili a vaccinarsi.
La premier rivendica gli sforzi dell’esecutivo per «proiettare l’Italia su una dimensione mediterranea, dove può giocare un ruolo centrale e strategico». Si attribuisce un successo sull’inserimento del Mediterraneo centrale tra le priorità della Commissione europea. In questa visione, è fondamentale allearsi con gli altri Paesi che si affacciano sul mare nostrum. «Non intendo un blocco navale con le navi della marina, la mia ipotesi è una missione europea in accordo con le autorità del Nord Africa per fermare le partenze».
Sul Qatargate bisogna «andare fino in fondo senza fare sconti», le istituzioni europee devono dare una risposta per non dimostrare vulnerabilità. «Mi innervosisce di questa vicenda che alcuni colleghi internazionali definiscano questi fatti come “Italian job”, come se fosse una macchia sulla nostra nazione. Non riguarda solamente italiani, semmai una famiglia politica. Difendo l’integrità italiana di fronte agli attacchi strumentali».
Sul Fondo Salva-Stati, Meloni chiede un confronto al direttore del Mes. «La questione della ratifica è secondaria. L’Italia non accederà mai al Mes finché io conto qualcosa, ma temo che neanche gli altri accederanno. Dopo la Grecia non è stato attivato da nessuno. Ratifica o non ratifica, temo che quel fondo non verrà utilizzato: le condizioni sono troppo stringenti e il Mes è un creditore privilegiato, ci sono problemi significativi di spendibilità dei titoli di Stato. Siamo nella posizione di tenere bloccate decine di miliardi di euro in un momento in cui tutti hanno bisogno di risorse?»
Per gli obiettivi del Pnrr «ha funzionato la staffetta», sono escluse nuove tasse sulla casa, «bene sacro e non pignorabile». La legge di bilancio, approvata in mattinata al Senato con la fiducia, è «una manovra politica» e nel centrodestra c’è concordia: «Mi fido dei miei alleati al governo. Al di là di dibattiti naturali in una maggioranza c’è una visione comune. In passato ci è stato detto che per decreto si poteva creare il lavoro o abbattere la povertà, ma non è così. Il lavoro lo creano le aziende, ci stiamo muovendo in questo senso».
Come da rito, la cerimonia è officiata dall’Ordine dei giornalisti e dall’Associazione stampa parlamentare. Meloni scherza sulla sua appartenenza alla categoria (è professionista dal 2006) e traccia un ritorno a quel mestiere nel futuro dopo Palazzo Chigi. «Da iscritta all’Ordine, considero un giorno di tornare alla professione. La politica dev’essere un periodo transitorio per ognuno di noi», dice.