La nuova strategia di KyjivI droni ucraini colpiscono le basi aeree russe

È la prima volta che l’Ucraina colpisce la Russia così in profondità, prendendo di mira luoghi militari generalmente ritenute intoccabili. Gli attacchi dimostrano la capacità di Zelensky di attaccare a distanze così lunghe. Mosca ha risposto con una raffica di bombardamenti sulle infrastrutture delle città, molto delle quali rimaste senza luce e acqua

(La Presse)

Un serbatoio di petrolio nell’area dell’aeroporto della città russa di Kursk ha preso fuoco a seguito di un attacco tramite droni. Lo ha comunicato su Telegram il governatore della regione, Roman Starovoit. È il terzo attacco verificatosi dopo che altri droni lunedì 6 dicembre hanno colpito l’aeroporto militare russo di Ryazan, 200 chilometri a Sud di Mosca, e lo scalo di Engels, vicino a Saratov. Le esplosioni, secondo fonti ufficiali russe e ucraine, sono il risultato di attacchi di droni lanciati dall’Ucraina per colpire i bombardieri a lungo raggio di Mosca. Il ministero della Difesa russo ha fatto sapere che due dei suoi aerei strategici sono stati danneggiati e tre militari uccisi.

I droni, scrive il New York Times, sono partiti dal territorio ucraino e almeno uno degli attacchi è stato effettuato con l’aiuto di forze speciali vicine alla base che hanno aiutato a rintracciare l’obiettivo. È la prima volta che l’Ucraina colpisce la Russia così in profondità, prendendo di mira basi militari generalmente ritenute intoccabili. Gli attacchi indicano ora la volontà da parte di Kyjiv di portare il combattimento nel cuore della Russia, alzando la posta in gioco nella guerra e dimostrando per la prima volta la capacità dell’Ucraina di colpire a distanze così lunghe.

L’aeroporto militare russo di Ryazan ospita il centro di addestramento per l’aviazione a lungo raggio e gli aerei cisterna. L’aeroporto di Engels, vicino a Saratov, è il punto di partenza dei bombardieri strategici russi utilizzati per gli attacchi sull’Ucraina. Engels-2 e Ryazan si trovano tra le 300 e 450 miglia dal confine con l’Ucraina, oltre la portata dei missili di Kyjiv. Ore prima delle esplosioni, l’azienda di armi ucraina Ukrobonoprom ha affermato di aver testato con successo un drone suicida con una testata che sarebbe stata in grado di raggiungere entrambe le posizioni. Incursioni simboliche, che non causano gravi danni ma incrinano la credibilità interna di Vladimir Putin. Il tutto accade mentre il Wall Street Journal ha scritto che gli Stati Uniti avrebbero segretamente modificato i lanciarazzi Himars che hanno consegnato all’Ucraina in modo che non potessero essere usati per colpire direttamente la Russia.

Poco dopo gli attacchi, la risposta della Russia non si è fatta attendere, con una raffica di missili verso le città ucraine, la maggior parte dei quali – secondo il presidente Zelensky – è stata intercettata dalle forze di difesa di Kyjiv. Un missile è finito in Moldavia, non lontano dal confine ucraino. Drammatica la situazione in molte città dell’Ucraina, rimaste senza luce e senza acqua.

Si tratta dell’ottavo bombardamento su larga scala portato a termine in due mesi. I bersagli privilegiati sono sempre gli stessi: gli snodi della rete elettrica, in modo da bloccare le forniture di energia. Gli impianti sono stati distrutti più volte e i tecnici faticano a ripararli, anche per la carenza di pezzi di ricambio. Da una parte si cerca di lasciare la popolazione al buio e al freddo, con le temperature che sono scese in molte zone sotto lo zero. Dall’altra si punta a paralizzare le linee ferroviarie, fondamentali per alimentare la resistenza al fronte. Senza treni, l’esercito ucraino rischia di restare disarmato. Il gestore dell’energia Ukrenergo ha annunciato blackout in tutto il Paese – il 40 per cento della provincia di Kyjiv è senza luce – per destinare la corrente “alle infrastrutture essenziali”.

La logistica – come spiega Repubblica – è l’elemento determinante: ogni giorno gli eserciti necessitano di migliaia di tonnellate di combustibile e munizioni. Lo si comprende anche dal gesto di Putin, che ieri ha percorso a bordo di una Mercedes il ponte di Kerch, il lungo viadotto che unisce Russia e Crimea fatto saltare in aria l’8 ottobre e parzialmente ricostruito. L’esplosione del ponte ha pesato sulle decisioni dei generali russi, contribuendo alla ritirata da Kherson.

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