Prenotare una seduta di terapia nel metaverso? Suona bizzarro, ma potrebbe rivelarsi efficace. Diverse ricerche recenti dimostrano come l’utilizzo della realtà virtuale risulti utile per il trattamento di pazienti che soffrono di ansia, depressione, disturbi alimentari, disturbo post-traumatico da stress e fobie di vario genere.
In uno studio pubblicato quest’anno da Miguel Barreda Ángeles e Tilo Hartmann della Vrije Universiteit di Amsterdam, i due ricercatori hanno registrato diversi benefici psicologici in termini relazionali e di socialità nei soggetti sottoposti a esperienze di realtà virtuale (VR), attraverso visori e altri dispositivi. Il vantaggio del cyberspazio è quello di far sentire le persone immerse in una dimensione che assomiglia a quella reale, ma è simulata; in questo modo anche l’esperienza psicologica del soggetto è diversa da quella che vivrebbe nel mondo vero.
Si tratta di un campo di ricerca nato recentemente. Durante la pandemia, il settore della telemedicina è decollato e oggi secondo i sondaggi più della metà delle persone preferisce fare terapia online piuttosto che di persona. Questa disponibilità a rivolgersi a internet per una consulenza psicologica ha fatto sì che la ricerca nell’ambito della salute mentale iniziasse a considerare la realtà virtuale – chiamatela pure metaverso – come uno strumento serio per il trattamento dei disturbi.
Così, mentre Mark Zuckerberg brucia miliardi nell’obiettivo di creare il suo personale luna park virtuale, alcuni innovatori hanno iniziato a proporre soluzioni concrete che potrebbero rivoluzionare il campo della psicoterapia.
Ne è un esempio NorthStar Care, compagnia statunitense che offre una piattaforma digitale per il trattamento del disturbo legato all’abuso di alcol. Quando i pazienti si iscrivono al programma, ricevono per posta un visore per la realtà virtuale. I partecipanti possono incontrare nel metaverso di NorthStar Care i propri mentori e conoscere altri individui che stanno seguendo il percorso di riabilitazione. Il tutto, con la possibilità di mantenere l’anonimato e stimolare gli individui a stringere rapporti per affrontare il trattamento in un contesto di condivisione.
Ma non è tutto. Fin dall’alba dei tempi, numerose culture in giro per il mondo hanno utilizzato sostanze allucinogene non solo a scopo psichedelico (con finalità spirituali o di intrattenimento), ma anche per far fronte a problematiche mentali di cui spesso si sapeva poco. Attualmente negli Stati Uniti esistono più di cinquanta aziende legate allo sviluppo e alla somministrazione di farmaci psichedelici che sono quotate in borsa.
Si prevede che questo mercato crescerà da due miliardi di dollari nel 2020 a 10,75 miliardi entro il 2027, un tasso di crescita che potrebbe addirittura superare quello della cannabis legale.
Le aziende farmaceutiche americane stanno investendo molto in sostanze psicoattive come la psilocibina e l’Mdma per trattare problemi di salute mentale comuni come la depressione, l’ansia e il disturbo da stress post-traumatico, all’interno di un mercato che non è mai stato così florido come oggi.
In ambito farmacologico l’uso di psicoattivi come l’ayahuasca – un decotto a base di piante allucinogene originario dell’Amazzonia – può comportare effetti indesiderati e particolarmente gravi. Nel metaverso si può vivere un’esperienza allucinatoria simile, ma in modo simulato e totalmente controllato: grazie alla realtà virtuale si potrebbero ottenere gli stessi benefici cerebrali offerti dalle allucinazioni, senza i rischi collaterali prodotti dai principi attivi delle sostanze.
A testimoniare l’efficacia di questo approccio c’è uno studio pubblicato su Scientific Reports, che ha dimostrato come alcuni partecipanti che hanno sperimentato un’allucinazione simulata siano diventati in seguito più flessibili dal punto di vista cognitivo, migliorando anche la propria capacità di adattamento sociale. Si tratta di un campo di studio ancora nascente, ma potenzialmente rivoluzionario.