Gli equilibri energetici e politici della Moldova sono messi a dura prova dall’invasione russa dell’Ucraina. La piccola repubblica post-sovietica ha tentato di ridurre la propria dipendenza dalla Russia, da cui importa gas naturale e dalla regione separatista russofona della Transnistria, da cui riceve elettricità, ma con scarsi risultati. Chisinau ha siglato un accordo con la Transnistria che impegna la Moldova a scambiare il gas naturale con l’elettricità dei separatisti.
L’intesa ha posto fine ai tentativi di diversificazione energetica degli ultimi mesi e mirati ad azzerare l’import dalla Transnistria e sostituirlo, a costi maggiori, con quello di Romania ed Ucraina. I problemi economici della Moldavia, che è anche la nazione più povera d’Europa, e l’instabilità della rete elettrica di Kyjiv, danneggiata dalle bombe russe, si sono però rivelati troppo complessi da superare.
La Moldavia, secondo quanto riferito dall’Agenzia internazionale dell’energia, dipende per l’ottanta per cento del suo consumo di elettricità dalla centrale transnistriana di Cuciurgani-Moldavakaya, mentre solamente il venti per cento del fabbisogno interno viene prodotto nel territorio sotto il controllo del governo.
La Transnistria, una piccola regione moldava schiacciata tra il fiume Dniester e l’Ucraina, è sotto il controllo di un governo separatista dal 1992 e ospita basi militari della Federazione russa. La regione è legata a Mosca che, proprio nel 1992, gli fornì supporto militare necessario durante la guerra civile. Da allora questo territorio si autogoverna anche se nessuna nazione indipendente ne ha mai riconosciuto l’esistenza.
I moldavi sono divisi tra chi non intende sottoporsi ai ricatti russi e chi ritiene che sia meglio compiacere Vladimir Putin per ottenere più gas. La divisione tra filo-russi e filo-occidentali è molto radicata tra la popolazione ed è presente anche nello scacchiere politico. I partiti vicini a Bruxelles, liberali, si sono alternati al potere con quelli socialisti vicini a Mosca.
Al potere oggi ci sono i liberali, che esprimono tanto la presidente della Repubblica, Maia Sandu, quanto la prima ministra, Natalia Gavrilița. Il dibattito è molto acceso e non mancano momenti di tensione. Il tema del possibile ingresso nell’Unione europea, molto lontano a causa dei problemi economici e dello scarso convincimento degli Stati membri, divide gli schieramenti mentre sull’Alleanza Atlantica ci sono pochi dubbi dato che la Moldova è, per Costituzione, una nazione neutrale.
Secondo un sondaggio, riportato da Eu Neighbours East, il 74 per cento dei moldavi ritiene che la propria nazione e l’Unione europea siano in buoni rapporti e il sessanta per cento ha stima dell’Unione (appena il 9 per cento non nutre fiducia nei suoi confronti). Il 57 per cento dei moldavi si fida più dell’Unione europea che di qualunque altra organizzazione internazionale.
La presidente Sandu, una ex economista della Banca Mondiale al potere dal 2020, ha promesso di porre fine alla corruzione delle precedenti amministrazioni e di far diventare la Moldova uno Stato membro dell’Ue. La dipendenza dal gas della Russia è, però, una spina nel fianco che rischia di affossare la sua agenda politica.
Arthur Lorkowski, direttore dell’Energy Community Secretariat, ha spiegato al Financial Times che «la Russia ha minato per decenni i tentativi di diversificazione moldava offrendo risorse energetiche a un prezzo basso». Solamente il tre per cento del fabbisogno energetico nazionale deriva dalle rinnovabili ed il governo si è rivolto a Bruxelles, con scarsi risultati, per ottenere fondi destinati al settore energetico.
Andrei Spinu, ministro delle Infrastrutture e vicepremier, ha dichiarato a Politico che «la Moldavia si trova in una situazione di rischio estremo» perché «la carenza di energia ha raggiunto un livello critico e siamo solamente all’inizio dell’inverno». La premier Gravilita ha sottolineato come «la crisi energetica e l’impatto della guerra abbiano fatto aumentare il costo della vita è ridotto il potere d’acquisto dei moldavi» e ha espresso preoccupazione «per l’erogazione della coesione sociale e l’instabilità politica derivanti da questa situazione».
Karolina Sugarova, che lavora per l’organizzazione umanitaria People in Need, ha evidenziato il fatto che «quasi tutti in Moldavia, con pochissime eccezioni, hanno bisogno di aiuto per far fronte al caro energia». Sempre Sandu ha dichiarato, durante una conferenza stampa, che «i tentativi di destabilizzare il nostro Paese stanno diventando più frequenti» e che sono perpetrati «da quelli che vogliono la guerra ed il caos».
Per la presidente, la responsabilità è «delle persone che hanno promesso a Mosca di rimuovere la leadership filo-europea ed aprire la strada ad una nuova classe dirigente che permetta alla Russia di coinvolgere la Moldavia nella guerra».
Le parole del Capo di Stato erano dirette al partito di opposizione Shor, un gruppo pro-Russia accusato di aver organizzato le proteste, di aver pagato i dimostranti e di averli portati a Chisinau con degli autobus per farli accampare fuori dal Parlamento. Questa formazione, satellite del Cremlino di cui rigurgita la propaganda, accusa l’Ucraina di aver iniziato la guerra, condona le azioni di Vladimir Putin e critica tanto la Romania quanto gli Stati Uniti.