La Moldavia e la Transnistria sono ormai nel mirino della Russia. Lo avevamo anticipato lo scorso marzo, ma adesso il pericolo sembra decisamente più reale. Da giorni la piccola regione separatista filorussa – il legame è evidente dalla bandiera, dove ancora campeggiano falce e martello –si susseguono le esplosioni e gli attentati contro obiettivi militari, infrastrutture russe come le torri radio, e le sedi governative, come il ministero della Sicurezza interna.
Secondo il governo della sedicente Repubblica del Dnestr la responsabilità degli attacchi sarebbe degli ucraini. Tesi smentita da Kiev, che invece propende per l’attacco russo sotto falsa bandiera. Per Mosca questo è un chiaro segnale di una tendenza in atto già da tempo: in un’intervista alla Pravda, il politologo di Russia Unita Sergej Markov ha dichiarato che «il dislocamento di truppe rumene in Moldavia avrebbe lo scopo di annettere la Transnistria insieme agli ucraini e alla Nato e reprimere la popolazione russofona».
Ancora più duro è stato Viktor Vodolatsky, primo vicepresidente della Commissione per gli affari interetnici della Duma russa: «Ci sono dei nostri cittadini in Transnistria. Loro, come quelli di Luhansk e Donetsk, vogliono un futuro sicuro con la Russia. Non dobbiamo permettere a Maia Sandu e ai suoi curatori rumeni di iniziare oggi un’altra guerra in Transnistria. Tutto questo nazismo, che ha messo radici accanto a noi, ha solo bisogno di essere distrutto, sradicato e dimenticato per molti anni». Parole che non sono molto diverse da quelle usate dal governo russo prima dell’invasione dell’Ucraina.
Il pericolo per la Moldavia
A Chisinau il pericolo viene vissuto come incombente. La premier Maia Sandu ha convocato il Consiglio di Sicurezza nazionale e al termine ha espresso profonda «preoccupazione per quanto accade nella regione, un chiaro tentativo di far entrare la Transnistria nel conflitto tra Russia e Ucraina».
Il timore del governo moldavo è che alla fine si realizzi quello che non è mai successo in quasi 30 anni: l’indipendenza della Repubblica separatista del Dnestr. Tiraspol sogna l’indipendenza da Chisinau e adesso potrebbe trovare la sponda perfetta nel Cremlino che, finora, ha sempre ignorato le sue richieste.
La sproporzione tra le forze in campo sarebbe notevole: l’esercito della Moldavia conta poche migliaia di uomini e non è mai stato impegnato in vere e proprie operazioni di guerra data la sua storica neutralità, confermata anche di recente dalla scelta di non ipotizzare alcun ingresso nella Nato. La Russia invece avrebbe non soltanto un esercito più numeroso e ben formato, ma potrebbe contare anche su un arsenale bellico di tutto rispetto, visto che in Transnistria sono presenti riserve di munizioni ed equipaggiamenti per quasi 22mila tonnellate, un lascito dell’epoca sovietica, con 1.500 uomini a presidiarli.
Anzi, riportando quanto scritto da Nello Scavo ieri su Avvenire, gli uomini nella regione sarebbero persino raddoppiati, giungendo fino a quasi 3mila unità, alle quali vanno aggiunti i soldati russi presenti come forze di peacekeeping e l’esercito della Transnistria.
Non sembra perciò tanto peregrina l’affermazione di Rustam Minnekayev, comandante ad interim del distretto militare centrale, che alcuni giorni fa ha dichiarato «che il controllo dell’intero sud dell’Ucraina garantisce il passaggio alla Transnistria». Un simile armamentario al confine più occidentale del cosiddetto Ruskij Mir (il mondo russo) sarebbe utile a Mosca anche per concludere la guerra in Ucraina: occupando la Transnistria, la città di Odessa, finora roccaforte ucraina inespugnabile, sarebbe attaccata da due lati.
«La Transnistria però non avrebbe ragioni di muovere guerra all’Ucraina, con cui intrattiene numerosi affari: l’unica ragione è un ordine diretto da Mosca», sostiene a Linkiesta Eleonora Tafuro, ricercatrice dell’Ispi. E anche per la Russia muovere guerra, anche se in modo indiretto, a Chisinau, sarebbe insensato, visto che «la Moldavia già dipende dalla Russia dal punto di vista energetico e non solo, come dimostra anche la volontà di Chisinau di non applicare le sanzioni volute dall’Occidente nei confronti di Mosca. Controllare maggiormente la Transnistria vorrebbe dire rafforzare un bastione strategico, raggiungibile però solo dopo un lungo passaggio attraverso l’Ucraina del sud, che al momento non si sta realizzando», conclude Tafuro.
La postura della Romania
Un arrivo massiccio dei Russi in Transnistria avrebbe un significato prima di tutto simbolico, perché avere i soldati di Putin alle foci del Danubio costituirebbe un problema non solo per la Moldavia ma anche per la Romania che, al contrario di Chisinau, è dentro sia l’Unione europea che l’Alleanza atlantica.
Bucarest sostiene di volersi mantenere distante da quanto succede, o potrebbe succedere, nel Paese vicino, anche se di certo non resterà a guardare. «La Romania, in quanto membro della Nato, non può compiere un tale gesto, perché la Nato, secondo l’articolo 5, può intervenire solo quando uno Stato membro della Nato viene attaccato. Sosteniamo la Repubblica di Moldova in ogni modo possibile, ma l’Alleanza atlantica non può intervenire sul territorio di uno Stato terzo», ha dichiarato il ministro della Difesa Vasile Dîncu in un’intervista a Free Europe.
Bucarest, come detto, non resta a guardare: come ha dichiarato un diplomatico europeo presente in Moldavia ad Avvenire «Chisinau dista un’ora d’auto dal confine con la Romania, uno Stato dell’Unione europea che aderisce alla Nato. Ma se anche Mosca rinunciasse a farne un facile boccone non bisogna dimenticare che la regione ucraina di Odessa a sud confina proprio con la Romania, e non ci sarebbe bisogno di conquistare la Moldavia per minacciare un’espansione del conflitto alle porte dell’Europa».
Come sottolinea anche Tafuro «per questo il governo di Bucarest è uno dei più attivi in seno all’Alleanza atlantica. Un particolare che non è sfuggito nemmeno al Cremlino, visto che la Romania è una delle giustificazioni preferite da Mosca per spiegare la ragione della presenza dei militari russi in Transnistria, percepiti come un modo per bilanciare la base statunitense ospitata dai rumeni sul loro territorio. Al momento, comunque, un intervento della Romania avrebbe senso in caso di escalation del conflitto, visto che se entra in guerra Bucarest si porta dietro pure la Nato».
Il futuro della Transnistria
A questo punto capire cosa può succedere diventa complesso. «La situazione è certamente particolare ma pare evidente come al Cremlino faccia gioco avere un presidio a Tiraspol, vista la tendenza europeista del governo moldavo e l’importanza geostrategica che può assumere nel sud dell’Ucraina», sostiene Tafuro.
Il passaggio successivo sembra però decisamente più complesso: al momento sembra difficile immaginare un’annessione vera e propria: la Transnistria non è Donetsk e Lugansk, qui ci sono dei cittadini russi ma ci sono anche moldavi, rumeni e anche ucraini. Inoltre, Tiraspol è già nelle mani di Mosca, un controllo diretto servirebbe a poco.
Per questo può essere più semplice immaginare una sorta di entrata in guerra di Tiraspol in Ucraina che però dovrebbe essere accompagnata da un’avanzata dei russi lungo il fronte dell’Ucraina del sud. In questo caso ci sarebbe certamente una destabilizzazione della Moldavia che Chisinau non si augura», sostiene Tafuro. L’arrivo dei soldati di Putin inoltre non renderebbe tutti felici. «Già adesso – aggiunge – ci sono file di macchine in uscita dalla Transnistria: chi possiede un passaporto moldavo o anche rumeno preferisce recarsi a Chisinau, ben sapendo di poter poi da lì entrare in Europa, anche se per un periodo limitato».