«Questo quadro raffigura un bambino che, alla finestra della sua stanzetta, guardava i colli Euganei. Guardava e cominciava a disegnare». Quel bambino si chiamava Gaetano Pesce e l’opera si intitola Este, il Comune in provincia di Padova dove l’artista ha vissuto fino ai quindici anni. È questa una delle dodici “pelli industriali” – realizzate dal designer e architetto dal 1995 a oggi – in mostra alla Galleria Luisa delle Piane fino al 1 aprile. Un’esibizione che non è facile raccontare: le fotografie non possono rendere l’impatto visivo regalato da questi maxi-fogli di resina poliuretanica che riportano parole, figure geometriche, linee, macchie di colore (due gli autoritratti) e narrano storie diverse, fatte di resina colorata.
Le pelli arrivano a Milano a circa trent’anni dal loro debutto, anche allora per l’impegno di Luisa delle Piane che le scopre a New York nel 1995 e insiste per portarle al Salone del Mobile del 1998. «A quell’epoca stavo sperimentando un supporto diverso dalla carta e dalla tela, secondo me diventati ormai obsoleti per disegnare o dipingere», racconta Gaetano Pesce che, dal 1983, vive e lavora a New York. «Così ho cominciato a fare esperimenti con la resina poliuretanica, un materiale che stavo iniziando a usare per realizzare oggetti, sedie, vasi. Il risultato sono stati questi fogli sottili, flessibili, dotati di lucentezza, sui quali ho dipinto con la resina liquida, un materiale interessante e una sfida perché solidifica in tempi molto rapidi».
«La resina per me è stata una scoperta del tutto casuale, capitata durante uno dei miei primi soggiorni a New York. Ero in un negozio di articoli di Belle Arti, cercavo delle matite e ad un certo punto, alzando lo sguardo, ho visto davanti a me un vaso fatto di resina. Sono stato subito attratto da questo materiale leggero e trasparente come il vetro ma molto più resistente. E dalle sue caratteristiche particolari perché la resina è un liquido che diventa solido, può essere trattata con uno stampo, può essere modellata: è un materiale contemporaneo, versatile, resistente – molto più di quelli tradizionali – ed è interessante come reagisce alla luce».
Così, dopo le poltrone Up, le lampade Moloch e il divano Tramonto a Manhattan, per citare tre dei suoi pezzi iconici – lavori che oggi si trovano al MoMa di New York, al Victoria and Albert Museum di Londra o al Centre Pompidou di Parigi – nei primi anni Novanta Gaetano Pesce comincia a dipingere. «Luisa delle Piane è stata la prima a interessarsi al mio lavoro, coraggiosa allora a propormi di esporre le pelli al Salone del Mobile del 1998, e coraggiosa anche oggi che mi chiede di tornare con questi lavori, di sicuro meno conosciuti dal grande pubblico rispetto ai progetti di architettura e design. Tanto più che alcuni dei pezzi esposti sono inediti, come Fish Skin, mai esposto prima d’ora», spiega l’artista.
Le dodici opere in mostra sono state realizzate in momenti diversi e delineano un percorso dagli anni Novanta a oggi. «Dopo Este, sono particolarmente affezionato a un’altra delle opere esposte a Milano. Si intitola Il piede. È uno dei lavori nei quali ho unito l’immagine e la parola scritta ed è un affettuoso omaggio a una tra le parti del corpo meno considerate, quando invece è importantissima perché sono i piedi a permetterci di andare avanti e scoprire strade sconosciute. Andare all’indietro è molto più difficile».
La mostra È bello continuare, pelli industriali di Gaetano Pesce, è alla Galleria Luisa delle Piane di Milano, in via Giusti 24, fino al 1 aprile. Ingresso libero; aperta il sabato dalle 15.30 alle 19.30 e – da martedì a sabato – dalle 10.30 alle 13 e dalle 15 alle 19.