Croccante fuori e morbida dentro, sormontata da voluttuosa panna montata, frutti di bosco, kiwi e passion fruit, la “pav” è uno sfarzoso omaggio ad Anna Pavlova. Creata in occasione di una tournée in Australia e Nuova Zelanda della celebre etoile russa vissuta agli inizi del XX secolo, oggi è reclamata come piatto nazionale da entrambi i Paesi, dove viene preparata in occasione di importanti avvenimenti o festività, in particolare quelle natalizie. Anche se qui il Natale non è caldo e soleggiato come nell’emisfero australe, nulla ci vieta di regalare un tocco esotico alle nostre tavole addobbate con un dessert fresco e sontuoso.
Il principio di tutto è la meringa. Versatile coniglio nel cilindro del pasticciere, può essere seccata in forno per preparare decorazioni e dolcetti deliziosi (oltre che come supporto per la pavlova), oppure può essere usata morbida per adornare torte e cupcakes. Esistono tre metodi per realizzarla a seconda del tipo di utilizzo, e se la meringa italiana e quella svizzera compaiono raramente nelle cucine amatoriali, quella francese è certamente più familiare ma non per questo priva di insidie.
Come avrete imparato anche dalle mamme meno esperte, è fondamentale separare accuratamente l’albume dal tuorlo: una sola goccia di rosso, con i suoi grassi, è in grado di ridurre di due terzi il volume finale della neve. Per lo stesso motivo è essenziale usare una bacinella pulitissima e preferibilmente in acciaio: il ferro e l’alluminio potrebbero conferire un colore rosato o grigiastro in virtù dei legami con le proteine presente negli albumi, gli stessi legami che stabilizzano la schiuma nel caso vogliate usare un recipiente di rame (come suggeriscono i vecchi libri di cucina), al costo di ottenere una colorazione giallina.
I bianchi devono essere a temperatura ambiente per facilitare la formazione della schiuma, e possibilmente provenienti da uova giovani, così da ottenere una neve bella stabile. E se vi hanno raccontato che il successo di una struttura solida sta in un pizzico di sale, vi preghiamo di non crederci anche se ve lo dice la nonna: l’aggiunta di cloruro di sodio aiuta solo nella fase iniziale, favorendo il contatto tra le proteine degli albumi; tuttavia, essendo bello ingombrante, impedisce la loro sistemazione in un reticolo, risultando dunque deleterio ai fini della stabilità. Senza considerare il fatto che il sale ama l’acqua e quindi la ruba alla schiuma andando a compromettere ulteriormente una già fragile impalcatura.
Piuttosto aggiungete qualche goccia di limone (mezzo cucchiaino ogni 100 grammi di albume) o una puntina di cremor tartaro (mezzo grammo ogni 100 g di bianchi d’uovo): otterrete una neve montata più voluminosa e stabile, nonché bianchissima, dato che gli acidi hanno il vantaggio di intrappolare gli ioni metallici che vagano per il recipiente, desiderosi di colorare le vostre meringhe.
Per ottenere una meringa francese bella spumosa e leggera non aggiungete lo zucchero immediatamente, ma aspettate che l’albume abbia già incorporato un po’ d’aria così da non compromettere il volume finale: iniziate a sbattere i bianchi lentamente, incrementando man mano la velocità del vostro sbattitore elettrico o della vostra planetaria (non fate gli eroi montando a mano).
Sappiate che l’albume può raggiungere otto volte il suo volume iniziale; dunque, attendete che sia aumentato di almeno quattro volte prima di aggiungere lo zucchero, poco alla volta e continuando a sbattere. Per quanto tempo? Fino a quando la schiuma non sarà soda al punto da poter rovesciare il recipiente senza far cadere tutto. In condizioni sfavorevoli potrebbero essere necessari anche 20 minuti, ma attenti a non esagerare perché l’acqua (che costituisce quasi il 90% dei bianchi d’uovo) potrebbe essere letteralmente “strizzata” fuori dal reticolo che avete costruito con tanta pazienza, e a quel punto non avreste altra scelta che buttare tutto.
Ci siete quasi: dopo aver disegnato la vostra meringa con una tasca da pasticcere, sarete pronti per infornare. E qui viene il bello, perché difficilmente troverete due ricette, sui libri o in rete, che vi suggeriscono la stessa temperatura. Che fare? Affidiamoci alla scienza! La temperatura minima necessaria a cuocere tutte le tipologie di proteine che troviamo nell’albume è 85 °C. Non pensate di seguire i consigli di qualche vecchio libro e sperare che il led del vostro forno ultramoderno riesca a riscaldare l’ambiente a sufficienza.
Quanto al tempo, nel caso delle classiche meringhe da servire con il tè, dovrete aspettare 2 o 3 ore se volete conservare un bel colore bianco. Una cottura a temperature superiori ridurrà certamente i tempi, ma vi farà ottenere delle nuvolette beige decisamente poco graziose. Nel caso della pavlova, dal momento che l’interno deve restare morbido, saranno sufficienti 75 minuti a 100 °C (effettivi, quindi fate qualche prova con il vostro forno se temete colorazioni indesiderate). Dopo aver spento il forno lasciatela raffreddare all’interno, magari socchiudendo lo sportello per far uscire il vapore d’acqua che potrebbe rammollire la vostra meringa.
Ora che abbiamo rispolverato la teoria passiamo alla pratica: per il classico stampo da 20 centimetri usate 150 grammi di albumi, 150 grammi di zucchero semolato e 150 grammi di zucchero a velo mescolati insieme. Dopo aver ottenuto una bella neve ferma (seguendo alla lettera le nostre indicazioni), trasferitela in una sac à poche e stendetela seguendo la circonferenza che avrete disegnato su un foglio di carta forno: create un semplice disco o riempitelo completamente lasciando un contorno frastagliato, ciò che importa è formare una conca centrale da riempire di panna e frutta fresca, ma soprattutto di panna.
Ma quale, quella nel banco frigo o quella negli scaffali? E fa differenza? Decisamente sì. E se il vostro istinto vi guida verso la panna fresca, seguitelo, perché in pasticceria è quasi sempre la scelta più giusta. Pur avendo subito un processo di pastorizzazione non è completamente sterilizzata, ed è per questo che deve essere tenuta in frigo e dura solo una decina di giorni.
La panna UHT è in grado di resistere diversi mesi senza essere refrigerata perché viene trattata a temperature molto superiori a 100 °C, anche se solo per pochi secondi. Ma il sapore che ne deriva è leggermente “cotto” e anche la capacità di montare risulta inferiore. La panna “da cucina” (quella con la foto dei tortellini per intendersi) non è assolutamente adatta a essere montata perché non è abbastanza grassa; quindi, non fate inutili tentativi se ne avete trovato un cartone in fondo allo scaffale e non avete voglia di uscire per acquistare quella fresca.
Montate 250 grammi di panna (fresca) e, solo poco prima di servire, assemblate il vostro dessert dando libero sfogo alla fantasia. Ideate la vostra personale versione, nascondendo della crema pasticcera sotto i ciuffi di panna o cambiando frutti in base alla stagione: contribuite alla creazione sociale di questo dolce dai natali incerti, la cui immagine è talmente vivida e ben delineata da suscitare l’illusione che si tratti di un’invenzione scientemente partorita e non dell’incantevole frutto di un complesso processo di costruzione comunitaria.