Cambio della guardiaNel 2023 la presidenza dell’Ue tocca alla Svezia, dove il governo è ostaggio dell’estrema destra

Si conclude il semestre della Repubblica Ceca, la guida passa a Stoccolma. L’esecutivo di Kristersson dipende dal sostegno dei Democratici svedesi, che stanno già provando a condizionarne il programma

La cerimonia del passaggio di consegne tra i ministri degli Esteri di Svezia e Repubblica Ceca
La cerimonia del passaggio di consegne tra i ministri degli Esteri di Svezia e Repubblica Ceca (Foto: Consiglio europeo)

Il primo gennaio inizierà il semestre di Presidenza del Consiglio dell’Ue a guida svedese dopo  quello, appena terminato, della Repubblica Ceca. L’architettura istituzionale europea conferisce al Paese con la Presidenza di turno un ruolo importante nella definizione e nell’avanzamento dell’agenda politica dell’Unione. In questo senso, è auspicabile sin da subito che il Paese che guida il Consiglio dell’Ue abbia un atteggiamento chiaro sui temi principali e riesca ad esprimere una guida ad ampia condivisione tra i 27. Secondo Politico saranno circa trecentocinquanta i dossier che dovranno essere gestiti da Stoccolma da qui a giugno.

I dubbi sull’ultradestra di Stoccolma
La Svezia viene da sempre considerato un Paese europeista, sostenitore, in vari ambiti, di politiche molto vicine a quelle di Bruxelles. Con la tornata elettorale di settembre, che ha premiato una coalizione di destra, le cose potrebbero però essere cambiate.

Il partito più votato è stato quello socialdemocratico della premier uscente Magdalena Andersson, con oltre il trenta percento dei consensi: un buon risultato che però non è stato sufficiente per provare a formare un governo. La vera sorpresa delle elezioni è stato l’exploit dei Democratici svedesi (Sd), un partito euroscettico di estrema destra che in questi anni ha avviato una progressiva – e ormai tipica, per i partiti ultranazionalisti europei – opera di «normalizzazione».

Sd non ha ministri all’interno dell’esecutivo di centrodestra guidato da Ulf Kristersson e si limita ad un appoggio esterno, anche se viene costantemente consultato sulle questioni più importanti, comprese quelle europee (in quella che sembra a tutti gli effetti un’operazione cosmetica per proteggere l’immagine degli altri partiti della coalizione). I settantatré deputati SD rappresentano il quaranta percento della maggioranza parlamentare che sostiene il Governo. Nei fatti, quindi, la loro influenza è molto marcata e negli ultimi mesi hanno spostato a destra la traiettoria politica di Stoccolma.

Il programma per il semestre
Le priorità della Svezia per i prossimi sei mesi a Bruxelles saranno quattro: sicurezza e unità, competitività, transizione green e stato di diritto. La prima parola in cui ci si imbatte scorrendo il programma della nuova Presidenza è «security»: «L’invasione illegale, inaccettabile e non provocata della Russia in Ucraina è una minaccia per la sicurezza europea – si legge sul sito ufficiale del semestre svedese – con conseguenze disastrose per le migrazioni, così come per l’approvvigionamento alimentare ed energetico globale».

Tra gli effetti principali della scellerata guerra di Putin, vengono messe sullo stesso piano la crisi migratoria e quella energetica. I Democratici svedesi sono riusciti a portare sicurezza e immigrazione – temi sensibili in Svezia, sui quali Sd ha sempre avuto posizioni molto rigide, capitalizzate fino allo storico venti percento alle urne – al centro dell’agenda del semestre europeo e con ogni probabilità faranno pressioni per una revisione più stringente degli accordi sulla gestione dei flussi.

Per riuscirci, è facile immaginare che cercheranno la sponda dei Paesi guidati da esecutivi di estrema destra come Italia, Polonia e Ungheria. Su Budapest occorre però fare un discorso a parte, vista la posizione ambigua di Viktor Orbán nei confronti del conflitto in Ucraina e i rapporti con Vladimir Putin. Un tema molto sentito tra gli svedesi (per ovvi motivi) e sul quale anche l’esecutivo di Kristersson sembra voler proseguire nel solco tracciato dalla ex Premier Andersson, in un percorso di avvicinamento alla Nato.

L’influenza dei Democratici sull’agenda di Stoccolma
Sd potrebbe far valere il proprio peso anche su altri dossier. Le politiche ambientali del governo di un Paese tradizionalmente all’avanguardia sulla transizione green come la Svezia sembrano piuttosto blande e questo anche a causa dell’influenza dei Democratici svedesi il cui leader, Jimmie Åkesson, ha negato in passato l’esistenza di prove scientifiche a supporto della crisi climatica. La principale accusa che arriva dai partiti di opposizione è proprio quella di aver diluito le ambizioni sul clima all’interno del programma semestrale, a causa dell’influenza del partito nazionalista.

A Bruxelles c’è più di qualche dubbio anche rispetto all’atteggiamento sullo stato di diritto: Sd ha posizioni molto vicine ai governi di Ungheria e Polonia, e questo potrebbe portare la presidenza a guida svedese ad allentare la presa sulle situazioni dei due Paesi dell’Europa orientale. Il partito di ultradestra svedese, infatti, ha già votato al Parlamento europeo contro la mozione per il congelamento dei fondi comunitari destinati a Budapest, così come Lega e Fratelli d’Italia. Insomma, in Europa c’è la preoccupazione che una parte importante dei dossier principali possano rallentare o perdere ambizione.

«Crediamo nella cooperazione, ma dobbiamo allontanarci dall’idea quasi maniacale che Bruxelles debba intromettersi sempre di più nella politica degli Stati membri», affermava appena qualche settimana fa il leader di Sd, Åkesson. In un periodo in cui la credibilità delle istituzioni europee è stata fortemente messa alla prova dallo scandalo Qatargate e con delle sfide così importanti da affrontare, avere alla Presidenza del Consiglio dell’Ue un Governo ostaggio di un partito euroscettico non è probabilmente la situazione in cui speravano di ritrovarsi i vertici delle istituzioni europee, Ursula Von der Leyen, Roberta Metsola e Charles Michel.