Caso CospitoLe possibili soluzioni per l’anarchico in carcere al «41 bis»

Dopo gli attentati alle sedi diplomatiche e ai commissariati, il governo ha risposto: «Lo Stato non scende a patti con chi minaccia». Nordio aspetta il parere della Procura antiterrorismo di Torino per prendere una decisione sull’uscita dal carcere duro. Le altre vie sono quella giudiziaria, con una pronuncia della Cassazione. O sanitaria, che spetta ai medici che vigilano sulle condizioni di salute dopo 100 giorni di sciopero della fame

Foto Cecilia Fabiano /LaPresse

«Gli attentati compiuti contro la nostra diplomazia ad Atene, Barcellona e Berlino, come pure quello di Torino, le violenze di piazza a Roma e Trento, i proiettili indirizzati al direttore del Tirreno e al procuratore generale Francesco Saluzzo, la molotov contro un commissariato di Polizia: azioni del genere non intimidiranno le istituzioni. Tanto meno se l’obiettivo è quello di far allentare il regime detentivo più duro per i responsabili di atti terroristici. Lo Stato non scende a patti con chi minaccia». Lo si legge in una nota di Palazzo Chigi, al culmine della settimana di mobilitazione anarchica per Alfredo Cospito, con attentati a sedi diplomatiche, molotov contro un commissariato di polizia, busta con proiettile e disordini di piazza.

Palazzo Chigi sbarra la strada all’ipotesi di clemenza per il 55enne detenuto col 41 bis nel carcere di Sassari. L’istanza di revoca del «carcere duro» nei confronti di Cospito, presentata al ministro della Giustizia Carlo Nordio dall’avvocato Flavio Rossi Albertini, è ferma dal 12 gennaio. Il Guardasigilli, spiega il Corriere, è in attesa del parere della Procura antiterrorismo di Torino e della Direzione nazionale antiterrorismo per poi prendere una decisione sulla eventuale uscita dal «41 bis» sull’anarchico che ormai ha superato il centesimo giorno di sciopero della fame.

Le altre soluzioni, quella giudiziaria e quella sanitaria, riguardano rispettivamente la Corte di cassazione e i medici che vigilano sulla salute sempre più deteriorata dalle modalità della protesta.

Il 10 gennaio scorso, Nordio aveva comunicato di non aver ricevuto alcuna richiesta di revoca del «regime speciale» applicato il 4 maggio 2022 dalla ex ministra Marta Cartabia, su richiesta dei magistrati di Torino e della Procura nazionale.

Nella motivazione di una sentenza della Corte d’assise di Roma che ha assolto alcuni imputati anarchici dal reato di «associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico», l’accusa aveva evidenziato il ruolo di Cospito che, dal carcere, forniva indicazioni ai compagni in libertà per compiere attentati; il suo «disegno strategico avrebbe costituito spirito propulsore nell’affermazione del metodo di lotta violenta perseguita dalla casa madre anarco-insurrezionalista Fai (Federazione anarchica informale)». Il «41 bis», applicato per la prima volta a un detenuto non mafioso o terrorista conclamato, è fondato anche su queste considerazioni. Insieme alla corrispondenza tra Cospito e un coimputato sulla necessità di reagire con azioni violente «ai colpi che la repressione ci infligge».

Ma quella sentenza, fornita dal legale dell’anarchico, ha stabilito che quello scambio epistolare «non evidenzia alcuna pretesa del Cospito di imporre all’esterno un pensiero unico sul concetto di azione armata e distruttrice, né sono obiettivamente rintracciabili direttive che in tal senso egli fornisca dal carcere». Tantomeno, aggiungono i giudici, ci sono «risposte adesive e di concreta attuazione di un tale metodo di lotta comunicato dal Cospito ai compagni all’esterno». La stessa sentenza smentirebbe pure, secondo il difensore, l’idea di un’organizzazione che risponde a un capo o a un gruppo dirigente. Scrivono i giudici: «È rimasto assolutamente indimostrato che gli imputati abbiano “sposato” il metodo di lotta violenta, armata, distruttiva, che ispira le azioni della Fai, operando quale “cellula” o gruppo criminale assai vicino all’organizzazione terroristica». Gli attentati commessi sarebbero piuttosto «espressione del pensiero politico ideologico più vicino al fenomeno “dell’antagonismo sociale”, sicuramente privo di qualunque connotazione e valenza terroristica».

Valutazioni che, secondo l’avvocato Rossi Albertini, fanno venir meno il presupposto del «carcere duro» inflitto al suo assistito. E con le quali dovrà confrontarsi il ministro dopo aver ricevuto i pareri dei magistrati antiterrorismo.

L’altra strada aperta è quella giudiziaria. Il prossimo 7 marzo la Corte di Cassazione dovrà pronunciarsi sul ricorso presentato dal legale di Cospito contro il verdetto del tribunale di sorveglianza che a dicembre ha confermato il decreto ministeriale. È un iter comunque lungo, perché se pure dovesse annullare l’ordinanza, la Cassazione rimanderebbe probabilmente gli atti alla Sorveglianza per una nuova decisione.

Sul fronte sanitario, invece, spetta ai medici del carcere stabilire se le strutture del penitenziario di Sassari sono in grado di garantire la sopravvivenza del detenuto, le cui condizioni si fanno di giorno in giorno più critiche. Indipendentemente dal «regime speciale». Se la situazione dovesse peggiorare, il trattamento sanitario obbligatorio, con l’alimentazione forzata o altri trattamenti, sarebbe possibile solo nel caso in cui il detenuto dovesse perdere conoscenza.

Il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma ha già chiesto il trasferimento in una struttura in grado di garantire eventuali interventi urgenti, che a Sassari non sarebbero possibili.