Parlare di rum è un po’ come aprire un vaso di Pandora da cui possono fuoriuscire senza sosta nomi, informazioni, aneddoti di ogni dove. Specialmente per chi non ha familiarità con il mondo dei distillati il rum, più di molti altri spiriti, resta un elemento avvolto da una sorta di mistero, nozioni sparse, spesso imprecise e un percorso storico particolarmente frammentato. È quindi doveroso fare una piccola digressione sulle diverse macro tipologie in cui la produzione di rum si articola nel mondo. Esistono i rum di melassa, realizzati quindi dallo scarto della lavorazione della canna da zucchero e generalmente destinati ad un uso particolarmente commerciale e di massa. Sono principalmente prodotti nelle zone di Cuba, Venezuela, Giamaica. Vi sono i rhum agricole, ovvero una piccolissima ma significativa porzione di distillati realizzati con puro succo di canna da zucchero e nei soli territori indicati dall’Aoc, l’organo di tutela di origine controllata francese. Guadalupa, Marie Galante, Martinica e in generale i Caraibi sono i principali luoghi di produzione di questa categoria. E poi ci sono i rum in stile spagnolo, quelli chiamati ron. Lo stile spagnolo utilizza prevalentemente distillatori a colonna continua per la melassa. La produzione in questo senso è radicata a Cuba, Santo Domingo, Costa Rica, Venezuela, Colombia, Panama, Guatemala, Nicaragua e parte del Perù.
Proprio perché ormai le capacità dell’uomo di recuperare il meglio – e l’inaspettato a volte – di un territorio, stanno toccando picchi di qualità non indifferente in Guatemala, nella giungla che circonda il vulcano di Atitlàn, nasce un prodotto totalmente nuovo per il mercato. Pura canna da zucchero, cacao di qualità e caffè del posto: questi gli ingredienti principali di Secha, un rum il cui nome tradotto letteralmente significa proprio il “raccolto della giungla”. Siamo vicini alle coste del Pacifico, il clima è caldo e particolarmente umido tanto che la canna cresce senza troppe difficoltà. Dopo la raccolta viene lavorata entro le 48 ore successive così da preservarne la freschezza e distillata in un alambicco a colonna, ottenendo un rum particolarmente vivace e di media complessità. La successiva maturazione non avviene più vicino al mare ma nelle regioni centrali, dove le notti sono molto più fredde e le giornate restano afose. Siamo nel Guatemala centrale, a Rio Hondo, dove botti di rovere bianco accolgono il liquido pronto ad iniziare il suo processo di invecchiamento. L’escursione termica tra il giorno e la notte sottopone il legno a uno stress notevole tanto che il contatto tra il liquido e la botte risulta particolarmente intenso così da favorire complessità e profondità al rum.
A questo punto entrano in gioco cacao e caffè, veri e propri frutti iconici di questa regione. Il cacao potrebbe essere quasi considerato una pianta sacra: protagonista per migliaia di anni delle cerimonie Maya, molto diffuso su tutta l’area geografica. Il nome dell’albero del cacao – Theobroma Cacao – , significa letteralmente “cibo degli dei” e nel caso di Secha de la Silva si tratta di piante biologiche non lavorate e provenienti dalla regione di Lachuà, non lontano dalla foresta pluviale. La raccolta a mano consente ai frutti di preservare quasi inalterato il proprio profilo aromatico di frutta matura, rossa, quasi caramellata. La polpa bianca all’interno della fava di cacao è per sua natura dolce e subisce una fermentazione naturale di circa una settimana prima di essere essiccata all’aria aperta. Vengono utilizzate le varietà Bourbon e Caturra dalla regione di Huehue, e i chicchi vengono tostati rilasciando così la loro dolcezza naturale. La tostatura prima dell’infusione ne favorisce le note più ricche e fruttate, perdendo leggermente quelle più vegetali ed erbacee che si otterrebbero dai chicchi verdi. La granella di fave di cacao e i chicchi di caffè vengono successivamente infusi in alcol neutro per un paio di giorni e filtrati per rimuovere ogni particella. L’infusione così ottenuta viene poi aggiunta al rum e il tutto lasciato per altre 24 ore ad armonizzare e stabilizzarsi prima dell’imbottigliamento.
La potenza espressiva e visiva di questo marchio è in parte data anche dalla figura femminile che vi sta a supporto: Pamela Anderson (no, non “quella“ Pamela Anderson), una delle sempre più numerose donne che si stanno facendo strada nella industry del mondo degli spiriti e della miscelazione internazionale. Viaggiando attraverso le isole Caraibiche, la Anderson grazie alla sua curiosità e alla voglia di conoscere sempre meglio materie prime, metodi di produzione e i diversi aromi del rum, è entrata in contatto con diverse realtà locali di spiriti derivanti dalla canna da zucchero. L’incontro con distillatori e master distillers l’ha ispirata e in qualche modo contagiata, fino a quando un uragano l’ha bloccata una settimana a Barbados, lasciandole tutto il tempo necessario per riflettere meglio sulla tipologia di rum che sarebbe stato più opportuno (e divertente) produrre. Dopo diversi tentativi si è arrivati al Seche de la Silva che conosciamo oggi, un prodotto che rompe indubbiamente il classico schema del rum del Sud America, presentandosi con caratteristiche innovative, un profilo aromatico complesso e una materia prima con un terroir iper identitario.