Capire dove avverrà la prossima offensiva russa in Ucraina è un lavoro da rabdomanti. Non esistono infatti tracce totalmente affidabili, ma solo alcuni indicatori che permettono agli analisti di fare delle ipotesi.
Uno di questi indicatori dovrebbe essere la presenza di paracadutisti, che sono fra le unità più temibili delle forze armate russe. I Vozdušno-desantnye vojsk (Vdv) sono una truppa d’élite di fama mondiale che ha sempre avuto un ruolo di primo piano nelle guerre scatenate dal Cremlino. I Vdv hanno avuto ruoli importanti nella repressione in Cecenia, sono stati la punta di diamante durante l’invasione della Georgia nel 2008, sono stati fra le prime a formare le forze di “peacekeeping” russe in Kazakistan a gennaio 2022 e sono parte integrante della forza dislocata in Siria a sostegno di Assad. Seguire i dispiegamenti di queste unità, riconoscibili per la canottiera a righine blu stile mimo francese, dovrebbe in teoria far capire dove Mosca si attende i combattimenti più duri.
Guardare ai parà per capire la strategia russa
Questa almeno sarebbe la teoria. Nella realtà infatti è impossibile ignorare la trasformazione subita dai Vdv in dodici mesi di guerra in Ucraina. Capire cosa sia successo a queste unità non è interessante solo per chi è costretto per lavoro a seguire le vicissitudini delle forze armate russe. Il comportamento dei paracadutisti e la maniera con cui sono stati impiegati dal Cremlino sono infatti elementi utili per meglio comprendere lo stato in cui versa la macchina da guerra russa.
Prima di tutto, l’unità della struttura di comando. Uno dei concetti basilari della gestione di una forza armata è la necessità di una chiara gerarchia, coordinazione fra le unità e soprattutto una catena di comando che non sia né inutilmente lunga, né talmente corta e particolaristica da impedire agli alti comandi di avere una visione strategica d’insieme. Questo principio è stato violato più volte nel corso della guerra russa in Ucraina: i battibecchi e la competizione fra i mercenari della Pmc Wagner, le truppe cecene kadyroviste e l’esercito regolare hanno influenzato molte decisioni operative sul campo, come l’accanimento piuttosto inutile contro la cittadina di Bakhmut. Anche i paracadutisti hanno avuto un ruolo in questi conflitti intestini.
La Vdv è un corpo notoriamente autonomo e poco interessato a cooperare con le altre unità delle forze armate russe. In parte ciò è dovuto al fatto che si tratta di un corpo di élite, ma anche da una straordinaria indipendenza rispetto ad altre unità. I paracadutisti non fanno parte dell’esercito ma sono direttamente a disposizione del Presidente e del ministro della Difesa. Ciò dà ai comandanti delle cinque divisioni aviotrasportate un peso politico importante nell’ecosistema militare russo, peso politico che si traduce in benefit, risorse e influenza nelle decisioni. Non è un caso che per anni si sia parlato di una «mafia dei paracadutisti», grazie anche alla capacità del Vdv di resistere a riforme e tentativi di razionalizzazione delle forze armate russe.
La mafia dei paracadutisti alla prova del conflitto
Come tutto in Russia, un tale potere ha sia implicazioni ufficiali, sia ufficiose. Ciò vuol dire ad esempio che il Vdv ha a disposizione un apparato logistico a sé stante, infrastrutture sparse in giro per la Russia e addirittura i propri mezzi corazzati paracadutabili. D’altra parte, il termine “mafia” ha un suo perché: nel 2008, ad esempio, il comandante della Vdv ha utilizzato i propri uomini per minacciare degli agenti di polizia che stavano perquisendo l’azienda del figlio, noto campione di appalti e sospettato di corruzione plurima.
Questo ruolo privilegiato del Vdv nella gerarchia militare russa ha posto l’unità al centro dei piani iniziali per l’invasione dell’Ucraina. Nelle prime quarantotto ore di guerra i Vdv avrebbero dovuto espugnare l’aeroporto di Hostomel, nei pressi di Kyjiv, e da lì permettere a forze più fresche di isolare la capitale. La mancanza di preparazione si è però fatta sentire: i paracadutisti hanno saputo con soli tre giorni di anticipo dove sarebbero stati impiegati e le forze aeree non sono state in grado di eliminare le difese aeree ucraine. Il risultato è stata la perdita di interi plotoni abbattuti in volo sopra l’aeroporto, dal quale il Vdv si è poi dovuto ritirare a causa di forti ritardi nell’avanzata russa.
I Vdv non si sono mai veramente ripresi da queste perdite devastanti di veterani difficilmente sostituibili. Dopo il fallimento di Hostomel i paracadutisti sono stati relegati al ruolo di forza di intervento rapida, spostata su e giù per la linea del fronte per tappare “buchi” lasciati dalle unità regolari. Dopo l’evacuazione da Kherson, il grosso dei Vdv è stato schierato nei settori di Kremnina (regione di Luhansk) e Zaporizhzhia, dove molti commentatori si aspettano che l’Ucraina potrebbe lanciare le prossime offensive.
Parà sviliti
Questo utilizzo difensivo è stato percepito come svilente dagli ufficiali paracadutisti, ridotti a operare come semplici soldati piuttosto che un’unità di élite specializzata. Il comandante dei Vdv, il generale-colonnello Mikhail Teplisnky, sarebbe addirittura stato rimosso dopo aver apertamente contestato le decisioni del capo di stato maggiore Valerij Gerasimov, da poche settimane comandante supremo delle forze russe in Ucraina. Ma l’umiliazione peggiore di tutte, seppur non confermata, è che alcune unità di ricognizione della 106a Divisione Guardie aviotrasportate sarebbe stata ricostituita con hooligan calcistici reclutati nella mobilitazione parziale. Dover ricorrere a reclute di bassa qualità è doppiamente umiliante per una formazione che dovrebbe essere la crème de la crème per poter essere definita «guardie».
Ma ciò che è problematico per i paracadutisti russi indica in realtà un miglioramento relativo della gestione russa dell’«operazione speciale». L’utilizzo dei Vdv per rispondere a una precisa esigenza operativa è sicuramente più sensato rispetto ai primi mesi di guerra, durante i quali la strategia russa era poco guidata dalla realtà sul terreno. Essere costretti a schierare un corpo d’élite in questa maniera indica sicuramente delle profonde carenze nell’organico russo e l’assenza di soldati di qualità. Ma indica anche che il Cremlino ha abbandonato l’idea che questa guerra possa essere vinta con delle manovre ad alto rischio.
Per Mosca, la chiave sta nel riuscire a consumare le forze ucraine in combattimenti convenzionali, indebolendo i difensori per un periodo prolungato prima di tentare un nuovo sfondamento frontale.
Per far funzionare questa strategia di lungo termine è però necessario che Gerasimov riaffermi la propria autorità sui diversi potentati che guidano le forze di invasione. A prescindere da cosa sia negli interessi della mafia dei parà.