Quesiti linguisticiChe differenza c’è tra etica e morale? Risponde la Crusca

Nella lingua corrente, possono essere impiegate come sinonimi in molti contesti. Eppure, fin dall’italiano delle origini si rileva tra i due termini una differenziazione nell’uso che è bene conoscere per gestire le nostre scelte linguistiche con più consapevolezza

(Unsplash)

Tratto dall’Accademia della Crusca

Alcuni lettori ci chiedono quale sia la differenza tra etica e morale.

Risposta
Nei dizionari contemporanei troviamo etica messo a lemma come sostantivo femminile, e morale invece come aggettivo che può avere anche un uso sostantivato, sia al femminile che al maschile. Quello che interessa ai nostri lettori è il rapporto tra il significato del sostantivo femminile etica e quello di morale nel suo uso sostantivato femminile (la morale e non il morale, con cui invece si intende lo ‘stato d’animo’, la ‘condizione psicologica’, per esempio in contesti come “avere il morale alto”, “essere giù di morale”, Zingarelli 2022).

A ben guardare, anche etica nasce però da un aggettivo: per la precisione, etico ‘relativo all’etica’, a cui nei dizionari è dedicata un’entrata a sé stante, riproduce l’aggettivo greco ētikhós ‘relativo al carattere’, a sua volta riconducibile al sostantivo greco êthos, il quale può essere tradotto in molti modi: innanzitutto come ‘dimora, sede, abitazione, soggiorno’ ma, in senso esteso, anche come ‘consuetudine, uso, abitudine, costume, istituzione’ e come ‘carattere, indole, inclinazione, stato dell’animo’. Centrale, per comprendere il passaggio semantico, è il concetto di “abitudine”, che unisce idealmente l’idea dell’“essere a casa” (se vogliamo, il luogo sicuro, in cui mettiamo in atto i ritmi quotidiani a noi consueti) con quella dell’“avere un certo carattere” inteso come una serie di consuetudini e attitudini psicologiche, personali o comunitarie. Da êthos, per esempio, deriva anche la parola etologia, che è appunto lo ‘studio dei caratteri e dei costumi di un popolo’ e anche il ramo della biologia che studia il comportamento animale (Vocabolario Treccani online). E pure ethos è una parola presente nei vocabolari italiani, adottata dal greco in forma semplicemente traslitterata o al massimo, ma più raramente, come etos (privata della h, che dopo la t traslittera la lettera greca theta, che rende l’aspirazione della dentale sorda che manca alla tau, resa con la semplice t) e messa a lemma col significato attuale di ‘regola, norma di vita’ (Zingarelli 2022), oppure, come specifica il Vocabolario Treccani online, con un significato specialistico di ambito filosofico-sociologico e uno più ampio:

èthos <ètos> s. m. [traslitt. del gr. ἦϑος]. – Nel linguaggio filos. e delle scienze sociali, il costume, la norma di vita, la convinzione e il comportamento pratico dell’uomo e delle società umane, e gli istituti con cui si manifestano storicamente: è l’oggetto proprio dell’etica. In senso più generale, comportamento e abitudini di vita, riferito anche agli animali e alle piante (v. etologia […]).

Morale, similmente, è l’esito italiano dell’aggettivo latino moralis (moralem all’accusativo), da ricondurre a sua volta al sostantivo mos, moris, che – a differenza di êthos – non è passato come tale nei dizionari italiani. Anche mos, in latino, è una parola ricca di sfumature, che può essere tradotta come ‘maniera di comportarsi, modo d’agire, costume, usanza, abitudine, tradizione’, anche caratterizzandola in senso positivo o negativo (‘buoni costumi, moralità’ e ‘malcostume, corruzione’) o, al pari della cugina greca, come ‘carattere’ (in certi casi ‘volontà, desiderio, capriccio, arbitrio’) e, in determinati contesti, come ‘legge, regola, norma’.

Secondo Bruno Migliorini [Parole d’autore (onomaturgia), Firenze, Sansoni, 1975, p. 72], l’aggettivo moralis fu coniato da Cicerone ricalcando il greco ētikhós, dunque con un’operazione simile a quelle che facciamo oggi quando vogliamo “dire nella nostra lingua” una parola appresa da un’altra. Nell’incipit del De Fato si legge, infatti:

[…] dato che si riferisce al nostro comportamento, che loro chiamano ethos, mentre noi siamo soliti chiamare quella parte della filosofia “scienza dei costumi”; ma è il caso di chiamarla “filosofia morale”, se si vuole arricchire la lingua latina [quia pertinet ad mores, quod ethos illi vocant, nos eam partem philosophiae de moribus appellare solemus, sed decet augentem linguam Latinam nominare moralem] (Cicerone, Il fato, Roma, Carocci, 2014, p. 45 [De Fato, I])

Già nelle lingue da cui derivano, le parole che qui ci interessano funzionavano come aggettivi sostantivati. Al neutro plurale, tà ēthikà ‘le cose etiche’ (l’Etimologico, Tommaseo-Bellini) può essere inteso appunto come ‘l’etica’, ‘le opere morali’. L’esempio più luminoso di quest’uso si trova nei titoli delle opere aristoteliche di filosofia pratica nell’edizione di Andronico di Rodi, realizzata appunto raccogliendo tematicamente i vari trattati cosiddetti “acroamatici” attribuiti allo Stagirita: pensiamo per esempio agli scritti denominati Ēthikà Nikomácheia, in latino più tardi tradotti – al singolare – Ethica Nichomachea, e in italiano divenuti l’Etica Nicomachea.
Malgrado, come si è visto, in latino esistesse anche l’aggettivo ethicus prestato direttamente dal greco, un’altra raccolta aristotelica (o più probabilmente pseudo-aristotelica, e meno famosa) di opere morali, Ēthikà Megála, fu nota al mondo intellettuale latino come Magna Moralia (in cui moralia è neutro plurale, ‘le cose morali’). Neppure la fortuna di questo aggettivo sostantivato può essere messa in dubbio: moralia ricorre spesso nei titoli di opere antiche e moderne: basti pensare all’omonima raccolta di Plutarco (nel cui caso il titolo è di nuovo una traduzione tarda di tà ethikà) e, per citare un autore molto più recente, a Minima Moralia di Theodor W. Adorno, che fa eco proprio al titolo dell’opera aristotelica. Eppure, nel passaggio all’italiano, la posizione nei dizionari italiani contemporanei del sostantivo morale si mantiene più discreta rispetto a quella di etica, ossia, come si è visto, nidificata all’interno del lemma dedicato all’aggettivo.

Al di là di queste riflessioni preliminari, veniamo al significato, che è molto vasto sia per etica sia per morale. I dizionari ci aiutano a fare ordine nella materia, segnalando generalmente, per entrambe le parole, un’accezione tecnico-specialistica desunta dal lessico filosofico, accompagnata dalle marche di voce “dotta” o “tecnico-specialistica”, e un’altra più comune (cfr., per esempio, Zingarelli 2022, GRADIT, o Sabatini-Coletti, che per morale dà priorità all’accezione comune, e Garzanti, che lo fa per entrambe le parole). Prendiamo, per semplificare, le definizioni fornite dallo Zingarelli 2022; nel caso di morale per adesso riferendoci, come si è detto, solo ai significati associati all’uso sostantivato:

etica
1. Parte della filosofia che studia i problemi e i valori connessi all’agire umano: “la distinzione fra bene e male è propria dell’etica”; “l’etica kantiana”. Etica normativa (o precettiva), etica descrittiva, a seconda che si proponga, o meno, di raccomandare norme di comportamento.
2. Insieme di norme di condotta pubblica e privata seguite da una persona o da un gruppo di persone: “un’etica severa”, “la mia etica professionale”, “l’etica cristiana”, “l’etica di Giolitti”, “etica di De Gasperi”.

morale
1. Parte della filosofia che studia i problemi relativi alla condotta dell’uomo. SIN. Etica.
2. complesso di consuetudini e norme che regolano la vita pubblica e privata: m. individuale, m. collettiva; è un uomo senza morale.

Fin qui, le definizioni appaiono molto simili, quasi sovrapponibili. Effettivamente etica e morale sono sinonimi: ma, come sappiamo, in una lingua è molto difficile imbattersi in due sinonimi perfetti (situazione che si presenta quasi solo nel caso di parole con significato molto ristretto e preciso: per fare un esempio, peraltro non universalmente condiviso, le preposizioni tra e fra). Più frequentemente, due sinonimi condividono il significato fondamentale, per il quale risultano spesso sostituibili l’uno con l’altro, ma mantengono alcune differenze per cui risultano non interscambiabili, su altri piani semantici (le accezioni secondarie) o in relazione ad altre variabili della situazione comunicativa (pensiamo alla scelta del registro e alle differenti connotazioni: non in tutti i contesti in cui diciamo nubile potremmo dire zitella).

Tra questi sinonimi “imperfetti” figurano anche le nostre due parole. Nella prima accezione, etica e morale possono essere rimpiazzate l’una con l’altra senza alterare il messaggio: parlare di “etica kantiana” risulta, nella maggior parte dei contesti, pressoché identico a parlare di “morale kantiana”, se intendiamo riferirci alla parte dedicata al problema del giusto agire nel sistema filosofico di Immanuel Kant. La nostra sensibilità di parlanti ci rende meno sicuri di questa interscambiabilità già a partire dalla seconda accezione: possiamo ancora sostituire con la stessa serenità etica con morale in una frase come “Giulio ha un’etica severa”, o morale con etica in “Giulio è un uomo senza morale”? Le domande dei nostri lettori nascono proprio da perplessità di questo genere. La questione si complica ulteriormente in presenza di polirematiche come etica professionale: possiamo certo parlare di morale professionale, ma il significato non sembra esattamente preservato. Una sostituzione che mantenga intatto il significato veicolato diventa poi impossibile se prendiamo, per esempio, la terza accezione con cui lo Zingarelli registra morale:

3. la morale della favola: l’insegnamento che si può trarre da un fatto o da un racconto: la m. della favola è che hai sbagliato tutto | morale della favola (fig., anche scherzoso) in conclusione: perciò, m. della favola, ho pagato tutto io.

per la quale evidentemente morale non si può sostituire con etica, pena una perdita di significato.
Il fatto che i test di sostituzione sinonimica falliscano per le polirematiche non costituisce, ovviamente, una sorpresa. Un’espressione polirematica è una parola composta da più elementi il cui significato complessivo è indipendente rispetto a quello dei singoli costituenti e non semplicemente desumibile dal loro accostamento: un “qualcosa di più”, o “di diverso”, che usualmente non si mantiene intatto quando uno dei suoi elementi è rimpiazzato da un sinonimo (per esempio: bacchetta magica e *bastoncino magico). Le espressioni che abbiamo citato però, così come altre polirematiche in cui le nostre parole figurano come aggettivi (ce ne sono molte formate con morale), costituiscono ottimi esempi per aiutarci a considerare in quali “direzioni” il significato di etica e quello di morale si siano orientati e quali sfumature abbiano assunto, in certi casi fino a cristallizzarsi, in italiano. Allo stesso scopo è utile considerare le famiglie di parole legate a etica e morale, in relazione alle quali il rapporto di sinonimia che adesso analizziamo si fa più complesso.

CONTINUA A LEGGERE

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter