Donzelli vien dal CopasirLa destra impresentabile di governo si fa riconoscere sulla giustizia

L’uscita infelice del fedelissimo di Meloni contro le opposizioni sul caso Cospito malcela il disagio degli alleati che si dividono su tutto

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Quando lavoravo all’Ansa, nell’era pre-digitale, il malcapitato che aveva la settimana a cavallo di ferragosto era gravato da una tempesta di telefonate da parte di Marco Pannella. Girava le carceri italiane senza risparmio, con un caldo mostruoso, denunciava la morte dello Stato di diritto e della legalità in Italia, protestava per le condizioni oscene in cui i detenuti vivevano (e vivono) in celle sovraffollate.

Poi parlò della «tortura democratica» del 41 bis. Marco telefonava e tormentava direttamente in redazione per avere spazio nel notiziario Ansa, approfittando del vuoto pneumatico agostano. Non aveva filtri di uffici stampa. Era un grande leader politico, al di là di cosa si pensi delle sue idee e dell’utilità del carcere duro per i mafiosi, al quale nessuno osava chiedere se stava dalla parte dello Stato e della legge o con mafiosi e terroristi. Esercitava un suo diritto e un suo dovere di parlamentare. Non andava mai in vacanza. Era sempre in prima fila in difesa dei diritti politici e umani.

Oggi capita invece, ed è la prima volta che succede, che un esponente di primo piano della maggioranza rivolga una assurda domanda-accusa a dei parlamentari d’opposizione che sono andati a trovare in carcere Alfredo Cospito, l’anarchico che potrebbe morire per lo sciopero della fame. Lo ha fatto il vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli, fedelissimo di Giorgia Meloni. Si è rivolto al Partito Democratico, nell’aula di Montecitorio, durante il dibattito per l’istituzione della commissione antimafia. Ha puntato l’indice contro la capogruppo Debora Serracchiani, l’ex Guardasigilli Andrea Orlando e Walter Verini, responsabile Giustizia del Pd, colpevoli di essere andati, il 12 febbraio, a verificare le reali condizioni di salute di Cospito.

A Donzelli risulta che nello stesso giorno l’anarchico aveva parlato con Francesco di Maio. Il camorrista del clan dei Casalesi avrebbe detto a Cospito che «pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato». Cioè l’abolizione del 41 bis. L’anarchico avrebbe risposto che deve essere una lotta per tutti coloro che sono sottoposti al carcere duro. La Repubblica ieri riportava questa intenzione: continuare lo sciopero della fame fino all’abolizione del 41 bis, per tutti.

E allora, ha caricato a testa bassa Donzelli, perché siete andati a trovare Cospito. Perché condividete la sua lotta? Da che parte state, dalla parte della legge e dello Stato o dei mafiosi e terroristi. Una manganellata in testa al Partito Democratico, cui è seguito il coro dei Fratelli d’Italia: lo dica il Pd che vuole cancellare il carcere duro per i violenti e grandi delinquenti.

Rumore di manette. Matteo Salvini che si allinea come facevano i leghisti d’antan quando agitavano il cappio della forca nella stessa aula della Camera dove ieri è andato in scena uno spettacolo degno del peggiore talk show televisivo.

La presidente del Consiglio tace, ma se Donzelli parla così vuol dire che è coperto da Palazzo Chigi. Forza Italia prende le distanze da Donzelli, ma Licia Ronzulli se la cava accusando il Pd di tacere sul fatto che perfino l’ex magistrato di Mani Pulite Gherardo Colombo è contro il 41 bis.

Chi trasecola è il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che dovrebbe essere un garantista a 18 carati e infatti esclude «in via assoluta che vi sia un rapporto con esponenti, non solo del Pd, ma di qualsiasi gruppo parlamentare. I parlamentari hanno sempre diritto di visitare i detenuti».

Ora però Donzelli dovrà dimostrare la fondatezza delle sue affermazioni davanti a un giurì d’onore voluto dal presidente leghista della Camera Lorenzo Fontana. Su cosa si basano quelle affermazioni? Il punto è questo: da dove ha appreso che il camorrista e l’anarchico abbiano stretto una sorta di patto? Sono informazioni che provengono dal Dap, dalla polizia carceraria, e custodite presso il ministero della Giustizia. Donzelli afferma che non sono secretate, ma a disposizione di tutti i parlamentari. Non sembra che sia così. Non sembra neanche che gliele abbia passate Nordio. E allora chi? Occhi puntati sul fratellino d’Italia, amico e sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Per Maria Elena Boschi, Donzelli si deve dimettere da vicepresidente del Copasir. Per la prima volta il Terzo Polo solidarizza con gli “amici” Democratici. Cosa che si guardano bene dal fare i Cinquestelle.

Perché questa manganellata a freddo, mentre si discuteva alla Camera l’istituzione della commissione antimafia? Donzelli in questo modo recide ogni rapporto con l’opposizione, almeno con il Partito Democratico, schiacciandolo ancora di più su Giuseppe Conte. Ma è una spiegazione molto semplice, come lo è un’altra: la maggioranza e il governo cercano di nascondere le difficoltà, le divisioni su diversi temi, sulla giustizia in particolare. Per non parlare dell’autonomia differenziata.

Colpisce invece quella frase ripetuta dai meloniani, che loro mai si piegheranno ai ricatti di Cospito e dei mafiosi. Il 41 bis non si tocca. Legge e ordine, legalità e sicurezza: la destra vera contro chi farebbe l’occhiolino ai criminali di ogni risma. È una politica tanto al chilo, dura e capace di fare dell’anarchico un simbolo e un eroe se finirà per morire in carcere.

Provocare atti di violenza per poi reprimerli e far e vedere quanto è forte lo Stato con loro al potere, un ombrello sotto il quale ripararsi da tutti gli inconvenienti politici presenti e prossimi futuri.

Criminalizzare l’opposizione, mettere in difficoltà Nordio, che oggi riferirà a Montecitorio, è la fine di ogni garantismo. Anche di quello interessato di Berlusconi.

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