Una ricerca realizzata dall’ente federale statunitense National bureau for economic research ha individuato un possibile legame tra l’aumento dei tassi di inquinamento da PM 2,5 in una determinata area e la crescita del tasso di suicidi. Si tratta del primo studio di questo tipo condotto su larga scala, che ha analizzato in retrospettiva i dati raccolti tra il 2003 ed il 2010, ad occuparsi di questo argomento.
L’incremento di un microgrammo per metro cubo di aria delle particelle di PM 2,5 è stato associato a una crescita dello 0,5 per cento del tasso di suicidi giornaliero. La persistenza di alti livelli di smog per un mese è stata invece associata ad un aumento del cinquanta per cento del tasso di suicidi nello stesso arco temporale. La presunta causa di questi eventi consisterebbe in un’infiammazione cerebrale provocata dalle particelle, ma la tesi dovrà comunque essere confermata da ulteriori ricerche.
L’inquinamento atmosferico è un killer silenzioso e spietato che, ogni anno, causa più di tre milioni di morti premature in tutto il mondo. La crescita di questo fenomeno ha spinto molti Paesi ad agire mentre altri, indifferenti, sembrano limitarsi ad accettare la realtà per quella che è. Tra le Nazioni più inquinate al mondo ci sono diversi Stati dell’Asia – come Pakistan, Qatar, Bangladesh e India – e dell’Africa (Egitto in primis).
Negli ultimi anni, grazie alle campagne di sensibilizzazione di enti e associazioni ambientaliste, è cresciuta la consapevolezza della popolazione sugli effetti nocivi dell’inquinamento tanto sul fisico quanto sulla psiche, il cui benessere è altrettanto importante. Gli studi sembrano infatti confermare che depressione e ansia vanno a braccetto con smog e traffico.
Secondo lo State of the air report 2021, pubblicato dall’American lung association, quattro americani su dieci vivono in contee dove la qualità dell’aria è poco salubre, ma questa stima è stata elaborata tenendo unicamente conto di parametri fisici. Gli scienziati hanno scoperto da tempo che l’inquinamento provoca danni al cuore e ai polmoni, ma le ricadute sulla salute mentale non hanno ricevuto la stessa attenzione.
Solo di recente i ricercatori hanno legato lo smog a mutamenti nel cervello che comportano un rischio aumentato di sviluppare malattie mentali, demenza, Alzheimer e disturbi dell’apprendimento. Uno studio, realizzato nel 2019 in Danimarca e negli Stati Uniti, ha scoperto che le persone esposte ad alti livelli di smog hanno molte più possibilità di soffrire di un disturbo mentale come depressione, schizofrenia e disturbo bipolare.
Una ricerca realizzata nel 2020 nella città canadese di Toronto ha evidenziato e comprovato il legame tra inquinamento dell’aria e visite di emergenza in ospedale per problematiche di natura mentale. La ricerca ha preso in esame più di 83mila visite effettuate da persone di età compresa tra gli otto ed i ventiquattro anni tra l’aprile 2004 ed il dicembre 2015. Un’altra ricerca, condotta dalla Cambridge University di Londra su oltre 13mila persone, ha poi mostrato un nesso diretto tra l’esposizione all’inquinamento atmosferico e l’uso di servizi di salute mentale per l’insorgenza di disturbi psicotici e dell’umore.
In particolare, un leggero aumento del biossido di azoto ha causato un incremento del trentadue per cento del rischio di aver bisogno di un trattamento e del diciotto per cento del rischio di ricovero. La ricerca ha preso in considerazione parametri come i giorni di degenza di chi, con più di quindici anni, ha avuto un primo contatto con il South London and Maudsley Nhs Foundation Trust (un fondo fiduciario londinese specializzato in salute mentale) tra il 2008 ed il 2012. Gli individui, tenendo conto di periodi di follow-up di uno e sette anni, sono stati collegati ai rispettivi indirizzi, di cui sono stati stimati i livelli di biossidi di azoto, ossidi di azoto e particolato atmosferico.
Il dottor Antonio Minio, neuropsicologo e psicoterapeuta intervistato, ha spiegato a Linkiesta che «questa nuova linea di ricerca che pone l’accento sulle ricadute psicologiche dell’inquinamento ambientale è molto importante, perché si occupa di un ambito spesso sottovalutato». L’esperto ha sottolineato che «gli studi mostrano le conseguenze dirette dello smog – come l’infiammazione cerebrale, che può causare certi disturbi psichiatrici -, tralasciando quelle indirette».
Queste ultime «abbassano la qualità della vita media della popolazione e «possono contribuire allo sviluppo di patologie mentali». Non è difficile immaginare – come spiegato dal dottor Minio – lo stress a cui sono sottoposti i residenti delle zone o dei quartieri più inquinati delle città e le conseguenze negative derivanti da una condizione nociva e dannosa.
Un’analisi pubblicata dal World economic forum e realizzata dalla dottoressa Clara G. Zundel, ricercatrice in Psichiatria e Neuroscienze presso la Wayne State University, ha sottolineato come sia necessario condurre più studi sugli effetti dell’inquinamento sui meccanismi psichiatrici perché lo smog peggiorerà nei prossimi anni. Secondo l’esperta ci sono pochi studi che esaminano i danni dell’inquinamento su neonati e bambini, ed è necessario ottenere più informazioni perché i cervelli dei più giovani sono in fase di sviluppo e potrebbero essere particolarmente suscettibili agli effetti dello smog.
La ricercatrice ha inoltre ricordato come la maggior parte degli studi esistenti abbiano esaminato i mutamenti avvenuti nel cervello degli animali esposti all’inquinamento che, seppur significativi, non possono essere paragonati a quelli che avvengono negli esseri umani.