Senza quella specie di voto di scambio che è stata l’acritica difesa del reddito di cittadinanza, inutilizzabile alle Regionali, il Movimento 5 stelle appare oggi per quello che è: un Ufo della politica, un oggetto misterioso di ridotte dimensioni, una carta moschicida di varie pulsioni populiste, un amalgama mal riuscito di estremismo e notabilato.
Con il voto di domenica e lunedì sembra riprendere il trend negativo che il 25 settembre non era deflagrato in catastrofe solo grazie alla truffaldina campagna che illuse tanti elettori che votando il Conte-Masaniello ci sarebbero stati i soldi del reddito. È stato quell’ombrello disinvoltamente aperto prima del voto dall’avvocato del popolo a salvare il suo partito dal diluvio. E infatti si è visto quanto vale davvero.
Ora che l’ombrello del reddito di cittadinanza si è chiuso ha ripreso a piovere forte, visto che il Movimento è andato malissimo in Lombardia (cinque per cento) e male nel Lazio (alle Regionali del 2018 aveva preso il ventidue per cento, ora il nove) dove pure aveva governato con il loro punto di riferimento fortissimo Nicola Zingaretti.
È un ritorno alla realtà mica male, e non serve giustificare la botta col fatto di non essere radicati sul territorio, che caso mai è una colpa e non una scusante, così come serve a poco invocare il problema dell’astensionismo che ha colpito più o meno tutti i partiti.
Col Partito democratico non c’è gara: con questo Partito democratico eh, non con Mike Tyson. In Lombardia perde pure contro il deludente Terzo Polo. E sì che Conte è (era?) considerato da molti l’uomo nuovo della sinistra, lo statista che governò bellamente con la destra come con la sinistra senza battere ciglio, il post-populista che aveva portato il suo popolo dal “vaffa” ai G8. Tutta fuffa.
Il Movimento 5 stelle è un partito in crisi da tanto tempo perché è da tanto tempo senza idee che non siano quelle della protezione individuale a buon mercato al di fuori di qualunque ragionamento generale sulla giustizia sociale, la produttività e la redistribuzione: altro che progressisti. Nemmeno il fintopacifismo di questi mesi ha portato voti, se è vero che ha vinto Fratelli d’Italia, coerentemente dalla parte di Kyjiv, e che da questo lato in qualche modo il Partito democratico ha tenuto. È vero che non si votava sulla politica estera ma alle urne vale tutto, anche il profilo ideale che un partito si dà.
Perché è questo il vero punto dolente di “Giuseppi”: qual è il suo profilo ideale? Diciamola più semplicemente: qual è la sua funzione, la sua proposta politica? Cos’è, oggi, il Movimento 5 stelle? Nato per raccogliere e filtrare i vapori più densi dell’antipolitica, il partito che fu di Beppe Grillo stenta molto a scatenare la promessa tempesta politica – la “scatoletta di tonno” sembra roba di cent’anni fa – limitandosi alla bell’e meglio a lucrare su qualche battaglia identitaria per raggranellare visibilità e seggi parlamentari.
Alle politiche ha dimezzato i voti pur mantenendo una percentuale considerevole, anche perché ha avuto la fortuna di incrociare la crisi verticale di un Partito democratico che se per caso riprendesse a fare politica potrebbe riconquistare i suoi voti finiti all’avvocato di Volturara Appula; ed è stato, quello delle politiche, un voto che ha momentaneamente occultato la parabola discendente iniziata dopo l’età dell’oro del “vaffa”, dei gilet gialli e del dibattistismo. Adesso si torna alla realtà, e Conte è nudo davanti al nulla. In Parlamento non sta facendo niente, fuori ancora meno.
Non è e non sarà lui il baluardo anti-Meloni – infatti la premier di tutto si preoccupa tranne che dei Cinquestelle – ed è da capire se un certo vento di sinistra radicale esiste e può sospingerlo un poco: ma ragionevolmente grandi spazi di manovra politica non se vedono, per lui.
Quando si tratterà di votare a elezioni dal significato tutto politico addirittura di portata storica come le europee dell’anno prossimo, che dirà, cosa farà Giuseppe Conte? Dinanzi all’onda montante della destra europea che rischia di sommergere il senso più profondo dell’europeismo e dei valori democratici del Vecchio Continente è più che probabile che si parerà esclusivamente il riformismo nelle sue varie declinazioni mentre ben che vada il Movimento al massimo potrà giocare il ruolo di piccolo provinciale testimone di un generico malcontento. Troppo poco, troppo triste.