“Conoscere i luoghi, vicini o lontani, non vale la pena, non è che teoria; saper dove meglio si spini la birra, è pratica vera, è geografia.”
Goethe
C’è un luogo in Toscana dove calde colonne di vapore escono dal terreno e l’acqua ribolle in un panorama che ricorda la natura selvaggia dell’Islanda. Viene definita la “Valle del Diavolo” perché nel Medioevo era considerata l’anticamera dell’inferno. Siamo nelle Terre di Pisa dove per la prima volta a livello mondiale si è iniziato a sfruttare l’energia geotermica, ossia il calore che fuoriesce dalla terra, per produrre elettricità.
Qui nel 2014 è stata fondata da Edo Volpi Vapori di Birra, il primo birrificio al mondo che produce birra artigianale utilizzando come fonte primaria di energia il vapore geotermico.
«Sono nato e cresciuto a Sasso Pisano un piccolo paese medioevale nel comune di Castelnuovo Val di Cecina in provincia di Pisa. Questo luogo fumante e selvaggio è la mia casa. Dopo aver lavorato per oltre trent’anni come tecnico proprio nella centrale Enel che converte in elettricità il calore della terra, a 61 anni sono andato in pensione con l’idea di sfruttare questa energia per realizzare un’attività imprenditoriale».
E così coniugando la passione per la birra, la sostenibilità, il legame con il territorio e la voglia di creare un prodotto artigianale con un ridotto impatto ambientale è partito questo progetto.
«Qui creiamo le nostre birre realizzate solo con acqua, malto, orzo, luppolo, lievito e un ingrediente speciale: il calore naturale della terra. Il risultato è una bevanda esclusiva di alta qualità rifermentata in bottiglia e, per mantenere le qualità organolettiche, né filtrata e né pastorizzata». Un esempio virtuoso di come storia, territorio e fonti rinnovabili possono fermentare insieme per creare un prodotto artigianale di qualità e rispettosa dell’ambiente.
«Grazie a un sistema di condotte il vapore proveniente dalla centrale viene instradato verso il birrificio, il quale lo utilizza per tutte le fasi della produzione della birra che richiedono calore. Si va dall’ammostatura, il primo passaggio della produzione, dove all’acqua riscaldata a 78° vengono aggiunti i malti macinati, poi è la volta della fermentazione e infine ci sono i lavaggi, per i quali si usa sempre acqua proveniente dalla geotermia. Questo vapore non entra mai in contatto diretto con la birra, che così mantiene inalterate le sue proprietà organolettiche, nutrizionali e, ovviamente, di gusto».
Anche dai nomi delle otto birre prodotte si intuisce il legame con la terra: si spazia da “Magma”, una rossa ambrata doppio malto, alla “Geyser”, una spumeggiante pale ale con 100% malto d’orzo, o la “Sulfurea”, una weiss di frumento con schiuma bianca e compatta che ricorda il colore dello zolfo, fino alla birra speciale al miele “Thera” o quella al peperoncino, di produzione locale, “Fiamma”.
Oggi Vapori di Birra è un’azienda a maggioranza femminile che conta sei soci ed esporta nel mondo 1.600 delle 40.000 bottiglie prodotte ogni anno.
Nel birrificio si possono fare anche degustazioni, accompagnate da piatti della tradizione locale arricchiti da un tocco di innovazione dato dall’utilizzo della birra, dall’antipasto al dolce.
A poche decine di chilometri da Vapori di Birra, a Peccioli, sempre sulle colline pisane all’ombra di Volterra si trova un’altra realtà che sempre partendo dalla terra è arrivata alla birra. Si tratta del Birrificio Agricolo Poggio Rosso creato da Fernando Campana.
«Solitamente le aziende che fanno birra artigianale per curare il loro prodotto decidono di produrre in proprio anche il cereale. Noi – ci spiega il fondatore – abbiamo fatto il processo inverso. La mia famiglia coltiva i cereali da generazioni e da lì siamo partiti per arrivare alla birra».
Nel 2015 Fernando inizia a pensare a come diversificare la sua attività agricola. «Nel tempo libero gioco a calcio e suono il basso in gruppo musicale che fa cover anni ’80. La birra è l’elemento sempre presente in queste mie passioni; dopo una partita o durante le prove per un concerto. È il prodotto agricolo più vicino alla mia personalità, non mi vedovo a preparare marmellate o miele». Così la compagna inseparabile degli hobby è stata la scintilla che ha fatto nascere questo birrificio agricolo.
La bevanda è realizzata per il 90% con l’orzo biologico prodotto a duecento metri dal birrificio. Viene raccolto a luglio, stoccato, e dopo un paio di mesi è pronto per realizzare otto tipi di birra. I nomi si ispirano alle passioni di Fernando per la musica e la letteratura americana. «Ai Beatles abbiamo dedicato “Abbie Road”, una birra di abbazia, mentre David Bowie ha suggerito la birra rossa “Life on Mars” e dalla canzone The Jean Genie è nata la “Ging Genie” con un retrogusto di zenzero. Pensando ai libri abbiamo creato “Furore”, che rende omaggio al romanzo di John Steinbeck, e “Pastorale Americana” uno dei classici di Philip Roth».
In azienda accanto al birrificio è presente anche una taproom dove assaggiare le birre alla spina, accompagnate con prodotti coltivati e panificati da Fernando o dai produttori vicini, ascoltare musica dal vivo o dal jukebox vintage. Il tutto affacciati davanti a un panorama collinare che cambia colore ad ogni stagione: verde in primavera, il giallo in estate e marrone in autunno.
Fernando al temine della nostra visita ci tiene a ricordare che: «I bandi della Comunità Europea per incentivare la trasformazione del prodotto agricolo, hanno avuto un ruolo fondamentale nel realizzare questo progetto. Grazie a quei fondi siamo riusciti a creare il birrificio agricolo, il magazzino e la cella frigo per lo stoccaggio dei cereali, oltre all’installazione dell’impianto fotovoltaico».
I produttori intervistati fanno parte dell’ambito Terre Di Pisa che riunisce, insieme ai produttori agricoli e artigianali, gli operatori turistici, i comuni e le associazioni di categoria del territorio pisano. Il sito è la bussola per scoprire itinerari naturalistici e culturali che vanno “oltre la Torre pendente” e che rientra in Vetrina Toscana, il progetto regionale che promuove il turismo enogastronomico.