I quattro mori Calderone cancella per decreto i vertici di Anpal (ed è pronta a nominare l’amico sardo)

La ministra del Lavoro, con un provvedimento firmato insieme a Giorgetti, ha revocato il cda della società in house dell’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro, guidata da Cristina Tajani, nominata meno di otto mesi fa in quota Pd. Al suo posto dovrebbe andare Massimo Temussi, supermanager pubblico indicato da Fratelli d’Italia come candidato alle prossime regionali in Sardegna

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Ormai è questione di giorni. E il sardo Massimo Temussi, già nominato dalla ministra del Lavoro Marina Calderone come suo consulente personale, dovrebbe andare a occupare anche la presidenza dell’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro, Anpal. A due mesi dall’approvazione della legge di bilancio, la ministra ha annunciato più volte un decreto lavoro che ancora non s’è visto, né ha spiegato con quale misura sostituirà il reddito di cittadinanza o come troverà un lavoro ai 600mila occupabili che perderanno l’assegno da agosto. Ma ha trovato il tempo per cancellare per decreto l’intero consiglio d’amministrazione di Anpal Servizi, la società in house dell’agenzia Anpal.

Una anomalia, la revoca per decreto, considerando anche che i vertici di Anpal avrebbero avuto ancora due anni di piena funzione. Così entro metà marzo al massimo, il fedelissimo Temussi dovrebbe prendere il posto di Cristina Tajani, nominata in quota Pd solo sette mesi fa (poi candidata anche alle politiche dal partito) dopo il commissariamento dell’ente di oltre un anno e la cacciata del guru del Mississippi Mimmo Parisi scelto dai Cinque Stelle del primo governo gialloverde.

Al ministero del Lavoro, prosegue così lo spoil system targato Calderone. La quale, dopo aver lasciato in eredità la sua carica di presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro al marito Rosario De Luca (ex consigliere dell’Inps dimessosi per incompatibilità dopo la nomina della moglie), ora punterebbe pure a mettere il concittadino sassarese alla guida dell’agenzia che nei suoi piani dovrebbe essere la testa di ponte per la rivoluzione annunciata delle politiche attive del lavoro legate al reddito di cittadinanza. Un dèjà vu delle promesse di Conte e Di Maio, in pratica. Con l’aggiunta che ora arriveranno pure 4,5 miliardi del Pnrr per realizzare il programma Gol, Garanzia di occupabilità dei lavoratori.

Con un decreto a firma di Calderone e Giorgetti del 14 febbraio, il governo ha fatto piazza pulita del consiglio di amministrazione di Anpal Servizi, società in house di Anpal. E ora, su richiesta del neo direttore generale del Tesoro Riccardo Barbieri, Tajani ha convocato per il 9 marzo (o il 13 marzo in seconda convocazione) l’assemblea degli azionisti di Anpal Servizi per la nomina del nuovo amministratore della società, che è anche presidente di Anpal.

Temussi dal 20 gennaio ha lasciato la guida del Centro regionale di programmazione sardo, ad appena un anno dalla nomina, per trasferirsi a Roma e lavorare con Calderone. Il supermanager arriva da una lunga gestione dell’Agenzia sarda per per le politiche attive del lavoro e soprattutto dal ruolo di commissario straordinario dell’Ats nel periodo della pandemia. Legato a Pietro Fois, oggi amministratore della provincia di Sassari, cattolico di centrodestra, ex assessore e consigliere regionale.

Temussi è uno che piace molto anche a Fratelli d’Italia, tanto che il partito della presidente Giorgia Meloni avrebbe fatto il suo nome pure come candidato del centrodestra alle prossime elezioni regionali sarde del 2024.

Mettere le mani sull’Agenzia è cruciale per Meloni e Calderone per gestire quella che in un’intervista al Sole 24 Ore la ministra ha chiamato «inclusione attiva» degli occupabili del reddito di cittadinanza, un processo che prevede anche il coinvolgimento delle agenzie per il lavoro iscritte al registro ministeriale con l’obiettivo di superare il pantano dei centri per l’impiego pubblici.

Ma già si sollevano i dubbi sui potenziali conflitti di interesse che la ministra Calderone avrebbe a causa delle cariche ricoperte dal marito Rosario De Luca. Il quale ha ereditato la carica di presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro con una inusuale successione familiare (grazie all’unanimità dei voti a scrutinio segreto). All’ordine sono collegate la “Fondazione Studi”, da lui presieduta. E anche la “Fondazione Studi Consulenti del Lavoro” srl. Quest’ultima, di cui la “Fondazione Studi” è socio unico, è stata guidata da De Luca fino allo scorso ottobre ed è una vera e propria agenzia per il lavoro che avrebbe in teoria tutto l’interesse all’apertura della formazione e delle politiche attive agli attori privati. Che poi è una proposta, questa, da sempre caldeggiata da Calderone e consorte – come ha fatto notare anche Alessandro Milia su Gli Stati Generali.

Dopo la burrascosa era Parisi, tra fantomatiche app mai realizzate e voli in business class, l’Agenzia nazionale delle politiche attive diventa così di nuovo terreno di potenziali conflitti di interesse e contrasti politici.

Le rappresentanze sindacali di Anpal Servizi delle Clap e di Fabi hanno già chiesto alla presidente Tajani un incontro urgente per discutere degli impatti dell’ennesimo ricambio ai vertici che coinvolge l’agenzia. «Siamo molto preoccupati per quello che sta accadendo», dice Cristian Sica, rappresentante delle Clap. «Dopo oltre un anno di commissariamento straordinario, Tajani è stata nominata meno di otto mesi fa. Ora andiamo incontro all’ennesima fase di transizione in un momento in cui sarebbe necessario che l’agenzia funzionasse al meglio, con il programma Gol del Pnrr e le politiche attive da implementare per il reddito di cittadinanza».

Senza dimenticare che Temussi viene anche dato come possibile candidato del centrodestra alle prossime elezioni regionali in Sardegna nel 2024 e quindi potrebbe lasciare nuovamente vuota la poltrona dell’Anpal tra qualche mese.

Dal Pd, partito della spodestata presidente Tajani, annunciano già la presentazione di una interrogazione alla ministra Calderone per sapere come mai sia addirittura ricorsa a una decreto per revocare il cda di una società in house pubblica. «Sarebbe un precedente pericoloso», dice Emiliano Fossi, Pd, membro della commissione Lavoro della Camera, «per proseguire con un assalto ad altre società pubbliche con le stesse modalità».

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