Da Tel Aviv a Parigi, passando per Milano. In Italia si gioca una piccola, decisiva partita nell’elezione suppletiva di un seggio dell’Assemblea nazionale francese. La circoscrizione estera che include il nostro Paese, e con noi Vaticano e San Marino, è l’ottava: la stessa di Israele, Turchia, Grecia, Cipro e Malta. Si era votato, come per tutto il Parlamento, l’anno scorso dopo le presidenziali, ma il Consiglio costituzionale ha annullato l’esito del ballottaggio perché sono state riscontrate irregolarità. Si ripete così la sfida a due tra Meyer Habib, deputato per un decennio in quota centrodestra, e la macroniana Deborah Abisror de Lieme, che ha fatto (e vinto) il ricorso.
Habib ieri era nel capoluogo lombardo. L’appuntamento è alla Mag La Pusterla, un bistrò chic di via de Amicis. «È un evento a porte chiuse», ci dicono. Abisror de Lieme, invece, è stata a Roma domenica scorsa, dopo un tour a Torino, Venezia e Palermo. A Milano tornerà la settimana prossima. Nonostante gli storici rapporti commerciali e culturali, l’Italia non è il principale bacino in una consultazione dove l’astensione è altissima. Il fronte principale è Israele, conta sessantottomila iscritti alle liste elettorali contro i circa trentaseimila che vivono qui. Ed è in Israele che sono avvenuti i fatti contestati.
Il secondo turno ha visto un testa a testa tra i candidati. Alla fine, Habib aveva vinto per una manciata di preferenze, 197 per l’esattezza. Il Conseil constitutionnel, di fatto la Corte costituzionale francese, ha riscontrato, da parte di Habib, la violazione del silenzio elettorale, che contempla anche la sfera digitale, a differenza della normativa italiana. Oltre alla «propaganda politica» in prima persona, sui social nel giorno delle urne sarebbero circolati messaggi da parte di funzionari pubblici israeliani e di autorità religiose che invitavano a votare il candidato dei Repubblicani-Udi. I giudici ritengono ciò possa aver «influenzato un numero significativo di elettori».
Infine, il deputato uscente è accusato di aver impiegato «hotline e centri di assistenza», dove «un numero significativo di operatori», durante le chiamate, avrebbero offerto (usa il condizionale anche la sentenza) a chi riscontrava difficoltà con il sistema di voto elettronico «di votare su internet al loro posto, utilizzando i loro identificativo e password». Le Monde sostiene che Habib abbia goduto del sostegno, e soprattutto dell’efficace piattaforma telefonica, del partito di matrice religiosa Shas, che ha undici deputati alla Knesset e partecipa al sesto governo di Benyamin Netanyahu dove esprime il vicepremier, con delega a Sanità e Interni, Aryé Dery.
Habib vanta una connessione personale al dominus della politica israeliana. È amico fraterno di Bibi, che sarebbe stato pronto a nominarlo ambasciatore in Francia, secondo le ricostruzioni della stampa francese. Era proprio con il premier, in visita a Parigi a febbraio, quando l’ha raggiunto la notizia della sua decadenza da parlamentare. Netanyahu nel 2017, quando era stato l’unico a battere nelle circoscrizioni estere i candidati del partito del presidente Emmanuel Macron, aveva registrato un video in suo sostegno, mentre Habib, considerato vicino alla destra religiosa israeliana, prometteva di «governare nel nome della Torah».
In un suo ritratto molto duro, Le Monde scrive che Habib avrebbe portato all’Assemblea nazionale il lessico della destra radicale sionista. Il quotidiano lo ritiene parte dell’inner circle di Netanyahu, a cui è legato da amicizia decennale e che chiama «fratello». Una fonte diplomatica, sentita dall’inchiesta del Monde, si domanda se il deputato rappresenti più la Francia a Parigi, o il contrario. Su Twitter esibisce spesso le sue entrature, come quando ha confermato la trasferta del premier a Parigi.
La sua presenza in Italia, in questi giorni, coincide con la visita, al via oggi, di Netanyahu al governo di Giorgia Meloni. Intervistata dal Domani, l’ex portavoce del ministero degli Esteri israeliano Yigal Palmor ritiene addirittura che il viaggio «sia stato organizzato informalmente da Meyer Habib, uomo d’affari e politico poco trasparente, da sempre uomo di Bibi a Parigi». Nel 2020, quando Macron è andato a Gerusalemme, il deputato ha scortato Macron, imbucandosi agli incontri ufficiali (ha dovuto lasciare quello con l’allora capo dell’opposizione, Benny Gantz, proprio per ragioni di protocollo). Chissà se si ripeterà il copione, ma a Roma.
La sua sfidante, mercoledì, è stata all’Eliseo. Ha parlato con Macron della situazione in Italia ed è convinta di potergli portare in dote un seggio in più in Parlamento, dove Renaissance anima un governo di minoranza. Il nostro Paese «rappresenta il secondo campo della contesa, ma in proporzione vota sempre di più a ogni elezione – spiega a Linkiesta Abisror de Lieme –. Più lo fa, più diventa importante. È vitale che gli italiani comprendano che per molti anni non hanno contato. Ma contano, e possono fare la differenza». In effetti, la partecipazione dei francesi in Italia è cresciuta nelle ultime tornate: tra Israele e la penisola si invertono le percentuali. Per questo la candidata scommette su una maggiore affluenza.
«Da quando il collegio esiste, c’è sempre stato lui – dice dell’avversario –. È stato come non avere un membro del Parlamento. I francesi all’estero devono poter ricevere lo stesso trattamento da parte della loro nazione d’origine, ma in dieci anni Habib è sempre stato all’opposizione. Per dieci anni i nostri cittadini sono stati rappresentati da qualcuno che non vota neppure il bilancio. Sa quanti emendamenti è riuscito a far passare in dieci anni? Due, e nessuno di questi riguardava i francesi all’estero».
Abisror de Lieme teme si possano ripetere irregolarità: «Se non avesse applicato questi metodi, non sarebbe più in carica. I cittadini devono sapere che la legge viene rispettata da chi la scrive». Habib, i cui uffici a novembre sono stati perquisiti per sospetta appropriazione di fondi pubblici, bolla come manipolazioni le accuse. «Nelle sue dichiarazioni e online dice che ho inventato tutto, ma parliamo di una sentenza del più importante tribunale nazionale – conclude la macroniana –. Il ricorso, poi, si è basato sulle segnalazioni dei cittadini, non sono servite le mie perché ne avevano già ricevute abbastanza. Dire che tutto questo è falso, è populista». Si vota online tra il 24 e il 29 marzo, oppure al Consolato il 2 aprile.