Quante volte, davanti alla televisione, ci capita di chiudere gli occhi e pensare «Dove ho già sentito questa voce»? A volte una voce fa scaturire un ricordo, un collegamento, a volte è la voce a definire i tratti di un personaggio. E se la voce è quella di Gianluca Iacono, i volti che si affacciano alla mente sono tantissimi.
«Appena ho visto Gordon, quando ho fatto il provino per doppiarlo, tredici anni fa, ho pensato ad Al Pacino nell’arringa finale di Profumo di Donna. Pacino si arrabbia, con la voce di Giancarlo Giannini». E con questo collegamento in mente Gianluca Iacono ha dato voce a Gordon Ramsay: è lui a doppiarlo in “Master Chef Usa” e in “Hell’s Kitchen”. Perché chef Ramsay da anni ormai non è più solo un cuoco, ma è a tutti gli effetti un personaggio. Uscito dalla cucina ed entrato nel piccolo schermo, si anima di una nuova voce per entrare in contatto con il pubblico che non parla la sua lingua.
Ma come si doppia qualcuno che non è un attore? Una persona normale? È quello che si fa con tutti i reality da una ventina d’anni. E Gordon «È stato il primo a fare reality di cucina – spiega Iacono – e se non è un attore, sicuramente è un personaggio. Bisogna tener presente che quando si doppia un reality lo si fa “al volo”: non lo vedo prima, non so cosa succederà tra un secondo. Ci vuole un misto tra prontezza di riflessi, velocità di lettura e capacità di anticipare il personaggio, conoscendolo profondamente. Perché Gordon ha i suoi modi ricorrenti: da come si muove, da uno sguardo so che sta per arrabbiarsi». E così il doppiatore sa quando deve far partire il suo crescendo. Non solo: «Ormai lo conosco, ho imparato i suoi modi, le sue sfumature. So che musicalità deve avere la voce quando lo chef richiede la presentazione di un piatto, quando elenca gli ingredienti che lo compongono, quando spiega un procedimento. È questo che fa il doppiaggio, crea la musica che accompagna l’azione».
Uno chef a teatro
Non è un attore, quindi, ma un personaggio. E come personaggio, grazie a Iacono, si trova ad agire fuori dalla realtà e a interagire con altri personaggi. Con Vegeta, ad esempio, il mitico principe dei Saiyan: per chi non è fan di “Dragon Ball”, Vegeta è il deuteragonista, orgoglioso al limite dell’arroganza, perennemente accigliato, irresistibile e insopportabile. E con Ramsay-personaggio il principe condivide, oltre a una certa tendenza all’iracondia e a un ego di cospicue dimensioni, un tratto fondamentale: la voce, quella di Iacono.
Ed è Iacono a condurre i due a incontrarsi e a scontrarsi. Prima in video, come questo, in cui il principe degli chef bistratta il principe dei Saiyan, incapace di rompere un uovo, come un qualsiasi concorrente di reality. E poi in teatro. Sì, perché nel suo nuovo spettacolo “Vegeta è morto – e l’ho ucciso io” Iacono porta il Ramsay-personaggio a fare un ulteriore passo: dopo essere entrato nel mondo dei cartoni animati, lo chef in un certo senso sale sul palco di un teatro. «Gordon sta in scena insieme a me – spiega Iacono – e insieme agli altri personaggi, (non solo Vegeta, ma anche Marshall di “How I met your mother”) agisce letteralmente alle mie spalle: dietro di me, su uno schermo, prendono vita le voci che abitano nella mia testa. Io, doppiatore, torno a casa, spero di potermi rilassare, di staccare dal lavoro, ma le voci sono vive. Ognuna vuole una “’fetta” di me. Litigano tra loro, mentre i loro discorsi e i miei pensieri portano lo spettacolo e la riflessione su più livelli». Così uno chef diventa parte di un meccanismo letterario, oltre che teatrale.
Il potere immaginifico del cibo
Che a uno chef possa toccare in sorte di non essere più solo persona, ma anche personaggio può sembrare strano, ma non poi così tanto, se pensiamo che da decenni ormai ci appassioniamo ai programmi tv di cucina. Una passione le cui radici toccano corde profonde della nostra natura. «Il cibo e il sesso si richiamano a una visceralità umana che attrae tantissimo, che fa sempre presa. Sono bisogni primari». Iacono si richiama a una componente carnale del cibo, che però non è la sola a spiegare il successo degli chef in tv: «Il lavoro di un cuoco è colorato, creativo. Con il cibo si può giocare in mille modi, si può far emergere un lato fanciullesco in cui tutti ci possiamo ritrovare. Il cuoco usa un sacco di attrezzi diversi, ingredienti a volte inconsueti. A questo lato ludico si aggiungono altri fattori che nei reality diventano determinanti: la competitività è fondamentale, così come lo sono i personaggi, che devono essere quelli giusti, e la costruzione del programma, che prende tantissimo. Masterchef è costruito bene, soprattutto nella versione Usa, che è priva di quella patina leggermente provinciale che troppo spesso contraddistingue tutto quello che è italiano. Siamo sempre un po’ provinciali».
Infine un’ultima, fondamentale considerazione: «Tutti mangiamo, e tutti cuciniamo, chi male, chi bene, tutti ci cuociamo almeno un uovo. E se proprio non lo facciamo, lo vorremmo fare». Iacono stesso cucina, quando ha tempo: «Mi piace, ho seguito anche un corso, a volte preparo cose particolari, come uno spezzatino al caffè, una ricetta brasiliana che mi riesce bene, o un risotto con zucca e carote». Il cibo, dunque, ritorna nella vita di Iacono, come nella sua arte. Se pensiamo a Vegeta – gli appassionati di Dragon Ball lo sanno – pensiamo sicuramente a una buona forchetta, come tutti i Saiyan. Non solo: una cucina è la scena su cui su muovono i personaggi, le “voci” nello spettacolo “Vegeta è morto – e l’ho ucciso io”.
Ancora, Iacono ha doppiato un personaggio nel nuovo reality “American Barbecue” su Netflix. Dare voce al cibo non è una cosa facile: «Quando un personaggio fa un assaggio devi rendere in modo credibile la sonorità, che è diversa ovviamente a seconda dei diversi cibi». Un gioco di suoni e consistenze che Iacono conosce bene anche al cinema: «Ho doppiato Stephen Graham in “Boiling Point”, un film interamente ambientato in un ristorante. Un film che è tutto un piano sequenza e che mostra tutta la vita di una cucina, ovviamente a tre stelle. Boiling point è il punto di ebollizione, il punto in cui i nervi saltano: e questo punto arriva per lo chef protagonista». Ancora una volta lo chef è sotto i riflettori. Ancora una volta la cucina come un palcoscenico. Ancora una volta l’arte del cucinare e quella del recitare si toccano, mentre suoni e immagini rendono tangibile la sostanza impalpabile di profumi e sapori.