Imboscata sovranistaL’instabilità politica in Slovacchia potrebbe indebolire il fianco orientale della Nato

Lo sfiduciato Heger traghetta il Paese verso le urne di settembre, in uno scontro tra partiti pro-Ucraina e antioccidentali. Bratislava ha adottato tutte le sanzioni europee e fornito armi a Kyjiv, ma un ritorno al potere dell’ex premier Fico avvicinerebbe il governo al finto pacifismo di Orbán

Il primo ministro slovacco Heger
AP Photo/Virginia Mayo

La guerra in Ucraina e le forti tensioni che contrappongono la Nato e l’Unione europea alla Federazione Russa hanno provocato una spaccatura nel cuore del vecchio continente. Le frontiere orientali di Paesi Baltici, Polonia e Ucraina separano il blocco occidentale da quello filorusso ma l’invasione di Mosca ha reso instabili i confini di Kyjiv e la vera linea difensiva euro-atlantica corre, ora, lungo i confini orientali di Slovacchia e Romania. Il problema di Bruxelles è che proprio la Slovacchia, preda di instabilità politica da mesi, rischia di essere l’anello debole dell’alleanza e ciò ha ricadute sulla tenuta a Est del blocco.

La presidentessa slovacca Zuzana Caputova, che è tra i politici più filoeuropei del Paese, gode di grande fiducia da parte della popolazione, ma ha poteri limitati perché la Slovacchia è una repubblica parlamentare e non può intervenire direttamente nelle dinamiche dei partiti. Il governo uscente guidato dal primo ministro Eduard Heger, membro del partito di centrodestra Persone Comuni (Olano), è stato sfiduciato dal Parlamento a dicembre e attualmente è in carica come esecutivo provvisorio in attesa delle elezioni anticipate previste per il settembre 2023.

Il gabinetto Heger era stato formato nell’aprile 2021 dagli stessi partiti che facevano parte del governo di Igor Matovic, nato in seguito alle elezioni del 2020. I quattro movimenti in questione sono Olano, populista, che si era piazzato al primo posto alle consultazioni con cinquantatré seggi sui centocinquanta del Parlamento; Noi Siamo una Famiglia, russofilo ed estremista di destra, giunto terzo con diciassette seggi; Libertà e Solidarietà, moderatamente euroscettico e conservatore, che aveva ottenuto tredici seggi e Per il Popolo, liberale ed europeista, che si era aggiudicato dodici seggi.

Il governo di Igor Matovic, fortemente impopolare, era caduto in seguito a una profonda crisi politica innescata, dalla gestione della crisi del coronavirus e dalla contestata decisione di acquistare il vaccino russo Sputnik. Matovic aveva poi scambiato il suo incarico con quello del ministro delle Finanze Heger, ma l’artificio non ha impedito al secondo, accusato di incompetenza e di non aver portato a termine gli impegni per la lotta contro la corruzione, di fare la stessa fine del suo predecessore.

Gli analisti e i media ritengono che le elezioni di settembre saranno molto polarizzate e incentrate sullo scontro tra i partiti filoccidentali e pro-ucraini e i movimenti antioccidentali, che vanno dal conservatorismo alla sinistra radicale. La Slovacchia, che confina con l’Ucraina, ha adottato le sanzioni comunitarie contro la Russia e ha fornito armamenti e artiglieria a Kyjiv, ma non tutte le forze politiche ritengono che questa sia la linea da seguire.

L’ex primo ministro Robert Fico, a capo del partito Smer, ha già chiarito che, se vincerà le elezioni, smetterà di inviare aiuti militari a Kyjiv e stringerà le fila con il premier ungherese Viktor Orbán. Il paradosso è che Smer sarebbe, almeno formalmente, un partito socialdemocratico anche se la realtà dei fatti dimostra il contrario.

Fico ha dominato la scena politica slovacca per oltre un decennio ed è stato primo ministro tra il 2006 e il 2018, con una breve esclusione tra il 2010 e il 2011. In dodici anni lo Smer si è imposto alle consultazioni del 2006, 2012 (con il 44 per cento dei voti) e 2016 formando di volta in volta alleanze con partiti conservatori e perseguendo una linea di adesione al blocco di Visegrad, di chiusura dei confini nazionali e di negazionismo del cambiamento climatico.

L’ex primo ministro è stato costretto a dimettersi nel 2018 in seguito alle proteste di piazza scaturite dall’omicidio del giornalista investigativo Jan Kuciak, che prima di essere ucciso indagava sulla corruzione nella politica. Fico ha tentato di farsi nominare, senza successo, giudice della Corte Suprema nel 2019 e ha assistito alla sconfitta del candidato a lui più vicino alle presidenziali dello stesso anno.

I sondaggi, riportati da Politico, indicano che ci sono buone possibilità che Smer giunga al primo posto alle prossime elezioni. Il partito è accreditato del diciannove per cento dei voti a pari merito con Voce-Social Democrazia, un movimento fondato nel 2020 dall’ex premier Peter Pellegrini. L’europeista Pellegrini ha abbandonato Smer proprio in polemica con Fico e ha chiarito come Voce abbia a cuore l’antifascismo, la tutela dei più deboli e i valori socialdemocratici.

Il quadro è, comunque, frammentato ed inseguono diverse formazioni, in alcuni casi estremiste. Tra queste gli euroscettici di Sme Rodina (sette per cento), gli ultranazionalisti di Republika (sette per cento), il Partito Nazionalista (quattro per cento), Nostra Slovacchia, neonazista (due per cento). I liberali di Slovacchia Progressista sono terzi con l’undici per cento e i Cristiano-democratici sono stimati al quattro per cento.

Nel marzo 2021 si è verificato un rimescolamento degli equilibri politici dopo la scissione subita da Nostra Slovacchia. La scissione non ha avuto motivazioni ideologiche, ma è stata dovuta alla contrarietà nei confronti di una riforma dello statuto volta a favorire il segretario Marian Kotleba. In risposta a ciò una fazione, guidata da Milan Uhrik, ha lasciato il partito e lo ha privato della maggior parte dei suoi rappresentanti.

Uhrik, ora leader di Republika e membro del Parlamento europeo, ha puntato il dito, in un’intervista rilasciata a Hungary Today, sulla minaccia costituita dai globalisti e dalle élite in favore della guerra in Ucraina, dei migranti, delle sanzioni alla Russia e della diversità sessuale. Il manifesto elettorale del suo partito ricorda, invece, la necessità di trasformare l’Unione europea in una piattaforma di cooperazione economica tra gli Stati.

Le istituzioni slovacche si sono dimostrate poco attente nei confronti della minacciosa destra radicale, ma qualcosa sembra essere cambiato. Marian Kotleba, leader di Nostra Slovacchia e noto per le posizioni antisemite, omofobe, razziste e discriminatorie verso i Rom espresse nel corso degli anni, è stato condannato a quattro anni e quattro mesi di carcere nell’ottobre del 2020 per attività estremiste. La Corte Criminale Speciale, che aveva trattato il caso Kotleba, si era occupata anche di altri membri del partito accusati di vari reati e che in alcuni casi avevano dovuto rinunciare al mandato parlamentare.

La condanna di Kotleba è stata, però, ridotta a sei mesi in appello e i tentativi di bandire Nostra Slovacchia, che nel 2016 e nel 2020 ha ottenuto l’otto per cento dei voti, si sono scontrati con il rifiuto della Corte Suprema. Kotleba ha guidato, in passato, un partito che organizzava raid punitivi contro i Rom ed esprimeva ammirazione nei confronti del governo nazista al potere in Slovacchia durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre i membri del suo attuale movimento hanno utilizzato apertamente il saluto nazista.

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