Raccomandazioni a RomaPer il Fmi, il Pnrr è lo scudo italiano contro l’instabilità finanziaria

Fabio Natalucci, vice direttore del Fondo monetario internazionale per i Monetary and Capital Markets, spiega che «è uno strumento fondamentale. Ha effetti sulle riforme strutturali, aiuta la posizione fiscale, ma soprattutto la produttività. I soldi vanno utilizzati in maniera intelligente ed efficace».

Spendere i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza è una raccomandazione diffusa e nota. E ora a sottolinearlo è anche Fabio Natalucci, vice direttore del Fondo monetario internazionale per i Monetary and Capital Markets. Perché, spiega a Repubblica, è un elemento fondamentale per difendere l’Italia dai rischi dell’instabilità finanziaria globale generata dai problemi bancari americani.

Una tempesta che, dice, riguarda «soprattutto l’esposizione al rischio dei tassi di interesse non prezzato, per gli investimenti nei titoli di Stato americani non soggetti alla pratica del mark to market (l’aggiustamento in funzione dei prezzi correnti di mercato, ndr)». Alla fine del quarto trimestre del 2022, «a livello aggregato c’erano più di 600 miliardi di titoli di questa tipologia». Per cui, «facendo un esercizio sull’effetto del mark to market istantaneo sull’intero universo delle banche americane, il 9% subirebbe un impatto che porterebbe il capitale sotto il 7%, livello minimo della regolamentazione. La preoccupazione principale riguarda l’effetto che ciò avrebbe sulla profittabilità delle banche, quando i costi dei depositi stanno salendo, e quindi la riduzione del credito, che avrebbe un impatto sull’economia reale».

Diversa è la condizione del sistema italiano. «Le banche in Europa godono di alcuni fattori positivi. Uno è che questi portafogli soggetti al rischio mark to market sono più piccoli rispetto alle banche americane», spiega Natalucci. «Poi le regole di Basilea III vengono applicate a tutti. Ci sono però due sfide. La prima è la profittabilità in generale delle banche europee, più bassa di quelle americane. Se l’economia rallenta, c’è il rischio di una riduzione dei prestiti. La seconda potenzialmente è quando verso la metà dell’anno bisognerà iniziare a restituire i Tltro della Banca centrale europea. Due Paesi hanno uno stock di Tltro superiore all’eccesso di liquidità disponibile, e l’Italia è uno».

Come si rimedia? «Se ci fossero problemi, la Bce ha il Transmission Protection Instrument per affrontare i problemi di frammentazione e separare la politica monetaria dalla stabilità finanziaria».

Ma «l’ingrediente necessario per la stabilità finanziaria è la crescita. Perciò è importante completare le riforme strutturali, far salire il potenziale del Paese, riportare l’inflazione in basso, e l’outlook fiscale». E soprattutto puntare sul Pnrr: «È uno strumento fondamentale. Ha effetti sulle riforme strutturali, aiuta la posizione fiscale, ma soprattutto la produttività. I soldi vanno utilizzati in maniera intelligente ed efficace».

Per quanto riguarda la possibile minaccia del calo del credito bancario sull’Italia, risponde: «Abbiamo valutato l’impatto del declino del prezzo delle azioni delle banche europee sull’attitudine al rischio per i prestiti, e l’impatto della landing capacity sul Pil europeo. È circa mezzo punto, e se il rallentamento si estenderà alle istituzioni non finanziarie, ci sarà probabilmente un effetto di amplificazione».

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