Le elezioni presidenziali in Turchia, previste per il 14 maggio, saranno un momento decisivo per la storia del Paese. Le urne si apriranno in concomitanza con il centenario della nascita della Repubblica e potrebbero segnare la fine del presidente Recep Tayyip Erdogan, al potere dal 2002 e diventato a tutti gli effetti il “padre” dell’attuale Turchia. Una Turchia più autoritaria, più conservatrice e più assertiva in politica estera.
A prendere il posto di Erdogan potrebbe presto essere Kemal Kılıçdaroğlu, leader del partito repubblicano di ispirazione kemalista Chp e a capo del «Tavolo dei sei», una coalizione di sei diversi partiti uniti contro un nemico comune.
Il risultato delle urne, però, non è importante solo per la Turchia. Il Paese è candidato a entrare nell’Unione europea, è membro della Nato, ha assunto un ruolo di mediatore nella guerra in Ucraina, è un argine di contenimento dei flussi migratori diretti verso il vecchio continente e ha una posizione geografica strategica anche per gli interessi di altri Stati, tra cui l’Italia. Che cambiamenti bisogna aspettarsi in caso di vittoria dell’opposizione? Che succederebbe invece se a vincere fosse Erdogan?
Europa, migranti e Siria
I primi negoziati per l’entrata della Turchia all’Unione europea sono iniziati nel 2005, quando Erdogan già ricopriva il ruolo di primo ministro, ma otto anni dopo Ankara è ben lontana dal raggiungere questo risultato. Sotto il governo di Erdogan, diventato nel mentre presidente, la Turchia si è trasformata in un Paese sempre più autoritario e meno rispettoso dei diritti umani, compromettendo ulteriormente le possibilità di adesione all’Unione.
Se il presidente uscente dovesse essere riconfermato, sarebbe difficile aspettarsi un cambio di passo nei confronti di Bruxelles, vista molto spesso più come un nemico che come un possibile alleato sul piano internazionale.
Diverso invece è l’approccio che Kılıçdaroğlu intende adottare nei confronti dell’Unione. Il leader dell’opposizione ha promesso di riattivare il negoziato per l’adesione intervenendo in favore di un miglior bilanciamento dei poteri, garantendo il rispetto della liberà di espressione e dei diritti umani e l’indipendenza della magistratura.
Kılıçdaroğlu ha anche intenzione di scarcerare il co-presidente del principale partito filo-curdo, Selahattin Demirtaş, e il filantropo Osman Kavala, nel rispetto delle sentenze emesse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Con l’opposizione, dunque, ci si dovrebbe attendere un riavvicinamento della Turchia all’Ue, ma molto dipenderà anche dai futuri accordi sul fronte migrazione.
Erdogan ha ricevuto più di sei miliardi di euro da Bruxelles per bloccare i flussi diretti verso il vecchio continente e ha più volte chiesto nuovi fondi per la gestione di migranti e rifugiati fermi nel suo Paese, usati in più occasioni come arma di ricatto. Nel mentre, il presidente ha cercato di ricucire i rapporti con l’autocrate siriano Bashar al-Assad, così da procedere con il rimpatrio “volontario” di almeno un milione di rifugiati.
Nonostante la mediazione russa, l’accordo non è stato ancora trovato dato che Erdogan si rifiuta di ritirare i militari presenti nel Nord della Siria. Ma il leader dell’opposizione non sarà promotore di un approccio più morbido nei confronti dei migranti.
Kılıçdaroğlu ha più volte sottolineato la necessità di rivedere l’accordo siglato con l’Ue e ha ugualmente intenzione di procedere al rimpatrio dei siriani grazie a un futuro riavvicinamento con Assad. Il leader del Chp intende impegnarsi per il raggiungimento di una pace in Siria e per il miglioramento delle condizioni di vita, ma non ha specificato come intende raggiungere questi obiettivi né cosa fare con i gruppi armati legati alla Turchia.
Russia, Ucraina e Nato
A determinare il successo dei piani riguardanti la Siria del prossimo presidente turco sarà anche il rapporto con la Russia. Erdogan ha saputo preservare le relazioni con Mosca ponendosi come mediatore nel conflitto ucraino, con benefici rilevanti sul fronte energetico, e ha un rapporto stretto con il presidente Putin. Ciò non significa che i due capi di Stato siano alleati: Erdogan e Putin hanno sempre messo al centro gli interessi dei propri Paesi, riuscendo però a trovare un compromesso.
Anche Kılıçdaroğlu ha promesso di mantenere un dialogo «bilanciato e costruttivo» con la Russia e di continuare a mediare tra le parti in guerra, ma il suo approccio verso Mosca sarà meno personalistico rispetto a quello di Erdogan. La strada dell’opposizione dovrebbe quindi essere quella del pragmatismo, nel tentativo anche di bilanciare i rapporti con la Russia e quelli con la Nato.
Con Erdogan, la Turchia si è dimostrata una spina nel fianco dell’Alleanza atlantica, in particolar modo con il veto posto sull’adesione di Finlandia e Svezia. Il presidente ha accettato l’entrata nella Nato di Helsinki, ma continua a bloccare quella di Stoccolma in attesa che il governo vari leggi più stringenti contro la minoranza curda presente nel Paese e percepita come una minaccia dal leader turco. In caso di vittoria alle elezioni è probabile che Erdogan ammorbidisca la sua posizione, ma difficilmente darà il suo assenso all’entrata della Svezia senza avere qualcosa in cambio.
L’opposizione invece si è espressa in favore dell’allargamento della Nato e nel suo programma ha descritto l’Alleanza come fondamentale per garantire la sicurezza della Turchia. Il riallineamento con la Nato prevede anche un riavvicinamento con gli Stati Uniti, da portare avanti tramite «un dialogo tra pari», nonché il reintegro nel programma per gli F-35, da cui il paese è stato escluso dopo aver acquistato dalla Russia il sistema di difesa missilistico S-400.
Grecia e Mediterraneo
I rapporti tra la Grecia di Kyriakos Mītsotakīs e la Turchia di Erdogan sono stati molto tesi negli ultimi tempi, ma il terremoto nel Sud turco e l’incidente ferroviario a Salonicco hanno riavvicinato i due presidenti, entrambi alle prese con le rispettive campagne elettorali. Gli effetti positivi della cosiddetta diplomazia dei disastri però potrebbe non durare oltre le prossime elezioni, considerando l’asprezza dei toni usati dai due leader fino a pochi mesi fa e la complessità delle questioni che dividono Grecia e Turchia.
Con l’opposizione però non ci sarà un drastico cambio di passo. Kılıçdaroğlu intende puntare sul dialogo e sulla diplomazia per risolvere il contenzioso aperto su Cipro e nel Mediterraneo, ma non metterà in secondo piano gli interessi nazionali della Turchia. Il leader dell’opposizione ha anche promesso di riprendere i negoziati per la delimitazione delle zone marittime contese, ma intende assicurare la giusta spartizione delle risorse presenti nel Mediterraneo orientale, zona di interesse anche per l’Italia che tramite l’Eni è partner del progetto EastMed per la costruzione di un gasdotto che colleghi Cipro alle coste italiane.