Un orso si alza sulle zampe posteriori e mangia delle mele direttamente da un albero. Inizia con questa immagine un reportage alla ricerca di un animale schivo per natura e che negli anni si è abituato a frequentare sempre di più i luoghi dove la presenza umana è predominante.
Gli orsi sono golosissimi di frutta e la Val di Sole e la Val di Non offrono mele a perdita d’occhio. I filari dei frutteti intensivi si inerpicano lungo le montagne, in alcuni punti entrano nel bosco come un coltello farebbe con un tozzo di pane fresco, incontrando solo quel minimo di resistenza lungo la crosta esterna per poi entrare facilmente dentro il ventre, trovando solo morbida mollica.
L’agricoltura nel corso dei decenni ha conquistato pezzo dopo pezzo un territorio che in principio non era suo, ma che ha reso queste valli famose in tutto il mondo per la qualità dei prodotti.
Gli orsi in passato c’erano, le valli erano un luogo dove la coabitazione era di fatto imposta ma che non sempre ha avuti risultati positivi, tanto che questa specie era destinata all’estinzione se non fosse stato per l’ormai famosissimo progetto Life Urus, che nel 1996 ha iniziato un lento ripopolamento della specie con degli orsi provenienti dalla Slovenia.
Sono animali schivi dicevamo, tanto che chi nel corso degli anni ha provato a cercarli, a vederli, a riprenderli non ha avuto (quasi) mai successo. Vedere un orso in un bosco è come vedere una balena al centro dell’oceano: può capitare, ma se ci provi a tutti i costi probabilmente non ce la farai, è l’animale a decidere.
Così il turismo si è sviluppato attorno al mito di questo animale, ai bordi dei boschi sono nati centri avventura ed esperienze naturalistiche per i bambini e gli adolescenti: rafting, escursioni, percorsi sugli alberi, il Trentino è un luogo dove poter passare le vacanze ideali per le famiglie.
Quell’orso però dal 5 aprile è diventato un incubo, quantomeno mediatico, che sta incrinando lo status quo e mette a rischio la stagione estiva tra minacce di boicottaggio degli animalisti e paura che il grande predatore possa uccidere di nuovo, dopo averlo fatto con Andrea Papi, nonostante le statistiche ci dicono che negli ultimi 150 anni ci siano stati solo quattro morti in Europa e che quello subìto dal ventiseienne di Caldes è il primo documentato in Italia.
Ma la paura nella Val di Sole nasce prima, la presenza dell’orso è una costante degli ultimi anni e la popolazione ha percepito questa presenza come una minaccia crescente, con le numerose apparizioni nei paesi, nei giardini delle case a ridosso del bosco o proprio sulla montagna, dove MJ5, l’orso adulto sul quale in questo momento pende una delibera di abbattimento da parte della Provincia di Trento, il 5 marzo scorso ha aggredito un uomo e il suo cane in un bosco nei pressi di Rabbi.
Così basta andare al bar di Caldes, l’unico e adiacente alla chiesa, per parlare percepire la paura degli abitanti: «Io non vado nel bosco da anni, per me il bosco era anche lavoro perché tagliavo la legna che mi serviva per l’inverno, senza di quella non ci scaldiamo. Adesso la compro, al bosco non mi avvicino», racconta Cesare, che vive in zona da anni.
«Adesso abbiamo tutti contro perché ci dicono che siamo contro l’orso, però vorrei dirgli di venire qui e di vedere come viviamo. Io nel bosco ci sono sempre andato, gli orsi non c’erano e noi stavamo bene. Sono loro che hanno deciso di riportarli», aggiunge Bernardo, seduto allo stesso tavolo di Cesare e con qualche anno in più. Mentre raccontano indicano il bosco che ricopre il Monte Peller, talmente vicino che dal centro del paese al primo sentiero ci sono meno di dieci minuti a piedi da percorrere, in mezzo, neanche a dirlo, alberi di mele.
Comprensibile da parte loro, le persone hanno paura se un progetto che doveva tutelare la biodiversità è arrivato a incentivare uno scontro tra animali: da un lato quello selvaggio e istintivo, «l’orso fa l’orso» si è sentito spesso, e dall’altro lato quello che nei secoli si è dato una struttura sociale e dei rappresentanti che dovrebbero tutelare la cosa pubblica, compreso bosco e animali.
Invece il progetto Life Ursus non è stato accompagnato da un piano di comunicazione e informazione della cittadinanza e dei turisti, in alcune zone i cassonetti anti-orso, pensati per evitare che i plantigradi possano avvicinarsi sempre più ai paesi in cerca di spazzatura, sono arrivati solo nel 2020, oltre vent’anni dopo l’introduzione. Intanto sono stati creati quelli che vengono chiamati «orsi confidenti», abituati a frequentare i centri abitati e ad associare l’odore dell’uomo al cibo.
Il controllo della popolazione degli orsi non è stato capillare, molti esemplari non sono censiti e altri hanno il radiocollare scarico da tempo, tra queste JJ4 che invece doveva essere una «sorvegliata speciale» dopo che nel 2020 aveva aggredito delle persone ma il Tar aveva sospeso la cattura perché aveva dei cuccioli piccoli.
Nel 2021 la Provincia di Trento ha chiesto un parere per la sterilizzazione dell’orsa, cosa che avrebbe dovuta renderla meno aggressiva, ma nessuno procede e così resta nuovamente incinta, partorisce dei cuccioli nel 2022 e nel 2023 prime uccide un ragazzo che correva in un bosco e poi viene catturata da una trappola a tubo con i suoi tre cuccioli, due dentro con lei e uno fuori, che scappa subito.
I due vengono rilasciati dopo aver sedato la mamma e ora sono nel bosco, non distanti dall’aggressione del 5 aprile e quindi non distante dai paesi, dove potrebbero avvicinarsi per cercare del cibo.
JJ4 invece è stata portata subito nel Centro Vivaistico di Casteller, un luogo a Sud di Trento di proprietà della Provincia dove ci sono tre recinti per gli orsi. Costruito come luogo di accudimento temporaneo, è diventato una sorta di prigione con le reti elettrificate che circondano uno spazio grande poco meno della metà di un campo da calcio, l’unico in cui l’orsa può muoversi.
Vicina a lei c’è M49, l’orso che nelle cronache recenti ha fatto la storia per essere «evaso» due volte da questo luogo fino ad arrendersi, secondo quanto riportano dei verbali dei carabinieri forestali, alla morsa degli psicofarmaci che servono a sedarlo.
Camminando attorno al centro si incontrano solo boscaglia e la rete del primo anello di protezione, in passato un gruppo di animalisti l’ha tagliata per avvicinarsi agli orsi, mentre in un martedì qualsiasi lungo quei sentieri si incrociano solo donne e uomini di mezza età con il proprio cane.
Alla domanda: «Non ha paura che l’orsa possa scappare?» fanno spallucce, cose se la gabbia che si trova a meno di centocinquanta metri non esistesse. D’altronde occhio non vede…
La battaglia attorno a JJ4 e a MJ5 è diventata tutta politica, con Maurizio Fugatti, presidente della Provincia Autonoma di Trento e leghista della prima ora, che tira dritto con la richiesta di abbattimento, mentre l’Ispra e il Ministero dell’Ambiente auspicano un trasferito e gli animalisti della Lav sono pronti a portare l’orsa in un luogo sicuro in Germania o in Giordania.
L’11 maggio il Tar di Trento si esprimerà, sulla decisione potrebbe pesare anche la presa di posizione dell’Ordine dei Veterinari di Trento che ha invitato tutti gli iscritti a non praticare l’eutanasia su un animale in salute che non può arrecare danno. Fugatti sempre più solo quindi, pronto però a dare battaglia visto che in autunno ci saranno le elezioni e il risultato potrebbe essere influenzato da questa vicenda.