Vista da destraMarcello Pera dice che è Giorgia Meloni la vera erede di Berlusconi

Per l’ex presidente del Senato, Fratelli d’Italia prima o poi toglierà la fiamma da simbolo e punterà a diventare un partito liberal-conservatore. La premier, dice, «è due o tre anni avanti. La seguiranno tutti». Il prossimo obiettivo è diventare protagonisti anche in Europa. Ma la speranza, intanto, è che negli Stati Uniti non vinca Trump: «Sarebbe un problema»

ANDREAS SOLARO / AFP

Giorgia Meloni? «Una leader molto determinata e che mostra di avere un disegno sul centrodestra: costruire in Italia un grande partito liberal conservatore, che magari può essere il successore anche di Forza Italia». Parola di Marcello Pera, ex presidente del Senato, senatore eletto con Fratelli d’Italia, con un lungo passato in Forza Italia.

Berlusconi, dice Pera a Repubblica, ha avuto una grande funzione storica, portare al centro del dibattito italiano la rivoluzione liberale di massa, lui stesso ha lanciato l’idea di un partito repubblicano». Non si può dire che sia riuscito nell’intento, «ma merita rispetto. Oggi può accadere che la sua battaglia sia presa in mano e realizzata da altre forze politiche».

«Un partito liberal-conservatore», magari togliendo la fiamma del Movimento sociale nel simbolo. Non domani mattina: se lo facesse «sarebbe come dare ragione ai suoi detrattori. Sul medio periodo posso immaginare che la fiamma sarà tolta e certo la cosa non mi disturberà».

Quanto ai nostalgici del fascismo all’interno del partito, per Pera sono «manifestazioni di pensiero folcloristiche» che non vanno sopravvalutate. «Meloni sta marciando spedita, anche a costo di scontare una diminuzione di consensi nell’immediato, perché ragiona da statista e sa che il consenso si misura sulla grande distanza». Pera non vuole neanche commentare le frasi di La Russa su Via Rasella: «Dico solo che Meloni è due o tre anni avanti anche rispetto al suo partito. La seguiranno tutti. L’altra parte del suo disegno è fare di questo nuovo partito un protagonista anche in Europa». Ovvero: «Una forza che abbia capacità attrattiva verso il Ppe».

Pera dice poi che bisogna «conservare la tradizione europea, che è cristiana». Contro quella che definisce «una laicizzazione esasperata». E fa l’esempio della maternità surrogata: «Non è la prima volta che, con discreta ipocrisia, viene presentata come antidiscriminatoria una norma dietro la cui facciata si cela una realtà evidente: coppie che vanno a comprarsi un bambino. Anche il ddl Zan nasceva antidiscriminatorio, in superficie, poi nel corpo del ddl si introduceva la teoria del genere».

Poi aggiunge: «Ma oggi la nostra identità è minacciata soprattutto dai carri armati di Putin». Pera ammette: «Mi capita di discutere, spesso litigare, con cattolici conservatori che considerano Putin un baluardo contro la secolarizzazione. La cosa mi spaventa e mi angoscia». Anzi, aggiunge: «Vedo le differenze nella maggioranza e sono preoccupato. Credo ci sia la volontà di intercettare il consenso su posizioni che nel Paese hanno un seguito. Ma siamo a un bivio: difendere la nostra civiltà o essere occupati da Putin ovvero comprati dalla Cina. Non possiamo essere neutrali. Per questo dico anche che non si può predicare la pace senza prendere posizione. Capisco chi invoca un compromesso, e sono consapevole che qualcuno alla fine dovrà cedere qualcosa. Mi pare però che manchi la consapevolezza della posta in gioco».

«Per tanti anni c’è stato lo sceriffo dall’altra parte dell’Oceano. Ora lo stesso sceriffo ha un problema e il rischio è che negli Usa torni a prevalere una linea isolazionista: cari europei, vedetevela da soli. Vincesse Trump, sarebbe un problema», dice Pera. «Spero che, se vincerà la destra, non sia Trump il presidente».

Quanto al nuovo Pd guidato da Elly Schlein, dice: «Sento la mancanza della sinistra nel dibattito pubblico e vorrei capire cos’è e cosa vuol essere l’opposizione. Una sinistra debole può aiutare Meloni sul piano elettorale, ma certo non su quello del governo del Paese».