Voto storico Il Parlamento europeo approva i provvedimenti cruciali del Fit for 55

Ampia maggioranza per i testi legislativi su cui in passato l’Eurocamera si era spaccata. Per compensare i costi delle misure sui cittadini, previsto un fondo da 86,7 miliardi di euro

La conferenza stampa dopo i voti cruciali sul Fit for 55
Foto Mathieu Cugnot © EP

Cinque file legislativi per un voto «storico», come lo ha definito in conferenza stampa la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, rivendicando l’orgoglio di rendere l’Europa il «primo continente neutrale dal punto di vista climatico».Il Parlamento europeo approva definitivamente la parte più corposa del Fit for 55, il grande pacchetto di misure sul clima presentato dalla Commissione nel 2021 per ridurre le emissioni di gas serra nell’Ue del 55% entro il 2030, dando forma concreta al processo di decarbonizzazione in cui si è impegnata l’Unione.

Ora toccherà al Consiglio dell’Ue concedere il suo via libera per l’adozione finale dei provvedimenti: normalmente una formalità, anche se il caso recente del bando dei motori a combustione rammenta la necessità di non escludere sorprese da parte dei ventisette governi nazionali.

Ets: un sistema cruciale per il Fit for 55
I testi adottati dall’assemblea comunitaria, tutti ad ampia maggioranza, sono frutto di un lungo lavoro di compromesso sia tra i gruppi politici dell’Eurocamera che tra i negoziatori di Parlamento e Consiglio. Soprattutto per quanto riguarda i tre dossier più spinosi: la «Santa Trinità del Fit for 55», come l’ha ribattezzata uno dei relatori, il popolare tedesco Peter Liese.

Cioè la riforma dell’Ets (Emission trading system), che allarga il meccanismo di compravendita dei permessi necessari per emettere gas a effetto serra; il Cbam (Carbon border adjustment mechanism), una tassa sulle importazioni di prodotti realizzati emettendo CO2; e il Social climate fund, un fondo da 86,7 miliardi di euro per compensare imprese e cittadini «danneggiati» dalle conseguenze misure ambientali.

Il sistema Ets, cuore dell’intera architettura green, sarà esteso anche al settore dei rifiuti e soprattutto al trasporto su strada e agli edifici, anche privati, a partire dal 2027. Nei settori coperti dal meccanismo, si esige la riduzione complessiva entro il 2030 del 62 per cento delle emissioni rispetto ai livelli del 2005. Chi le produce è costretto a pagare: settencento miliardi di euro gli introiti previsti nei prossimi anni, secondo Liese.

Nella pratica, la necessità di acquistare permessi Ets per i consumi energetici delle abitazioni e le emissioni dei veicoli a combustibili fossili costringerà i produttori ad aumentare i costi: cosa che si tradurrà quasi certamente in un aggravio sulle bollette dei proprietari degli immobili e sui prezzi dei carburanti.

Anche per questo c’è una «clausola di salvaguardia», faticosamente concordata tra Consiglio e Parlamento. Nel caso i prezzi dal gas naturale superino la soglia di 106 euro al megawattora sul mercato di riferimento, il Ttf di Amsterdam, l’obbligo di «pagare per inquinare» per i nuovi settori inclusi nell’Ets sarà posticipato di un anno, al 2028.

Inoltre, per far fronte ai costi che queste misure inevitabilmente imporranno ai cittadini, verrà istituito il Social climate fund, un fondo da 86,7 miliardi operativo dal 2026, da finanziare in gran parte proprio attraverso le risorse recuperate dall’Ets.

Secondo le intenzioni, ne beneficeranno le famiglie europee vulnerabili, le piccole imprese e gli utenti dei trasporti particolarmente in difficoltà durante la transizione energetica. Anche se non mancano le critiche, tra chi lamenta uno stanziamento insufficiente e chi, come l’eurodeputata belga dei Verdi/Ale Sara Matthieu fa notare come a gestire i fondi saranno i governi nazionali.

Una tassa alla frontiera
Direttamente collegato all’Ets è anche il Cbam, e proprio sulla relazione fra i due provvedimenti si era consumata nel giugno scorso una battaglia campale nell’aula di Strasburgo, in una delle sessioni plenarie più tese dell’intera legislatura del Parlamento.

Ora l’accordo finale prevede una finestra temporale compresa tra il 2026 e il 2034, in cui entrerà in vigore progressivamente il Carbon border adjustment mechanism: una tariffa doganale, da applicare alle importazioni di diversi prodotti realizzati fuori dall’Unione con emissioni di CO2.

Contemporaneamente, diminuiranno gradualmente i permessi gratuiti per emettere gas a effetto serra, attualmente garantiti alle aziende europee. In questo modo le produzioni all’interno dell’Unione non saranno penalizzate rispetto alla concorrenza estera, che altrimenti potrebbe esportare nell’Ue merci confezionate con meno limitazioni ambientali, e quindi probabilmente meno care.

La «tassa sul carbonio» includerà prodotti e materie prime come cemento, alluminio, ferro, acciaio e fertilizzanti, ma anche ad esempio energia elettrica e idrogeno, che dunque costeranno più cari se realizzati tramite combustibili fossili. Ed è innovativa, perché per la prima volta l’Ue o qualsiasi altra regione del mondo applica una tariffa aggiuntiva ad aziende produttrici che si trovano al di fuori del proprio territorio, il socialista olandese Mohammed Chahim, relatore del Cbam all’Eurocamera.

Vista l’aggiunta di nuovi settori da controllare, per applicarlo concretamente, servirà alla Commissione più personale di quanto preventivato nella proposta originaria, ha affermato in aula la commissaria all’Energia Kadri Simson. Tanto che l’esecutivo comunitario chiederà un supplemento di budget nell’ambito del bilancio comunitario.

Anche navi e aerei nell’Ets
Riguardano l’Ets pure gli altri due file legislativi votati dal Parlamento, che includono nel sistema anche il trasporto marittimo e quello aereo.

Nel primo caso, dal 2024 le compagnie di navigazione dovranno acquistare permessi per le proprie emissioni in maniera sempre maggiore ogni anno, fino ad arrivare al cento per cento di compensazione nel 2026.

Dalla stessa data si comincerà a dover pagare non solo per le emissioni di CO2, ma anche di metano e ossido di diazoto: una delle «vittorie» del Parlamento rivendicate dal relatore Peter Liese, così come l’inclusione delle navi di oltre cinquemila tonnellate di stazza, che secondo le stime apporteranno venti milioni di euro di permessi.

L’accordo approvato, che contiene alcune deroghe per tipologie specifiche di barche e collegamenti verso le piccole isole, si applicherà sia ai viaggi marittimi intraeuropei, sia (per il cinquanta per cento delle emissioni prodotte) a quelli tra un porto europeo e uno esterno all’Ue.

Per l’aviazione, responsabile del 13,4 per cento delle emissioni totali di gas a effetto serra del settore dei trasporti, verranno invece eliminate gradualmente entro il 2026 le quote gratuite dell’Ets concesse al momento.

Negli auspici delle istituzioni comunitarie ciò dovrà promuovere l’uso per il trasporto aereo di combustibili sostenibili, a cui verranno riservati venti milioni di certificati gratuiti tra il 2024 e il 2030.

Anche in questo caso sono previste alcune deroghe: fino al 2030, per i voli che collegano al Paese di appartenenza le cosiddette «regioni ultraperiferiche» dell’Unione: Canarie, Azzorre, e Territori francesi d’oltremare.