Per fare un albero ci vuole un seme, recita la filastrocca. Qualcuno deve averla presa molto sul serio dal momento che per tentare di raggiungere gli obiettivi di rimboschimento delle città metropolitane italiane previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato fatto anche questo: piantare semi.
Ma facciamo un passo indietro. Come noto, nel Pnrr è previsto un investimento complessivo di trecentotrenta milioni di euro per la forestazione urbana ed extraurbana, intervento che si propone di salvaguardare la qualità dell’aria e la biodiversità, di migliorare la qualità di vita delle persone e, in definitiva, di contrastare alcuni effetti della crisi climatica.
Le nostre città sono quasi del tutto coperte di asfalto e cemento, con spazi verdi limitati. Per questo, oltre che molto inquinate, sono meno resilienti nei confronti di alcune conseguenze del cambiamento climatico: sono più vulnerabili agli eventi meteorologici estremi, ad esempio, e sono sempre più calde.
Secondo Michele Munafò, dirigente Ispra e responsabile del Rapporto sul consumo di suolo, mediamente in Italia in estate c’è una differenza di sette gradi tra la temperatura registrata al suolo nelle aree completamente naturali e in quelle completamente edificate. Il piano di piantumare alberi nelle aree urbane, quindi, è ben lontano dall’essere un intervento meramente estetico: è un tassello di una più vasta strategia di contrasto alla crisi climatica; un tentativo di proteggere le nostre città dalle ondate di calore estive, dalle piogge torrenziali, dalla cattiva qualità dell’aria.
Forestazione urbana e Pnrr: il piano sta funzionando?
Stando all’avviso pubblico, i fondi europei destinati alla tutela e alla valorizzazione del verde urbano ed extraurbano sono divisi in tre tranche: 74 milioni nel 2022, 74 nel 2023 e 139 milioni nel 2024. Tali risorse devono essere usate per raggiungere l’obiettivo finale: piantumare complessivamente sei milioni e seicentomila piante entro il 2024, di cui un milione e seicentocinquantamila entro la fine del 2022 (e altrettante entro la fine del 2023).
Il governo ha annunciato di avere raggiunto tutti gli obiettivi del Pnrr per il secondo semestre dello scorso anno, incluso quello relativo alla forestazione urbana. Non è servito molto tempo, però, per rendersi conto che al momento nelle nostre città non ci sono, come era previsto, oltre un milione e mezzo di nuovi alberi. Al loro posto, nel migliore dei casi, abbiamo «semi e piantine».
Come si è arrivati a questo? Nel maggio 2022 la difficoltà nel reperire alberi (anche a causa della siccità) e nel rispettare le scadenze del Pnrr ha spinto il ministero dell’Ambiente a chiarire che gli obiettivi di forestazione delle città metropolitane potevano essere raggiunti anche con «l’uso di semi finalizzati al rimboschimento». In molti casi, quindi, invece di piantumare alberi nelle città si è fatto ricorso alla semina nei vivai.
Il fatto è stato recentemente commentato dal collegio di controllo della Corte dei Conti che, come da prassi, ha verificato lo svolgimento dei lavori e i risultati raggiunti a fine 2022. «Emergono dubbi e perplessità sulla effettiva proponibilità di una tale equiparazione», si legge nella deliberazione del 14 marzo scorso, in riferimento appunto all’equiparazione tra interrare semi e piantumare alberi. Già da ora, prosegue la sopracitata deliberazione, si nutrono «seri dubbi» che possa essere raggiunto l’obiettivo finale previsto per il 2024. La Commissione europea non si è ancora espressa ufficialmente sul punto.
Milano, Messina e le altre: cosa succede nelle città
I comandi provinciali dei carabinieri incaricati di fare gli accertamenti hanno riscontrato anche altre criticità. Alcune Città metropolitane nelle quali sarebbe dovuta avvenire l’opera di forestazione alla fine del 2022 erano ancora in fase di progettazione oppure non avevano portato a termine i lavori.
La città metropolitana di Messina, ad esempio, ha ricevuto 15,9 milioni di euro per la piantumazione di circa 445mila piante, ma quando i Carabinieri hanno effettuato il sopralluogo hanno rilevato che si era ancora alla fase di studio di fattibilità. A Genova invece, che ha ricevuto un finanziamento di circa tre milioni, sono state riscontrate delle irregolarità nel bando per assegnare lo svolgimento dei lavori di piantumazione.
Una parte (trenta milioni) dei fondi europei era destinata non a nuove forestazioni, ma a «progetti già in essere». Carabinieri e Corte dei Conti hanno verificato anche l’esito di questi interventi, concludendo che in molti casi gli alberi ci sono, ma sono secchi o ricoperti da piante infestanti. È il caso di Torino, Reggio Calabria e Genova. Secondo il ministero dell’Ambiente, però, «le piante secche riscontrate dalla Corte dei Conti riguardano progetti non finanziati con risorse Pnrr».
Milano è un altro caso emblematico. Il capoluogo lombardo con il progetto Forestami (che non ha a che fare con il Pnrr) ha piantumato, dal 2019, 427mila nuovi alberi, ma non ha potuto accedere ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per la forestazione, pari a sei milioni per il 2022 e sei milioni per il 2023.
Una delle richieste del bando è infatti che le aree interessate dalla piantumazione di nuovi alberi siano di almeno un ettaro, per un totale, nel caso della Città metropolitana di Milano, di duecentosettantasei ettari di territorio. A Milano però, che nel 2021 è stato il terzo capoluogo di Regione italiano per nuovo consumo di suolo dopo Roma e Venezia, non ci sono sufficienti ettari da destinare a nuovi boschi, anche perché i terreni verdi non edificati sono occupati da aree agricole.
Per il ministero dell’Ambiente il target è comunque raggiunto
Dopo i dubbi avanzati dalla Corte dei Conti, il ministero dell’Ambiente ha pubblicato un documento in cui ribadisce che il target di forestazione per il 2022 non è stato solo raggiunto, ma anche superato. Viene inoltre difesa l’equiparazione tra seme e pianta: «Dal punto di vista scientifico, la messa a dimora in vivaio è senza alcun dubbio un’attività di “planting”. Il “Piano di Forestazione urbana ed extraurbana” prevede esplicitamente la messa a dimora di materiale vivaistico, tra cui rientrano a pieno titolo i semi, tra le fasi necessarie per realizzare nuovi boschi e foreste».
E ancora: «In una comunicazione trasmessa al ministero dell’Economia e delle Finanze, la Commissione, proprio nell’ambito dell’attività di planting, specifica che “(…) le evidenze possono riferirsi piuttosto ai semi piantati nei vivai (invece che agli alberi già piantati nelle aree metropolitane) e anche alla destinazione finale piuttosto che alla posizione attuale (…)”. Questa puntualizzazione conferma indiscutibilmente la bontà della linea interpretativa del ministero e delle modalità tecniche-scientifiche portate avanti».
Se lo scopo della forestazione urbana ed extraurbana è combattere oggi alcuni gravi effetti della crisi climatica, però, è evidente che l’equiparazione tra seme e albero non è accettabile. Così come non basta mettere a dimora delle pianticelle e poi dimenticarsene, consapevoli del fatto che la siccità sta ormai assumendo i contorni dell’ordinarietà e non più dell’emergenza. Né i semi né gli alberi secchi contrastano il fenomeno delle isole di calore, non migliorano la qualità dell’aria, non assorbono CO2, non limitano i danni delle alluvioni. Certo: i semi lo faranno, forse, un giorno. Ma sarebbe stato meglio piantarli dieci anni fa.