La battaglia del granoLe ragioni economiche e politiche dietro il blocco polacco alle importazioni di derrate ucraine

Varsavia è l’epicentro di un problema su due livelli: alle perdite dei contadini, tradizionale bacino di voti di Diritto e Giustizia, si aggiunge la volontà del governo di arginare la concorrenza a destra di Konfederacja verso le elezioni in autunno. Ma le difficoltà degli agricoltori di Kyjiv sono molto più gravi

Raccolta del grano nel villaggio di Zghurivka, in Ucraina
Foto Efrem Lukatsky/AP

Il fronte del grano scuote l’Europa. Da settimane gli agricoltori di diversi Paesi dell’Europa centro-orientale sono sul piede di guerra, per quella che è iniziata come una palla di neve e ora rischia di diventare una valanga.

Il problema ha origine un anno fa, poco dopo l’invasione russa dell’Ucraina, quando si era posta la questione di aggirare il blocco navale di Mosca sul Mar Nero, che metteva a rischio le rotte commerciali del grano e dei semi oleosi destinati ai mercati dell’Africa e del Medio Oriente. Il rischio era quello di una devastante crisi alimentare e umanitaria.

Per questo motivo molti Stati vicini all’Ucraina avevano accettato di fungere da Paesi di transito, immagazzinando temporaneamente le merci e provvedendo all’immediata riesportazione. Allo stesso tempo l’Unione europea aveva tolto i dazi doganali e i costi di importazione, per facilitare le operazioni. Le intenzioni erano buone, ma qualcosa è andato storto, nonostante già all’epoca molti avessero messo in guardia dai rischi di far affluire nel mercato unico una tale quantità di grano dal prezzo concorrenziale.

Nei fatti gran parte di quel grano non è mai giunto a destinazione, ma è rimasto nei rispettivi mercati a un prezzo assai più vantaggioso di quello venduto dagli agricoltori locali, che hanno deciso quindi di scendere in piazza. Fino all’ultimo capitolo, per ora, che ha portato il problema a un altro livello. La decisione dei governi polacco e ungherese – seguiti nella giornata di lunedì dalla Slovacchia – di imporre il divieto di importazione delle derrate provenienti dall’Ucraina.

Una mossa che non è piaciuta per niente alla Commissione europea, che nelle scorse settimane aveva stanziato un pacchetto di aiuti di cinquantasei milioni di euro, e che ha stigmatizzato qualsiasi iniziativa unilaterale «in tempi così difficili è fondamentale allineare tutte le decisioni all’interno dell’Unione», ha spiegato un portavoce, ricordando come le politiche commerciali siano di competenza della Commissione europea e non dei singoli stati.

Il caso polacco
Se l’iniziativa di Budapest sembra essere più una mossa di disturbo dettata dalla volontà politica di riavvicinarsi al vecchio amico polacco con cui i rapporti si sono più che incrinati a causa delle divergenti posizioni sulla guerra in Ucraina, quella di Varsavia è invece una decisione dettata dalla necessità di trovare velocemente una soluzione.

Proprio la Polonia risulta infatti essere l’epicentro della crisi, che si muove sue due livelli, quello economico e quello politico. Sul primo fronte il sindacato Agrounia, principale rappresentante delle istanze della categoria, ha stimato perdite per due miliardi di euro, un’emorragia dettata dall’impossibilità di competere con il grano ucraino, che viene venduto a un prezzo estremamente più concorrenziale.

Un camion scarica il raccolto in un granaio a Zghurivka, in Ucraina
(Efrem Lukatsk/Ap)

Gli agricoltori chiedono da tempo la reintroduzione dei dazi alle frontiere e nel mirino delle loro proteste ci sono sia l’Unione europea che il governo di Varsavia. A tal proposito va sottolineato come il Commissario europeo all’agricoltura sia proprio un uomo di Diritto e Giustizia, il partito conservatore al governo, Janusz Wojciechowski.

Un’altra istanza è quella legata alla risoluzione di problemi infrastrutturali. Una delle ragioni per cui il grano si è accumulato nei magazzini di stoccaggio è stata l’intasamento dei porti polacchi, oberati dalle importazioni di carbone, il cui trasporto via mare è enormemente cresciuto dopo lo stop imposto al carbone russo.

Lato suo, il governo polacco ha probabilmente sottovalutato il problema nelle battute iniziali, confidando che sarebbe rientrato, ma così non è stato. Da mesi ormai gli agricoltori hanno portato la protesta sulle strade di Stettino, nell’ovest del Paese, applicando la strategia del blocco stradale. Nelle ultime settimane manifestazioni si sono registrate nel porto di Danzica e al valico di Hrubieszów al confine con l’Ucraina. È stata risparmiata finora la capitale Varsavia.

Il problema politico
Se il danno economico, come detto è ingente, ancora più pressante è giungere a una soluzione politica, sul cui altare è già caduto il ministro dell’Agricoltura Hernyk Kowalczyk costretto alle dimissioni e sostituito da Robert Telus. In autunno si terranno le elezioni parlamentari e le campagne sono storicamente il principale bacino elettorale di Diritto e Giustizia.

Michał Kołodziejczak, leader di Agrounia ha già annunciato l’intenzione di costruire un movimento che possa partecipare alla tornata elettorale. Su questo problema se ne innesta un altro particolarmente delicato, legato ai rapporti con l’Ucraina.

Notoriamente la Polonia è stato uno dei Paesi maggiormente in prima linea nel sostegno a Kyjiv durante la guerra. Da un mese a questa parte i sondaggi stanno tuttavia registrando un’inaspettata crescita di Konfederacja, partito di estrema destra radicale, che pur trovando convergenza su alcuni temi, si pone formalmente in opposizione a Diritto e Giustizia.

Le ragioni della crescita di Konfederacja sono da ricercarsi nell’appeal suscitato soprattutto sui più giovani dal suo programma economico turboliberista, ma va allo stesso tempo evidenziato come si tratti anche dell’unico partito ad aver dichiaratamente espresso la propria contrarietà al sostegno all’Ucraina. La somma dei due fenomeni – crisi del grano e crescita di Konfederacja – potrebbe rappresentare una bella spina nel fianco per Diritto e Giustizia.

Dal canto suo il governo ucraino non ha nascosto il proprio disappunto nei confronti di quello che appare una sorta di tradimento da parte dell’alleato polacco. Nei giorni scorsi il neoministro Robert Telus aveva intavolato delle trattative con il suo omologo ucraino Mykola Sykolskyi per giungere a una soluzione.

Sabato, inaspettatamente, è arrivato l’annuncio dello stop alle importazioni. «Comprendiamo le difficoltà degli agricoltori polacchi – è stata la nota governativa ucraina – ma vogliamo ricordare che le difficoltà degli agricoltori ucraine, dettate dall’invasione russa, sono molto più grandi». Una dichiarazione che lascia spazio a pochi dubbi: il problema andrà risolto sull’asse Bruxelles – Varsavia – Kyjiv.

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