Malgrado la nuova bipolarizzazione del sistema politico, che si deve anche grazie al suicidio del Terzo Polo, si fa ancora fatica a individuare con chiarezza un vero match tra Giorgia Meloni e Elly Schlein: forse lo vedremo alle Europee 2024, l’appuntamento della vita per l’una e per l’altra (anche se la premier non si candiderà personalmente, è probabile che la segreteria del Partito democratico invece lo farà).
Per il momento si assiste a un governo che fa pochino, ma ne dice di tutti i colori, e un’opposizione sin qui afona e addirittura litigarella al proprio interno. Pressata da più parti perché dicesse qualcosa, Schlein ha ritrovato la voce e ieri ha tenuto la sua prima conferenza stampa al Nazareno per spiegare che il suo partito è ben in campo su tutte le questioni importanti. Ma il punto che forse i giovani dirigenti non hanno nelle proprie corde è proprio questo, che non si tratta solo di avere un insieme di posizioni, come si dice adesso, «sui temi», perché in teoria un grande partito dovrebbe avere una linea generale, una strategia delle alleanze politiche e sociali, un’idea di Paese, un progetto a lungo termine o almeno a medio termine.
Insomma, per esser chiari, e indipendentemente dal giudizio che si può dare di ciascun passaggio, Romano Prodi aveva l’Ulivo, Massimo D’Alema la grande riforma costituzionale, Walter Veltroni la ricomposizione dei riformismi in un solo partito, Pier Luigi Bersani l’uscita dal berlusconismo a sinistra, Matteo Renzi la modernizzazione liberale del Paese, persino Nicola Zingaretti aveva una linea politica, per quanto sgangherata – l’amalgama con i grillini.
Quale sia invece l’idea forte di Elly Schlein non è ancora chiaro. Ha più o meno una risposta su ogni singola questione (ieri le hanno persino chiesto dell’orsa Jj4, il che segnala un’idea della politica ormai molto televisiva da parte dei giornalisti, ma questo è un altro discorso), ha saputo dribblare i punti più controversi, ha voluto dare un’immagine più responsabile con una disponibilità a un tavolo sul Pnrr, meno movimentista di quella che si è costruita sin qui, e anche più “democratica” dal punto di vista interno, respingendo l’idea della donna sola al comando. Ma l’impressione è che, al contrario di Mr. Wolf, Elly più che risolvere i problemi li eviti.
Come sul termovalorizzatore di Roma, una «scelta già presa» dal sindaco dem Roberto Gualtieri che non è il caso di rimettere in discussione seppure obtorto collo: un bel dribblare i problemi. Ma la “linea”, ecco, quella non c’è.
Dinanzi ai numeri parlamentari d’altronde c’è poco da fare. Perché è vero che nella maggioranza si litiga su tutto ma nei voti non ci si divide mai, e questo è frustrante; così come è vero che i partner dell’opposizione fanno a gara a dare fastidio, ma anche qui Schlein ha scartato Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni – due che non perdono occasione di fare i più puri della situazione – un po’ alla Roberto Baggio dei bei tempi: quelli hanno presentato ordini del giorno contro il termovalorizzatore di Roma e la numero uno del Nazareno non ha avuto difficoltà a dire che il Partito democratico voterà contro. D’altronde era un trucchetto da quattro soldi, da quando in qua questioni di tale portata si affrontano con inutilissimi ordini del giorno?
Naviga dunque a vista, il Nazareno, affronta una cosa per volta come se la politica fosse un inventario di problemi, una serie di esami universitari – oggi vado a dare Ambiente, tra un mese darò Sanità e così via – ed Elly questo lo fa bene (ha anche chiamato gente esperta in segreteria) ma insomma l’Italia che ha in mente e soprattutto come ci vorrebbe arrivare ancora non si intravede.
Siamo stati due ore al Nazareno per sentire una ventina di risposte precisine, nulla da dire, e ne siamo usciti esattamente come ne eravamo entrati. La linea, noi, non l’abbiamo capita. Domani c’è la Direzione, venerdì la segreteria si riunirà a Riano, appena fuori Roma, dove il 16 agosto 1924 venne ritrovato il cadavere di Giacomo Matteotti. Il senso è fin troppo chiaro.