Questo è l’unico giornale che non ha ceduto neppure una volta e neppure per sbaglio alle “complessità” altrove messe in scena ora per giustificare apertamente la guerra all’Ucraina, ora per attribuirne la colpa a chi vi resisteva, ora per spiegare che essa aveva finalità puramente e inevitabilmente reattive all’assedio delle demoplutocrazie occidentali, ora per scriminarne la portata criminale visto che nel ragionamento complesso deve trovare posto l’indiscutibile difetto morale e democratico degli aggrediti, i quali forse non saranno proprio tutti omosessuali e drogati ma insomma non sono iscritti all’ANPI e resistono inammissibilmente al dovere morale di bruciare le bandiere degli Stati Uniti e della Nato.
Qui un qualsiasi “dibattito” che prescindesse dalla realtà è stato rigorosamente vietato: e la realtà era e continua a essere che una parte, la parte russa, ha aggredito l’altra, la parte ucraina, per sottoporla al proprio giogo e per distruggerla se essa non vi si fosse sottoposta. Qui un qualsiasi “contraddittorio” rivolto a negare quella realtà innegabile, e a sostituirla con la contraffazione negazionista che mette in dubbio le esecuzioni di Bucha perché mancano i bossoli e definisce “passanti” i civili abbattuti dai cecchini, e accredita che magari, vai a sapere, l’ospedale raso al suolo poteva anche essere un covo nazista, e le donne stuprate andiamoci piano prima di lanciare accuse, che non hanno manco fatto la denuncia e poi a Report non risulta… Ecco, qui questa roba non è entrata.
Ma solo qui, appunto. Perché altrove, e dove pure in modo decentemente convinto sono state difese le ragioni degli aggrediti, hanno in ogni caso trovato spazio l’indecenza della mistificazione pacifista e l’oscenità del collaborazionismo ammantato di competenza geopolitica: le divagazioni del reporter di guerra sulla iattanza del capo ucraino che sacrifica il proprio popolo per la difesa di qualche provincia ammuffita; i pronunciamenti goebbelsiani dello scienziato che deplora le pratiche imperiali di un occidente armato fino ai denti e l’egoismo dei guerrafondai di Kyjiv che vi si assoggettano senza capire ciò che un’altra gemma della nostra accademia ha capito perfettamente, e cioè che i bambini possono essere felici anche sotto una dittatura; infine il giornalismo d’inchiesta, quello serio, che chiede agli Stati Uniti e all’Europa di “fermare” Zelensky se salta il pilone di un ponte che porta le armi ai macellai dell’operazione speciale ma non vede nessuno da fermare se le bombe cadono inopinatamente sui civili, non vede nessuno da fermare se ad essere distrutti, anziché il pilone di quel ponte, sono le case delle persone, gli asili, i mercati, le infrastrutture vitali, non vede nessuno da fermare se la notizia non riguarda un elemento capitale del conflitto, e cioè la villa in Versilia del presidente ucraino, ma la decapitazione dei prigionieri, le torture, le deportazioni dei bambini, queste in effetti persino misericordiose considerando la direttiva del generale con la Zeta che prescrive di «bruciare i bambini ucraini»: altra questioncella immeritevole di considerazione, per quell’impeccabile giornalismo di inchiesta.
Aquí no han pasado.