Non c’è più la nostra cucina, in cui replicare ricette preparate da altri. Ci sono le cucine dei food influencer. Pulite, splendenti, ammalianti. Creano dipendenza perché fanno sembrare ogni ricetta una cosa facile. Roba da sessanta secondi e hai la tua chiffon cake perfetta. La tua carbonara da paura. La cacio e pepe con la cremina giusta. Una realtà che va ad infrangersi contro i nostri poveri gesti, spesso maldestri. Eppure non smettiamo di scrollare. Ci fidiamo. Replichiamo di tutto. Anche ricette destinate a fallire a ogni tentativo. D’altro canto gli influencer che cucinano cercano di fare sempre di più, sempre meglio, di andare sempre oltre. Il loop dopante, a cui siamo diventati devoti come eroinomani, è forse la forza che ha spinto i follower di Carlotta Perego aka Cucina Botanica a impanare e friggere grappoli di glicine senza scartare i tossici rami e semi.
L’intossicazione alimentare che (forse) non c’è
Il caso è rimbalzato sui social e sui giornali. Sul profilo dell’influencer vegana è comparso un reel in cui si mostrava come fosse possibile mangiare un glicine fritto. Dopo questa pubblicazione, per una sfortunata coincidenza, Perego ha raccontato di aver avuto una intossicazione alimentare. È bastato poco per unire i puntini e pensare che il glicine fritto fosse all’origine del passo falso di Perego. In realtà, i fatti non sarebbero correlati perché avvenuti a distanza di tempo. Inoltre, come ha dimostrato Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, il glicine è commestibile. Ma non tutto: solo i fiori. Tutte le altre parti della pianta sono tossiche. Ma nel video Carlotta impana e mangia tutto il rametto, non solo i fiori. Dopo il polverone suscitato dalla vicenda, sotto il reel è comparsa una nota della cuoca. «Solo i fiori di glicine si possono mangiare. Attenzione ai rami più grossi e ai semi, quelli NON sono commestibili».
Messo alle spalle il caso “glicine fritto” con sospetta intossicazione conseguente, vien da chiedersi: ma le ricette degli influencer sono davvero attendibili? Finché parliamo di pasta al burro non ci sono grossi pericoli da temere. Ma quando nella lista degli ingredienti compaiono funghi o erbe spontanee, c’è dietro la competenza necessaria per maneggiarle in cucina e non farci fare la fine di Christopher McCandless in Into the Wild?
Ricette antiche, nuove missioni
Sonia Peronaci ha iniziato a cucinare nel ristorante del padre quando aveva sei anni. Nel 2006 dà vita al suo sito internet e video blog di cucina Giallo Zafferano. Nel 2009 vende tutto a Banzai e nel 2015 interrompe la sua collaborazione con la piattaforma. Resta ancorata alla cucina, la sua certezza a vita, continuando a preparare e a fare divulgazione gastronomica. Tra libri e programmi tv non sbaglia un colpo. Basta seguire un suo video tutorial e cucinare insieme a lei per capire che sa quello che fa. Se vi consiglia di mettere la cheesecake a 150 gradi e non a 160, voi ascoltatela.
«Le ricette hanno cambiato scopo. Una volta – spiega Peronaci – si facevano per attrarre pubblico attraverso la ricetta. Ora sono un mezzo per intrattenere. Certo, ci sono quelli che fanno ancora il contenuto basandosi sulla preparazione. Ma ci sono influencer che usano la ricetta per mostrare sé stessi. In un reel si dà un’idea del piatto da preparare. Poi, se va bene, c’è un sito in cui si va ad approfondire la ricetta. Altrimenti ti affidi a ciò che c’è scritto e incroci le dita. Ma capita che, anche solo leggendo gli ingredienti, ci si possa accorgere che c’è qualcosa che non va. Tutto dipende dall’expertise di chi legge. Ma non è una cosa che succede solo con gli influencer: tanti libri di chef o pasticceri famosi, italiani e non, riportano più di una ricetta che, una volta messa in pratica, non funziona. Il refuso può capitare, ma se succede su quattro, cinque preparazioni, c’è un problema».
Come creare ricette attendibili
Per creare una ricetta attendibile è necessario conoscere le tecniche di base per ogni filone della cucina. «Bisogna studiare, a volte più degli stessi chef. Per chi fa una ricetta diversa ogni giorno, è necessario conoscere come si cuoce la carne, il pesce, la pasta, come si fanno i dolci e il pane, la parte più complessa della cucina. Quando non sai come trattare un ingrediente o non lo si conosce, si deve studiare. Di uno stesso vegetale si può utilizzare il fiore, ma non la foglia perché tossica, e bisogna saperlo. Un altro passaggio importante è prendere gli ingredienti da fornitori fidati. Poi si sperimenta. Quando hai provato lo stesso piatto per cinque, dieci volte, allora sei pronto per pubblicare».
La fisica e la chimica possono aiutare, così come la conoscenza della materia prima e le principali tecniche di cottura, nonché le regole di conservazione degli alimenti e le tecniche di bilanciamento, proprie di cuochi, pasticcieri e addetti di cucina. Sofia Fabiani fa parte della schiera di food influencer che offrono ricette sui social, confezionando contenuti non solo ben congegnati, ma anche divertenti. Lei, alle spalle, ha un solido bagaglio tecnico. Ha lavorato come pasticcera, sa dove mettere le mani quando si tratta di proporzioni. «Se ci si propone come content creator – spiega Fabiani – bisogna cercare di essere precisi nella realizzazione della ricetta, pesando ogni singolo ingrediente, se chiaramente ha un ruolo strutturale e non solo di gusto, non improvvisare, non andare a occhio, perché il nostro occhio è molto diverso da quello di chi ci segue. Bisogna cercare di non pensare che sia universalmente scontato quello che è scontato per noi e sforzarci di mettere nero su bianco anche quelli che per noi sono automatismi».
Perché le ricette falliscono
Ma le variabili di insuccesso di una ricetta sono dietro l’angolo anche nelle cose più semplici come la cacio e pepe. Sono solo tre ingredienti, ma se non ne conosci la chimica, il piatto non riesce. Avete presente la torta “vulcano”? Quella che, appena fuori dal forno ha un cono al centro? Troppa farina. E quando c’è il “fosso”? Troppo poca. Solo conoscendo la materia e le proporzioni necessarie si possono evitare questi obbrobri. Se ci accorgiamo che qualcosa non va nella ricetta che stiamo leggendo, possiamo correggere il tiro. Ma è importante sapere cosa vogliamo ottenere e avere le giuste competenze aiuta.
«Una grande variabile di insuccesso delle ricette, quando si seguono quelle di alcuni content creator di cucina, è un po’ quello che spesso si vede nelle cucine dei ristoranti, così come nei laboratori di pasticceria: la gelosia delle proprie competenze» sottolinea Fabiani. «Se si descrive un procedimento si deve descrivere in ogni passaggio, non ci si può tenere niente per sé, perché è scorretto, perché si crea inutilmente frustrazione nell’altro. Chi si propone sui social come esperto di cucina, insegnante, ispiratore di ricette dovrebbe essere animato da uno spirito di condivisione, e non solo di un ego smisurato, non manteniamo segreti brevetti internazionali: se è meglio congelare la brioche prima di metterla a lievitare dobbiamo spiegarlo, perché le persone sono già molto frustrate da sole, ci manca solo chi fornisce l’immagine di cibi irrealizzabili».
«La differenza fra una ricetta che funziona e una che non funziona sta nella conoscenza della materia prima e del suo funzionamento, come questa interagisce con gli altri ingredienti. Ma soprattutto per riadattare una ricetta bisogna conoscere la magica arte delle sostituzioni, che non possono essere casuali. Poi, chiaramente senza polemica, le ricette bisogna farle veramente, perché per quanto a occhio, con l’esperienza, si riesca a capire cosa funziona e cosa no, c’è qualcosa di imprevedibile nella cucina che non deve essere preso sotto gamba».
Come salvare il salvabile
Per riconoscere una ricetta che non funziona – e che quindi può ferirti nell’orgoglio – la parola d’ordine resta: niente scorciatoie. «Il procedimento di una ricetta, soprattutto di un piatto notoriamente tecnico, che prevede più passaggi, tempi di riposo lunghi, molti strumenti, se troppo semplificato e banalizzato non funziona o, se funziona, il risultato sarà molto molto lontano dalla versione originale. La furbizia paga poco in cucina. Diffido sempre da grammature esagerate di lievito rispetto al peso della farina. Diffido da procedimenti sempre e inesorabilmente “all in”, perché anche il momento dell’inserimento dell’ingrediente ha un suo ruolo specifico nella ricetta».
Per Peronaci la via maestra resta quella dell’autorevolezza: per essere certi che la ricetta funzioni, bisogna sapere a chi ci si rivolge. Altrimenti bisognerà fare appello a tutte le proprie conoscenze per capire se ciò che si sta leggendo o guardando è attendibile. Se, nonostante tutto, la ricetta non funziona, ecco cosa fare secondo Cucinare Stanca: «Polpette, la risposta a tutto è polpette. Frullare, aggiungere un uovo e qualche cucchiaio di pangrattato. Le polpette non ti feriscono mai». Forse anche quelle di glicine, magari senza semi e stelo tossici.