«Pesaro è una donna intelligente», cantava Calcutta nel pezzo “Cosa mi manchi a fare”. Una descrizione precisa per la città patrimonio Unesco per la musica che nel 2024 sarà la capitale italiana della cultura. Un riconoscimento che può sorprendere solo chi non conosce bene Pesaro. La città marchigiana non ha il patrimonio artistico e culturale della vicina Urbino, uno dei centri più importanti del rinascimento italiano e patria di Raffaello, e nonostante sia distante pochi chilometri dalle affollatissime spiagge di Rimini, non si avvicina nemmeno lontanamente alle presenze turistiche delle località romagnole. Eppure Pesaro negli anni ha saputo valorizzare i suoi punti di forza, investendo nella cultura e nella sostenibilità e soprattutto riuscendo a cambiare la mentalità di una città che si è sempre arricchita grazie alla manifattura.
La crisi del 2008 ha lasciato strascichi molto pesanti nel Comune marchigiano, famoso in Italia per l’industria del legno e della meccanica. Tante piccole aziende dell’indotto sono state costrette a chiudere a causa delle difficoltà economiche, impoverendo una città che dal settore produceva circa il sessanta percento del suo Prodotto inteno lordo. A quel punto si è reso necessario un cambio di strategia e la sliding door è arrivata nel 2014 con l’elezione del sindaco Matteo Ricci, che proprio nel 2024 concluderà il suo secondo mandato: «Tutto nasce da una visione della città post crisi, dalla quale Pesaro è uscita molto impoverita. Nel 2014, quando sono diventato sindaco, ci siamo trovati ad affrontare uno scenario molto difficile con tante imprese in difficoltà, soprattutto nel settore del mobile. Abbiamo fatto un ragionamento molto semplice: andava ristrutturata l’economia della città. Pesaro fino a quegli anni aveva l’otto per cento del Pil derivante dal turismo e il sessanta dalla manifattura. Bisognava cambiare mentalità facendo leva sulla bellezza del territorio e portare quell’otto percento al quindici, tentando di recuperare i punti che avevamo perso negli altri settori strategici».
Un territorio che ha quindi iniziato a investire nella cultura come motore di sviluppo partendo, ovviamente, da Gioachino Rossini, il compositore italiano più famoso al mondo e principale “brand” della città. Pesaro lo utilizza per dare il nome praticamente a tutto, dal teatro al conservatorio, dai centri commerciali alla discussa pizza con uova sode e maionese (una pizza un po’ border line che suscita tra i non pesaresi una reazione tra lo sbalordito e il disgustato, salvo poi farli ricredere una volta assaggiata).
E proprio grazie a Rossini arriva il primo riconoscimento nel 2017 quando Pesaro diventa città della musica Unesco, unica in Italia oltre a Bologna. A quel punto la musica diventa il volano per intercettare contributi nazionali in grado di fare da moltiplicatore a quelli messi a disposizione dal Comune.
Negli anni sono stati finanziati tre musei nazionali e una sonosfera, un teatro per l’ascolto profondo di ecosistemi e melodie. Un ex mercato del pesce viene trasformato in un centro arti visive con mostre e installazioni permanenti. E un vecchio palazzetto dello sport, luogo di storici scudetti nel volley femminile e soprattutto nel basket (lo sport principale in città: la popolarità della Victoria Libertas è seconda solo a quella del compositore e, forse, di Valentino Rossi), diventerà presto un auditorium da duemila posti tramutandosi in punto di riferimento per il Rossini Opera festival, la rassegna musicale di livello internazionale dedicata al compositore del Barbiere di Siviglia.
I tanti progetti messi in campo hanno migliorato l’appeal della città che negli ultimi anni è stata scelta da giornali e siti di informazione nazionali come sede dei propri festival che in estate si vanno ad aggiungere alla mostra internazionale del nuovo cinema, una manifestazione capace di richiamare nelle Marche artisti del calibro di Oliver Stone, Abel Ferrara e Dario Argento.
Alla cultura vengono poi affiancati anche importanti investimenti sulla sostenibilità e sulla valorizzazione del patrimonio naturale. La rigenerazione urbana della città passa da un percorso di ciclopedonalizzazione degli spazi pubblici: nel 2023 arriveranno a essere cento i chilometri della “bicipolitana”, la rete ciclabile divisa in varie linee che collega molte zone della città a partire dalla sfera di Arnaldo Pomodoro (che in Italia si può ammirare qui, ai musei vaticani e alla Farnesina). Nel frattempo il parco naturale del San Bartolo, una delle poche porzioni di costa non pianeggiante del centro nord adriatico che divide Marche e Romagna, è diventata una tappa obbligatoria per i cicloturisti. Il resto lo hanno fatto gli esperti di comunicazione del Comune che hanno trasformato Pesaro nella “città della bicicletta”.
Cultura e ambiente non potevano che essere quindi le parole d’ordine del dossier che ha portato al riconoscimento del Mibact: «Abbiamo incentrato la nostra candidatura a capitale italiana della cultura su questi due concetti e sull’idea di una provincia orchestra. Ogni settimana uno dei cinquanta Comuni della Provincia sarà capitale della cultura. Un investimento che comprende tutto il territorio», prosegue Ricci che ha voluto dedicare a Kharkiv, altra città Unesco della musica, il riconoscimento. «Ma siamo già pronti alla prossima sfida: abbiamo intenzione di presentare la candidatura di Pesaro e Urbino, le due città capoluogo entrambe patrimoni mondiali dell’umanità, a capitale europea della cultura 2033, quando toccherà di nuovo all’Italia».
Un obiettivo ambizioso che sarebbe il coronamento definitivo del progetto di una città che ha saputo trasformare le difficoltà in opportunità.