Sweet Fifty Cinquant’anni di “Lambruschi”, tra tendenze giovani e colori più chiari

All’appuntamento con le 50 candeline, la bollicina rossa italiana più famosa al mondo si trova in fase di passaggio generazionale e i produttori giovani conquistano nuovi consumatori, grazie a vini meno “convenzionali” che ritornano alle origini

Foto Consorzio Tutela Lambrusco

Beverino, spumeggiante, informale e con quell’aura che chiama il pranzo in compagnia, la scampagnata, le tovaglie a quadretti, i sorrisi (e pure un po’ i salumi). Dici Lambrusco e in una parola ti colleghi a un immaginario dall’accento emiliano, che parla di cibo, quello buono e fatto in casa senza tanti salamelecchi. Sostanza.
Dalla “conquista” degli Stati Uniti negli anni ’60-’70, ne è passato di tempo, ma la bollicina rossa più famosa d’Italia resta uno dei vini nostrani più esportati e quest’anno la Doc (anzi, l’insieme delle Doc) festeggia i 50 anni, indicando nel calice un percorso che si rinnova verso uno stile più rustico, che da una parte valorizza le tante tonalità di colore che identificano il vino, dall’altra ritornano sui passi del rifermentato in bottiglia. Niente paura, l’informalità resta e anche l’accento, anzi forse è pure più verace.

Si fa presto a dire Lambrusco
Lo chiamano Lambrusco, ma di Lambrusco non ce n’è uno solo. Sono ben dodici le varietà del vitigno, tutte a bacca scura e tutte autoctone, ma differenti e coltivate da lunghissimo tempo in Emilia-Romagna. La loro diffusione e il loro impiego, varia a seconda delle zone geografiche, delle denominazioni e anche delle scelte dei produttori. Tra queste ci sono Sorbara, Grasparossa, Salamino, Foglia Frastagliata, Barghi, Maestri, Marani, Montericco, Oliva, Viadanese, Benetti e Pellegrino (ovviamente alcune più diffuse di altre).
Del resto, sono tante anche le denominazioni (sei) e sono riunite sotto la guida di un unico consorzio solo a partire dal 2021, quando attraverso un’operazione di fusione, sono stati incorporati i tre precedenti enti di tutela. Oggi il Consorzio Tutela Lambrusco mette insieme Lambrusco di Sorbara Doc, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, Colli di Scandiano e di Canossa, Lambrusco Salamino di Santa Croce, Modena Doc e Reggiano Doc. In tutto fanno circa 46 milioni di bottiglie Doc l’anno, non proprio noccioline, anche senza contare una consistente parte di Lambrusco Emilia Igt – circa 115 milioni di bottiglie – che rientrano nell’ambito di tutela del Consorzio Vini Emilia.

Vendemmia a Castelvetro, foto Marco Parisi


Cambio generazionale in corso
«Uno dei nostri principali obiettivi in questo momento è garantire una continuità intergenerazionale, per far sì che i figli dei produttori restino legati al terreno e diano seguito alla nostra produzione, andando magari a lanciare il prodotto sui nuovi mercati internazionali». Lo ha detto il presidente del Consorzio Tutela Lambrusco, Claudio Biondi, evidenziando una necessità naturale in un territorio in cui molte aziende storiche passano sotto la guida delle nuove generazioni, mentre ci sono anche nuove aziende che nascono proprio a partire da iniziative giovani. «Le settanta aziende produttrici socie del Consorzio sono presenti con produttori storici e giovani leve. Da una parte ci sono l’esperienza e la conoscenza delle radici e della storia degli ultimi decenni per il mondo Lambrusco, dall’altra la visione su tendenze attuali e futuri trend che porta alla volontà di sperimentare da parte dei più giovani. È l’unione di queste due anime che può contribuire favorevolmente alla promozione e alla conoscenza dei vini Lambrusco, in Italia e nel mondo», afferma il presidente Biondi.
E proprio l’accorpamento dei consorzi di tutela ha dato vita a un’unione spontanea chiamata “Giovani del Lambrusco”, che mette assieme produttori sotto i 40 anni. Non si tratta di un gruppo strutturato come quello lanciato dal Consorzio Valpolicella, raccontato tra le pagine di Gastronomika, ma inizia a guadagnare importanza e il loro parere è già stato richiesto in merito ad alcune decisioni in ambito di marketing e comunicazione. «È stato determinante, ad esempio, per la definizione del nuovo logo consortile», dice il presidente Biondi.

Vendemmia a Castelvetro, foto Marco Parisi

Giovani e tendenze
C’è il Lambrusco fatto dai giovani, ma c’è anche il Lambrusco che piace ai giovani (e spesso le due cose si incrociano). «In generale i giovani produttori del Lambrusco tendono a esplorare aree poco approfondite e meno canoniche, come i rifermentati in bottiglia e i Metodo Classico» dice il presidente Biondi. «Le nuove tendenze di mercato evidenziano come queste tipologie siano sempre più ricercate da parte dei giovani e, proprio per questo, le nuove leve del Lambrusco si fanno interpreti di queste nuove istanze».
Per il Lambrusco in realtà, significa un ritorno alle origini. «I vini Lambrusco venivano storicamente prodotti con il metodo ancestrale, poi con l’avvento dell’autoclave il peso si è spostato a favore di quest’ultima. Tuttavia, oggi, proprio il metodo ancestrale sta vivendo un momento di riscoperta, forse anche grazie all’apprezzamento da parte dei giovani wine lover», racconta il presidente Biondi, che sottolinea come, secondo quando riportato dalle aziende stesse, i giovani inizino spesso ad approcciarsi alle denominazioni del Lambrusco proprio a partire dalle versioni più originali, per poi approfondire l’intera gamma.
Parallelamente, cambiano le modalità di consumo. «Rispetto alla tradizione che vede le bollicine emiliane come un vino perfetto a tutto pasto – dice – i giovani apprezzano gli spumanti da uve Lambrusco anche serviti come aperitivo». A cambiare sono anche le preferenze riguardo i colori, che vedono i toni più delicati, in particolar modo dei Sorbara, giocare sull’onda della passione per i rosati, specialmente in vista dell’estate.

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