«Mi piacerebbe un giorno organizzare anche il compleanno di un bambino della famiglia reale inglese. Sarebbe proprio un sogno». Anche i grandi sognano. Sognano quelli che di strada ne hanno fatta parecchia, quelli che possono essere considerati Maestri, quelli che la professione la plasmano e disegnano a propria immagine e somiglianza. Sì, anche i grandi sognano. Perché mantengono intatte le caratteristiche che li hanno portati a diventare quello che sono: umili, pronti ad affrontare nuove sfide e a imparare ancora, giorno dopo giorno.
Martino Crespi lo raggiungiamo al telefono, tra un appuntamento e l’altro nel cuore di una Parigi indaffarata. Risponde pacato alle domande, come se avesse tanto tempo a disposizione. E invece si tratta solo di gentilezza e disponibilità. Lui che, dal suo studio nel cuore della Milano che incanta, quella accarezzata dall’ombra del Duomo, organizza eventi da oltre quarant’anni. Lo fa con la determinazione e l’eleganza di un maestro d’orchestra. D’altronde, in quello studio, custodisce gelosamente proprio una bacchetta, donatagli forse per un parallelismo che accomuna chi dirige violini e archi a chi, con la stessa attenzione, imbandisce l’arte del ricevere.
L’ha fatto anche per la charity dinner del Festival di Gastronomika, con un’ambientazione ispirata, ovviamente, al tempo, tematica principale del Festival, che si lega in realtà a doppio filo con il mondo degli eventi, dove il tempo è forse quello fondamentale.
Martino Crespi, infatti, ci spiega che lo scandire giusto dei minuti veste ogni evento di un’aurea di perfezione. «Nel mio lavoro il tempo e saper riconoscere i tempi è una dote. Far star bene le persone anche nel tempo: ecco cosa conta». E allora capiamo quanto ogni singolo momento di cui si compone un qualsiasi evento debba essere racchiuso in un arco temporale ben definito. Né troppo lungo, né troppo corto: il tempo perfetto. Una cena, ad esempio, dovrebbe durare in media tra i 90 e i 120 minuti, così come tra una portata e l’altra dovrebbero passare circa 20 minuti. A guidare tutto ci sono le sensazioni delle persone, le loro emozioni: «C’è un momento in cui l’emozione coglie colui che la percepisce. Questa emozione non è eterna, va tenuta e poi deve sparire». Ecco perché il tempo assume un’importanza primaria.
Sono in molti che intraprendono percorsi di formazione per l’organizzazione di eventi. «È un mestiere che affascina. Si vive in ambienti e luoghi bellissimi. Le basi si possono anche insegnare, ma è l’esperienza ciò che in questo lavoro conta moltissimo» ci spiega infatti. Lui, tra ricevimenti, tavole eleganti e bon ton ci è cresciuto. E le atmosfere del bon vivre lo hanno accompagnato fin dall’infanzia. «Mia nonna aveva la carrozza alla porta e le governanti in casa» racconta Crespi. «Ha ispirato tutta una serie di regole auree dello stare a tavola: a casa nostra, per esempio, il Natale era un evento con un proprio protocollo molto preciso, ma soprattutto era un momento magico che coinvolgeva tutta la famiglia. Il Natale è più di ogni altra occasione l’evento in cui occorre saper sublimare la semplicità. E questa attenzione per l’allestimento della tavola e della casa nei giorni della festa non mi ha mai abbandonato».
Una strada quasi segnata, quindi, se è vero che i legami di una famiglia imprimono spesso nell’animo gusto e obiettivi. Il primo evento arriva infatti durante l’adolescenza: una festa a casa in perfetto stile hawaiano. Da lì è stato tutto un crescendo. Le fiere, le spose, il lifestyle contemporaneo, i grandi editori del lusso. Fino alla creazione della sua agenzia nel 2013, la Martino Crespi Events, a cui i brand più esclusivi affidano progetti e momenti importanti. Ed è un evento dopo l’altro: 180 prima dello stop pandemico. Tutti vogliono lui, Martino Crespi diventa indispensabile per chiunque cerchi esclusività, eleganza e stile.
L’uomo degli eventi con gli chef, così viene definito, perché per lui il cibo è la connessione naturale della tavola. «Nei miei eventi io racconto storie anche con il cibo» dice. «Non scelgo lo chef per stupire con la sua presenza, anche perché adombrerei il vero protagonista dell’evento, che è un prodotto, un brand, una persona. Invito gli chef perché riconosco la loro grande capacità di saper declinare insieme a me i temi più diversi. Per ogni circostanza scelgo lo chef più adatto, quello che ha la giusta sensibilità per entrare in sintonia con un certo tema». E di chef lui ne conosce e ne ha conosciuti tanti. Tra cui lo Chef con la C maiuscola, Gualtiero Marchesi, per il quale ha anche organizzato “L’unica cena”, un evento organizzato in occasione degli 85 anni del Maestro, dove la cucina è stata presidiata da Andrea Berton, Carlo Cracco, Ernst Knam e Davide Oldani, un tempo suoi allievi. Un momento più unico che raro che ha suggellato un istante di altissima cucina ed emotività. «Il signor Marchesi ha insegnato tutto a tutti. È la materia prima e la capacità di saperla trattare che fa la vera differenza. Un grande piatto è un piatto che ha pochi elementi. Se si vuole esporre, con piatti che non hanno nessun senso, diventa tutto superfluo. Il vero cuoco è quello che toglie, non quello che aggiunge. E nella tavola è un po’ la stessa cosa» ci racconta.
Ed è proprio qui il succo di tutto: gli eventi curati da Martino Crespi sono un qualcosa di diverso. Non spettacolari, nel senso volgare del termine («Per me è meglio levare che aggiungere»), sono eterei e coinvolgenti: «Ho sempre pensato che anche per fare delle tavole estremamente eleganti, per grandi occasioni e momenti significativi, non è certo andando nella direzione di stupire per forza che si riuscirà nell’impresa. La vera eleganza è la semplicità, ma bisogna saperla interpretare. Bisogna saper stupire con eleganza, quella vera, non con l’eleganza degli ignoranti».
Le sue creazioni lo dimostrano. Come, ad esempio, la cena allestita a Roma a Palazzo Barberini per l’Academy degli Oscar di Los Angeles, nella quale erano presenti tutti i premi Oscar italiani. E come appunto la cena del Festival di Gastronomika, dove i tavoli erano allestiti con dei coralli, di gradiente di colore diverso, per il seguire il fil rouge della manifestazione che proprio nei gradienti di colore della giornata ha trovato la sua comunicazione espressiva. E poi, cosa c’è di più simbolico del corallo, che per raggiungere un centimetro di diametro impiega sino anche a 50 anni, per raccontare in modo simbolico il valore del tempo?